NOMINE, SECONDA INFORNATA - IN BALLO CI SONO 600 POLTRONE TRA CUI I VERTICI DI FS, ISTAT, AGENZIA ENTRATE E INPS - LA GUERRA DI RENZI AI MANDARINI DI STATO: 28 SUPERBUROCRATI RISCHIANO DI SALTARE

Valentina Conte e Roberto Mania per "la Repubblica"

SALTERANNO i capi dipartimento dei ministeri non confermati. Sono le 28 poltrone dell'alto potere burocratico. Sulla carta potrebbero cambiare pure il Ragioniere Generale dello Stato, Daniele Franco e il direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via. A maggio se ne andrà per raggiunti limiti di età il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. E poi c'è il gigante delle Ferrovie dello Stato lasciate da Mauro Moretti per approdare a Finmeccanica, e anche l'Istat che continua ad avere un presidente facente funzioni (Antonio Golini). Ma entro la fine di settembre va nominato anche il nuovo presidente dell'Inps al posto del commissario, Vittorio Conti, arrivato dopo lo "scandalo Mastrapasqua".

Si riaprono i giochi, dunque, del risiko del potere. Perché dietro le nomine si muovono le nuove e le vecchie cordate, lobby trasversali, intrecci, alleanze, clientele. Questo è il secondo tempo delle nomine nella stagione di Renzi. Il primo è stato segnato da una evidente continuità con timide iniezioni di rinnovamento: il poker delle donne alle presidenze. Adesso si cambia nelle aziende perlopiù non quotate e si entra nei gangli del potere burocratico dei potenti mega-dirigenti ministeriali.

Si parte con Terna, la società, quotata a Piazza Affari, che gestisce la trasmissione dell'energia elettrica. Il premier Renzi ha indicato il presidente (Catia Bastioli) anche se formalmente la scelta spetta all'azionista, in questo caso la Cassa Depositi e prestiti
(Cdp) che controlla il 29,8% di Terna.

Per martedì è stato convocato il consiglio di amministrazione della Cdp e dovrebbe uscire il nome del successore di Flavio Cattaneo, alla guida di Terna dal 2005. Due i candidati più accreditati: Matteo Del Fante e Gianni Armani. Del Fante, fiorentino, quarantenne apprezzato direttore generale della Cdp, già nel board di Terna. Del Fante è molto sostenuto sia da Franco Bassanini, presidente della Cdp, sia da Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, componente del "cerchio magico" renziano. Armani, anch'egli quarantenne con un passato nella McKinsey, è ad di Terna Rete Italia. Sembrano invece perdere quota le chance di Aldo Chiarini, ad di Gdf Suez Italia.

Se Del Fante non dovesse andare a Terna appare il candidato più forte alla Direzione del Tesoro, nel caso il ministro Padoan decidesse di cambiare La Via. Le partite, dunque, si intrecciano. Come sempre nel risiko nel potere.

E come nel caso di Cattaneo in uscita da Terna, il cui nome viene inserito nella rosa dei possibili successori a Moretti alle Ferrovie. Le porte girevoli del potere. L'eventuale scelta interna per le Fs si chiama Mario Elia, ad di Rfi, cioè della rete ferroviaria. Ma gira ancora il nome di Domenico Arcuri, attuale ad di Invitalia, sostenuto dall'area dalemiana.

La quale, nella prima ondata di nomine, ha "piazzato" Marta Dassù nel cda di Finmeccanica. Nomina che ha provocato un'interrogazione parlamentare di Sel per chiederne la revoca in quanto in conflitto di interessi, dato che Dassù è stata viceministro degli Esteri nel governo Letta e dovrebbe aspettare un anno prima di assumere un incarico in un ente pubblico o economico.

Una situazione simile potrebbe riguardare l'ex ministro Giovannini che si è candidato per un nuovo mandato alla presidenza dell'Istat. Il posto è vacante proprio da quando (il 28 aprile del 2013) Giovannini è stato chiamato al governo da Mario Monti. In 40 professori hanno manifestato l'interesse per assumere la presidenza dell'istituto di statistica, rispondendo alla novità della "call" introdotta da Renzi. Oltre a Giovannini ci sono, tra gli altri: Fiorella Kostoris, Antonio Schizzerotto, Luigi Paganetto, Sandro Trento, Maurizio Vichi.

