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ORA E’ GUERRA TOTALE ALL’ISIS: DOPO FRANCIA E RUSSIA, ANCHE LA GRAN BRETAGNA DI DAVID CAMERON ARMA GLI AEREI E VA A BOMBARDARE LE POSTAZIONI DEL CALIFFATO IN SIRIA

bombardamenti britannici in siria   8bombardamenti britannici in siria 8

Da www.ansa.it

 

La Gran Bretagna entra in azione, la Nato quasi. I cieli della Siria si aprono anche ai bombardieri della Raf, attesi di qui a poche ore sull'onda del sonante voto favorevole incassato dal governo di David Cameron nella sfida per ottenere dalla Camera dei Comuni quell'ok ai raid contro l'Isis negato nel 2013 contro le forze di Bashar al-Assad. Il dibattito fiume è sfociato dopo una decina di ore nella prevista luce verde, con 397 sì e 223 no. A dispetto della protesta delle centinaia di irriducibili che hanno manifestato fino a sera fuori da Westminster al grido di "Stop the war".

 

david cameron david cameron

Da Bruxelles, a spingere l'Alleanza Atlantica ci ha pensato intanto il segretario di Stato americano, John Kerry, invitando i 26 alleati a "fare di più" ed evocando, sia pure in termini generici, un incremento dello "sforzo militare" collettivo nei confronti dei jihadisti. Non si tratterà certo di "una guerra lampo", come ha sottolineato Paolo Gentiloni. E non si dovrà ripetere l'errore dell'Iraq, quando gli stessi Usa - ha ammesso Kerry - favorirono "il crollo di uno Stato" senza avere una strategia credibile per il dopo. Ma la sfida, pur in uno scenario affollato nel quale s'incrociano le bombe e gli interessi di molti attori - dall'Occidente alla Russia, dalla Turchia all'Iran, dai Paesi del Golfo a Israele - e' lanciata.

 

jeremy corbyn jeremy corbyn

A raccoglierla, questa volta per ultima, arriva ora anche Londra. La partita di Cameron si è chiusa ai Comuni al sopraggiungere della notte dopo lunghi mesi di esitazioni. Ed è stata affrontata con toni accesi, alimentati da qualche gaffe dal primo ministro conservatore.

 

A spianare la strada era stata d'altronde la spaccatura interna al Labour, sfociata nella libertà di scelta che il leader Jeremy Corbyn - pur coriaceo fino in fondo nel suo 'no' - ha dovuto concedere alla fronda interna: diverse decine di deputati dissenzienti in grado di esprimere - con il concorso di figure storiche della sinistra come la ex titolare del Foreign Office Margaret Beckett o lo stesso ministro degli Esteri ombra Hilary Benn - i sì decisivi e di compensare abbondantemente la dozzina di Tory anti-raid.

 

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Sì che Cameron aveva sollecitato come una necessità, sullo sfondo delle invocazioni d'aiuto del presidente francese Francois Hollande, dell'incoraggiamento del Dipartimento di Stato da Washington e dell'inedito invio di sei Tornado da ricognizione anche da parte della Germania di Angela Merkel, destinato a essere formalizzato fra qualche ora dal Bundestag. "Questi terroristi pianificano di ucciderci. Ci attaccano per quello che siamo, non per quello che facciamo", ha tuonato in aula. Il premier non ha negato che occorra una strategia "più ampia", oltre alle armi e ha fissato paletti più stretti che in passato, assicurando che la Royal Air Force colpirà solo l'Isis ed escludendo ogni nuova avventura 'boots on the ground'. Ma ha insistito che molte delle trame terroristiche degli ultimi mesi contro il Regno Unito (sette, secondo Downing Street) sono state "orchestrate in Siria". Un modo per dire che i raid dovrebbero aiutare a proteggere la sicurezza dei cittadini britannici.

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L'esatto contrario di ciò che pensano Corbyn e gli altri oppositori, secondo i quali l'ennesimo ordine di fuoco agli aerei di Sua Maestà - previsto da un momento all'altro, con l'invio di altri 8 fra Tornado e Typhoon verso la base di Cipro da dove decollano da mesi gli otto jet impegnati in Iraq - è un brutto film già visto: che "accrescerà i rischi di attacchi terroristici" anzichè allontanarli. Tanto piu' che "i bombardamenti uccideranno ancora civili innocenti e creeranno più rifugiati".

 

Per Corbyn, come per la larga maggioranza della base laburista e per gli scozzesi dell'Snp, i precedenti dell'Afghanistan, dell'Iraq e della Libia dovrebbero indurre alla prudenza "in nome del buonsenso, non del pacifismo". E i 70.000 miliziani "non estremisti" con cui, stando a uno dei passaggi piu' controversi di Cameron, ci si potra' coordinare sul terreno in Siria, non sono altro che un'illusione (cosa denunciata d'altronde pure da Julian Lewis, presidente della commissione Difesa ai Comuni e conservatore anti-interventista).

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Contestazioni a cui si e' associato dalla Camera dei Lord niente meno che l'arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, massimo dignitario della Chiesa anglicana. E a cui si affianca una polemica rovente per l'epiteto di "simpatizzanti dei terroristi" rifilato ieri sera dal premier al leader laburista e ad altri 'compagni' che in gioventu' si fecero paladini del dialogo con la guerriglia nordirlandese: un epiteto per il quale Cameron si e' poi ostinatamente rifiutato di scusarsi.

 

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Ma alla fine non e' lo scontro personale, e neppure l'offesa, a determinare il risultato. I giochi sono fatti. David Cameron va alla guerra e saranno le conseguenze a dimostrare se lo scetticismo dei sudditi del Regno (favorevoli ai raid solo al 48%, passata l'emozione per gli attacchi di Parigi) non avra' avuto - anche stavolta - una sua ragion d'essere.

 

 

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