DAGOREPORT
Non ci sono solo i vertici e gli incontri faccia a faccia. A volte basta telefonarsi, specie sulle questioni urgenti. Ed è quello che hanno fatto stamattina Matteo Renzi e Silvio Berlusconi per sgombrare il campo dai candidati inacettabili.
Insomma, è il momento dei veti e il primo caduto risponde al nome del cattolico Sergio Mattarella, giudice costituzionale con un passato da ministro della Difesa. Solo che a non volerlo, più che il Berlusca, è Renzie stesso. Il suo “no” sul giurista è stato categorico: “Come presidente voglio un garantista, invece Mattarella è un rigorista, forcaiolo e pure depresso”. Bocciatura senza appello.
Berlusconi ha ascoltato soddisfatto, perché ogni elogio del garantismo è musica per le sue orecchie, ma sarà rimasto un po’ stupito visto che i giornali hanno scritto per settimane che Mattarella era un’idea di Renzie. E invece non è così. A fare campagna presso Renzie per il giudice siciliano era solo Marco Minniti, che è stato sottosegretario di Mattarella alla Difesa nel secondo governo Amato.
Il problema è che il giro renziano è diviso in vari cerchi, spesso in lotta l’uno con l’altro e anche con questo deve fare i conti l’”alleato” Berlusconi. Un esempio marchiano è quello che avviene intorno alla candidatura di Giuliano Amato, che al capo di Forza Italia andrebbe benissimo, ma spaventa un po’ il giovane premier.
Se Minniti si è mosso per Mattarella, l’altro sottosegretario di Palazzo Chigi, Graziano Delrio, è invece un fan del Dottor Sottile insieme a Maria Elena Boschi. Ma un altro cerchio renziano, guidato dal terzo sottosegretario Luca Lotti, Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani, ha messo in guardia il Principale sui rischi di un’operazione Amato, dipinto come un personaggio troppo ingombrante.
Il punto chiave è proprio questo, perché il candidato ideale di Renzi è uno come Pier Carlo Padoan, ovvero una specie di presidente-passacarte che non dia fastidio e si accontenti di tagliare i nastri. Ma su Amato come persona il premier non ha nulla da ridire. Insomma, per ora non c’è un suo veto sull’ex braccio destro di Bettino Craxi.
Sempre all’ombra di Renzie si è mosso con abilità anche lo spin doctor Filippo Sensi, non molto amato (eufemismo) tra gli altri che fanno parte del “Giglio magico”. Sensi perora la candidatura di Francesco Rutelli, del quale è stato portavoce, e sul quale Pittibimbo non ha altra perplessità se non il fatto che rischia di avere una personalità troppo forte per lui. In ogni caso, questo il ragionamento del segretario Pd, su Rutelli non sarebbe facile ottenere il consenso di tutto il partito.
Veltroni Prodi Rutelli giovani magritte16 rutelli veltroni
Alla voce “veti” c’è anche quello da registrare sul fronte forzista e che riguarda Piero Fassino. L’attuale sindaco di Torino ha agganciato Berlusconi e la prima reazione del Cavaliere è stata possibilista quanto imbarazzata: “Va bene, vediamo più avanti…” In realtà su Fassino si sono scatenati i colonnelli berlusconiani ricordando che è quello di “Abbiamo una banca”, riferito alla scalata di Bnl da parte di Unipol. “Da abbiamo una banca ad ‘’abbiamo il Quirinale’’? E’ un po’ troppo”, è stato fatto notare al Cavaliere, non senza sottolineare che Fassino denunciò i fratelli Berlusconi per il nastro della famosa telefonata. Non esattamente un comportamento amichevole.
filippo sensi nasconde il tablet dietro la schiena durante l incontro con papa francesco bergoglio
Ma anche all’ombra di Forza Italia non mancano le divisioni. Per esempio, Gianni Letta vedrebbe bene al Colle tanto Rutelli quanto Veltroni, mentre Denis Verdini dice che entrambi si sarebbero macchiati di un peccato imperdonabile: l’aver parlato male di Berlusconi. E per far pesare i suoi giudizi più di quelli dell’ex Eminenza azzurrina, il politico toscano ricorda a destra e a manca che poi è lui, e non Letta, colui che deve convincere i deputati forzisti a votare questo o quel nome.
Al gioco dei veti, infine, sembra per ora sopravvissuta Anna Finocchiaro, che è sempre una candidatura nella testa di Renzie e nelle grazie di Gianni Letta.
Se lo scenario è in pieno movimento e ricco di variabili, vi sono però almeno un paio di certezze. La prima è che se vi sarà un presidente di area Pd, la strategica casella di segretario generale del Quirinale sarà occupata da un uomo del centrodestra che risponde al nome di Franco Frattini.
La seconda riguarda un campo che definire minato è poco. Renzi e Berlusconi sono d’accordo sul fatto che chiunque verrà spedito dal Nazareno al Colle, dopo un anno concederà la grazia al fondatore di Mediaset.