Complessa pura la scelta del prossimo presidente dell'Inps. L'attuale commissario Conti scade a fine settembre. La riforma della governance dopo il caso Mastrapasqua è sparita dai radar della politica. Resta un nome gettonatissimo per la presidenza: Tiziano Treu, più volte ministro, oggi ascoltato consigliere dei renziani sulle questioni del lavoro.

C'è ben poca rottamazione nello spoils system targato Renzi, quello che riguarda i ministeri. Basta guardare a Palazzo Chigi, dove il valzer delle poltrone in teoria sarebbe già finito. La legge concede 45 giorni di tempo ai nuovi governi in carica per cambiare gli "apicali" del Palazzo. Eppure i decreti di nomina, attesi entro l'11 aprile, ancora non ci sono, almeno non tutti.

Ma le caselle, quelle sì, sono state assegnate. E secondo due linee guida. Un tranquillo rimpasto interno per i capi dipartimento e i capi uffici, la prima. Personalità esterne di assoluta fiducia, la seconda, destinate alle poltrone che alla fine contano davvero: il segretario generale e il capo del Dagl, il Dipartimento affari giuridici e legislativi, vera fucina dei provvedimenti, tra decreti, ddl, dpcm.

Posti delicatissimi, spartiti secondo la logica di ferro che consente alla diarchia Renzi-Delrio di governare e controllare. Delrio ha ottenuto la casella del segretario, assicurandosi il fedelissimo Mauro Bonaretti, già con lui al comune di Reggio Emilia e al ministero degli Affari regionali (governo Letta). Mentre Renzi l'ha (quasi) spuntata con la Corte dei Conti su Antonella Manzione, sorella del magistrato "renziano" Domenico, sottosegretario agli Interni con Letta, ora riconfermato.

La Corte aveva preteso chiarimenti sui titoli della Manzione per ricoprire la carica. Voleva cioè sapere se l'ex capo dei vigili urbani di Firenze fosse equiparabile a dirigente generale dello Stato, requisito indispensabile secondo la legge, non essendo la signora né alto magistrato né avvocato dello Stato né docente in materie giuridiche. Quel requisito esiste, visto il suo ulteriore ruolo di ex direttore generale del comune fiorentino. Lo stesso ricoperto da Bonaretti a Reggio Emilia. Eppure la Corte dei Conti non ha ancora registrato il decreto.

Ma c'è un'altra casellina di Palazzo Chigi che attira le attenzioni di Renzi. Meno nota ai più, eppure prossimo snodo di un fiume di miliardi di fondi europei, cofinanziati dall'Italia. Si tratta dell'Agenzia per la coesione, istituita nell'agosto 2013, ma ancora ferma. Ebbene Renzi e Delrio vorrebbero dotarla di super poteri, togliendo ai ministeri i programmi di spesa nazionali, e accentrandoli a Palazzo Chigi. In gioco ci sono 20 miliardi. Una super Agenzia che potrebbe avere un super presidente.

Interessante anche l'altra partita dello spoils system, quella che riguarda i ministeri. Qui la longa manus di Renzi dovrà tenere conto degli equilibri di coalizione. Le caselle che, secondo la legge 165 del 2001, devono essere riconfermate o cambiate dal governo entro 90 giorni dal voto di fiducia (dunque entro il 25 maggio), e che ora ballano, sono 28. Si tratta dei segretari generali e dei capi dipartimento dei tredici dicasteri. Difficile una rottamazione generale, ma il dossier è sul tavolo. Come l'altro, assai delicato, sulle Agenzia fiscali. Attilio Befera, già in pensione, ha fatto sapere di non voler essere riconfermato alle Entrate.

In pole position c'è il delfino Marco Di Capua, stimato e competente, ex Guardia di Finanza. Come contendente, Giuseppe Peleggi - ora numero uno dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ma in uscita - appare però senza chance. Stefano Scalera invece dovrebbe essere riconfermato come direttore del Demanio.

Un'altra triade di poltrone che scotta (a decidere alla fine saranno i presidenti di Camera e Senato) è quella dell'Ufficio parlamentare di bilancio, il super controllore indipendente dei conti pubblici previsto dal Fiscal compact. Ebbene, ricevuti 90 curriculum, le commissioni Bilancio di Montecitorio e Palazzo Madama sono riuscite sin qui a selezionare solo otto dei dieci candidati (servono due terzi dei voti).

Tra i due rimasti in ballo è uscito vincitore solo Gianfranco Polillo, ex sottosegretario all'Economia. Mentre Veronica De Romanis, economista e moglie di Lorenzo Bini Smaghi, non convince tutti. L'Ufficio doveva essere operativo a inizio anno e bollinare il Def. E invece ancora fumate nere, tra beghe e veti politici, ambizioni degli economisti candidati, vacanze e ponti degli onorevoli. Anche questo è il risiko delle poltrone.

 

DANIELE FRANCO Antonio Mastrapasqua Flavio Cattaneo MARTA DASSU E PAOLO PELUFFO Fiorella Kostoris MATTEO RENZI E ANTONELLA MANZIONEDELRIO ALLA LEOPOLDA MONTI BEFERA Gianfranco Polillo Bini Smaghi

Ultimi Dagoreport

alessandro giuli arianna meloni fabia bettini federico mollicone fazzolari giovanbattista giovan battista

DAGOREPORT - E’ SCOPPIATO UN NUOVO “CASO GIULI”, ACCUSATO DA “LA VERITÀ” DI ESSERE “STATO DAVVERO GENEROSO CON LE INIZIATIVE CINEMATOGRAFICHE DELLA SINISTRA ITALIANA”. A PARTIRE DA FABIA BETTINI, ATTIVA DA OLTRE 15 ANNI NEL CINEMA, REA DI ESSERE LA SORELLA DI GOFFREDO (CI SONO SORELLE E SORELLE), PER FINIRE AI FONDI PER “VIDEOCITTÀ” DI FRANCESCO RUTELLI - GIULI QUERELA “LA VERITÀ” MA IL GIORNO DOPO RINCULA, ‘’COMMISSARIATO’’ DA PALAZZO CHIGI - UNO SCAZZO CHE FA VENIRE A GALLA UNA LOTTA INTERNA AI ‘’CAMERATI D’ITALIA’’ CHE HANNO SEMPRE BOLLATO GIULI COME CORPO ESTRANEO ALLA FIAMMA, CACCIATO A SUO TEMPO DAI “GABBIANI” DI COLLE OPPIO (GODE MOLLICONE CHE SOGNAVA IL MINISTERO DELLA CULTURA) - LA “MERITOCRAZIA”, DI CUI SI RIEMPIVA LA BOCCUCCIA LA DUCETTA, È STATA SEMPLICEMENTE SPAZZATA VIA DALL’APPARTENENZA POLITICA: SEI CON NOI, OK; SE SEI CONTRO, NIENTE FONDI - MENTRE SI SCRIVONO MINCHIATE SUI “COMUNISTI DEL CIAK”, IL MINISTERO DELLA SANTANCHÉ È FINITO AL CENTRO DELLE INDAGINI DELL’ANAC, L’AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE, PER FONDI DESTINATI A FESTIVAL DI CINEMA ORGANIZZATI DA TIZIANA ROCCA E GABRIELLA CARLUCCI…

donald trump giorgia meloni keir starmer emmanuel macron

SI ANNUNCIANO TEMPI SEMPRE PIU' DURI PER LA GIORGIA DEI DUE MONDI - AL SUMMIT DI LONDRA, STARMER E MACRON HANNO ANNUNCIATO UN PIANO DI PACE ASSIEME AD ALTRI PAESI (GERMANIA, POLONIA, SPAGNA, ETC) - PREMESSO CHE PUTIN È L'AGGRESSORE E IL SUPPORTO ALL'UCRAINA SARA' FINO ALLA FINE, IL LORO PIANO DI PACE HA BISOGNO DELLA NUOVA AMERICA DI TRUMP, MA NON È INDISPENSABILE LA SUA MEDIAZIONE - LA POSIZIONE ESPRESSA DA GIORGIA MELONI È STATA IL CONTRARIO AL PENSIERO DI FRANCIA E GRAN BRETAGNA: IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA È INDISPENSABILE PER IL CESSATE IL FUOCO - AMORALE DELLA FAVA: LA DUCETTA A STELLE E STRISCE CI STA SOLO SE LA TRATTATIVA SI FA INSIEME CON IL PAZZO DI WASHINGTON (AUGURI!)

los angelucci del rione sanita - vignetta by macondo antonio giampaolo silvio berlusconi alessandro sallusti

IL CONVENTO DEGLI ANGELUCCI E’ RICCO MA PER I GIORNALISTI DEL “GIORNALE’’, "LIBERO” E “TEMPO” TIRA UNA BRUTTA ARIA - NIENTE PIU’ INVIATI SE NON ‘INVITATI’, NIENTE PIU’ AUTO CON NOLEGGIO A LUNGO TERMINE, OBBLIGO DI STRISCIARE IL BADGE IN ENTRATA, TOLTE PURE LE CIALDE DEL CAFFE’ - DIECIMILA EURO IN MENO PER VITTORIO FELTRI, NIENTE MANLEVA PER LE QUERELE (FILIPPO FACCI HA PAGATO 30MILA EURO PER UNA CAUSA) - SALLUSTI NON C’E’ E QUANDO C’E’ NON PARLA. E IN BARBA AL MELONISMO SENZA LIMITISMO (‘’VELINE’’ DI PALAZZO CHIGI A STRAFOTTERE), LE COPIE CALANO - NERVOSISMO PER L’INSERTO ECONOMICO DI OSVALDO DE PAOLINI - L’ASSEMBLEA E LA PAROLA INNOMINABILE: “SCIOPERO”…

donald trump volodymyr zelensky giorgia meloni keir starmer emmanuel macron ursula von der leyen

DAGOREPORT – IL "DIVIDE ET IMPERA" DEL TRUMPONE: TENTA DI SPACCARE IL RIAVVICINAMENTO TRA GRAN BRETAGNA E UNIONE EUROPEA EVITANDO DI PORRE DAZI SUI PRODOTTI "MADE IN ENGLAND" – STARMER SE NE FOTTE, ABBRACCIA ZELENSKY E SI ERGE A NUOVO LEADER DELL’EUROPA (PARADOSSALE, DOPO LA BREXIT) – OGGI, PRIMA DELLA RIUNIONE DEI LEADER EUROPEI A LONDRA, BILATERALE TRA IL PREMIER BRITANNICO E GIORGIA MELONI, PER CAPIRE CHE ARIA TIRA NELL’“ANELLO TRUMPIANO DELL’EUROPA” - SPACCATURA NELLA LEGA PER IL TRUMPIAN-PUTINISMO DI SALVINI - SCETTICISMO CRESCENTE IN FRATELLI D’ITALIA (FAZZOLARI, URSO E LOLLOBRIGIDA SI SMARCANO DALLA LINEA PRO- KING DONALD) – SCHLEIN E CONTE IN BANCAROTTA - LA PARALISI DEI DEMOCRATICI AMERICANI: AVETE SENTITO LA VOCE DI OBAMA, CLINTON E BIDEN?

volodymyr zelensky donald trump jd j.d. vance

DAGOREPORT - ZELENSKY È CADUTO IN UN TRANELLO, STUDIATO A TAVOLINO: TRUMP E JD VANCE VOLEVANO MORTIFICARLO E RIDURLO ALL’IMPOTENZA CON LA SCENEGGIATA NELLO STUDIO OVALE, DAVANTI AI GIORNALISTI E ALLE TELECAMERE - D’ALTRO CANTO LA VERA DIPLOMAZIA NON SI FA CERTO “ON AIR”, DAVANTI ALLE TELECAMERE E A MICROFONI APERTI - TRUMP E JD VANCE HANNO CONSEGNATO UN ‘PIZZINO’ IN STILE CAPOCLAN: TACI, PERCHÉ SENZA DI NOI SEI FINITO. DUNQUE, OBBEDISCI. E DIRE CHE GLI SHERPA UCRAINI E STATUNITENSI AVEVANO TROVATO PERSINO UN ACCORDO DI MASSIMA SULLE VARIE QUESTIONI APERTE, COME L’ACCORDO-CAPESTRO PER KIEV SULL’ESTRAZIONE DELLE TERRE RARE (UN TRATTATO CHE DI FATTO AVREBBE PERMESSO AGLI USA DI SPOLPARE IL SOTTOSUOLO UCRAINO PER GLI ANNI A VENIRE)… - VIDEO