LA RISCOSSA DEL “BUDINO” - COME FU PER GEORGE BUSH, LA CUI LOFFIA AZIONE POLITICA FU “INDIRIZZATA” DALL’11 SETTEMBRE, ANCHE PER HOLLANDE, IN CALO DI POPOLARITÀ, GLI ATTENTATI RAPPRESENTANO UNA “SVOLTA” DI SUCCESSO

Nei primi tre anni François Hollande ha deluso, negli ultimi cinque giorni, tra il 7 e l’11 gennaio ha conquistato gran parte del paese, e del pubblico europeo - Bernardo Valli: “I suoi soliti toni invece di apparire dimessi, e seminare incertezza, hanno dato l’impressione al paese di essere guidato. Senza grandeur ma con efficacia”…

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Bernardo Valli per “la Repubblica

 

hollande merkel hollande merkel

In tre giorni l’immagine di François Hollande è cambiata. Dopo una lunga impopolarità piovono su di lui elogi, apprezzamenti destinati agli uomini di governo con carattere, con carisma, capaci di imporsi, pronti nelle decisioni. Si era dichiarato un presidente “normale”, che significava semplice, alla mano, ed era finito col diventare banale. Non detestato, ma preso sottogamba, non considerato, a volte deriso. Troppo impacciato per la monarchia repubblicana che elegge un sovrano temporaneo dal quale esige una solennità intelligente, altrimenti lo insegue col sarcasmo e poi lo decapita politicamente al momento della riconferma.

 

NETANYAHU HOLLANDE NETANYAHU HOLLANDE

Nei primi tre anni François Hollande ha deluso, negli ultimi cinque giorni, tra il 7 e l’11 gennaio ha conquistato gran parte del paese, e del pubblico europeo. In che misura e per quanto tempo ce lo diranno le indagini d’opinione, tra qualche mese, quando si saranno spente emozioni e passioni. Ma già la figura del presidente poco espressivo e dai gesti goffi è diventata quella di un presidente che da una sconfitta ricava un successo. Capace di risollevare la nazione ferita.

 

Nell’arte politica è un esercizio difficile. Equivale, nell’arte militare, alla controffensiva riuscita dopo una battaglia data per perduta. È un’impresa riservata ai rari strateghi di valore. I terroristi della strage al Charlie Hebdo hanno colpito un paese depresso, convinto di vivere un momento di decadenza, di essere senza iniziative e privato del suo rango internazionale. Hollande era il simbolo di questa crisi psicologica non del tutto motivata, ma debilitante. Non solo francese.

parigi manifestazione per charlie hebdo e la liberta' di espressione i politici hollande merkel parigi manifestazione per charlie hebdo e la liberta' di espressione i politici hollande merkel

 

Assai diffusa in Europa. La strage nella redazione del settimanale satirico, mercoledì sette gennaio, era il segno della vulnerabilità della nazione. Era una sconfitta del suo sistema difensivo. Dei suoi servizi di informazione che nelle guerre asimmetriche, contro il terrorismo, hanno il ruolo delle forze armate nei conflitti convenzionali.

 

Poco più di un’ora dopo l’attentato nell’11esimo arrondissement, nel cuore storico di Parigi, François Hollande era sul posto. I servizi di sicurezza non avevano dato garanzie, anzi avevano sconsigliato la visita del capo dello Stato. Le automobili parcheggiate sotto la redazione del settimanale satirico, dove c’erano i cadaveri delle vittime e dove i feriti ricevevano le prime cure, potevano essere imbottite di esplosivo. Nessuno le aveva esaminate. Gli esperti della polizia hanno seguito con angoscia la scena sui teleschermi, dove arrivavano le immagini raccolte dalle macchine da presa disseminate nell’11arrondissement. Era un’imprudenza.

CHARLIE HEBDO CHARLIE HEBDO

 

Ma Hollande non aveva voluto aspettare. Il presidente più banale che normale aveva capito che quello era il suo posto. Il suo sguardo era lo stesso ma appariva diverso. Non era più vago, inespressivo, ma calmo. E nel dramma la calma è una prova di forza. Cosi la sua andatura impacciata non era più sciolta del solito, ma in quella situazione i gesti esitanti non apparivano più goffi. Erano segni di semplicità ed essere semplici nei drammi è una prova di coraggio.

 

Là è emerso un altro Hollande. Quello che non si era mai rivelato nei primi tre anni di presidenza è apparso a milioni di francesi quel mercoledì e nei giorni successivi. Bisognava rianimare la Francia traumatizzata, un paese in cui vivono cinque-sei milioni di musulmani e mezzo milione di ebrei, dove il populismo di estrema destra non lascia indifferenti quasi un cittadino su tre e la fiducia nei governanti era al più basso dalla nascita della Quinta Repubblica.

 

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Il massacro dei quattro cittadini ebrei alla porta di Versailles poteva moltiplicare gli incidenti contro le moschee e per ritorsione contro le sinagoghe. Hollande ha ordinato di persona gli assalti finali ai luoghi dove erano asserragliati i tre terroristi, come aveva diretto le operazione di poliziotti e gendarmi nelle ore precedenti. Lo ha fatto con i soliti toni che invece di apparire dimessi, e seminare incertezza, hanno dato l’impressione al paese di essere guidato. Senza grandeur ma con efficacia.

 

Ecco cosa voleva dire quando si presentava come un presidente normale.

Con la controffensiva politica François Hollande ha cambiato gli umori della Francia e in parte anche quelli dell’Europa. È a quest’ul- tima che si è rivolto, in quanto europeista convinto, per dimostrare al paese frustrato e ferito che non era solo. E che il nazionalismo degli euroscettici, lo sciovinismo dell’estrema destra, avrebbero portato all’isolamento e non alla sicurezza della Francia.

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Cosi Parigi ha ricordato domenica i diciassette morti e nello stesso tempo ha festeggiato quarantaquattro capi di Stato e di governo venuti a esprimere solidarietà. L’applaudito promotore della grande “marcia repubblicana” era il banale presidente di cui la stragrande maggioranza dei francesi sopportava con fatica fino allora la presenza nel palazzo dell’Eliseo.

 

In place de la République non c’era Marine Le Pen. La presidente del Front National voleva un invito ufficiale. Ricevendola sabato mattina Hollande le ha detto che la manifestazione era aperta a tutti, senza distinzione. Non c’erano dunque bisogno di inviti. Marine Le Pen se ne è andata offesa. E per ripicca ha fatto la sua marcia in un feudo del Front National, a Beaucaire, nel Sud della Francia, con alcune centinaia di fedeli. L’Europa non c’era. Era a Parigi con Hollande e con milioni di manifestanti. L’estrema destra xenofoba veniva data nei drammatici giorni della settimana scorsa come l’inevitabile beneficiaria alle prossime elezioni. Hollande ha fatto capire che potrebbe accadere il contrario.

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Un altro presidente, George W. Bush, dopo l’11 settembre 2001, ha recuperato la popolarità che aveva perduto dopo essere stato eletto alla Casa Bianca. Una tragedia nazionale può favorire un presidente. Tanto più se dà prova di efficienza. Un paese ha bisogno di sentirsi guidato e difeso. Bush jr ha invaso l’Afghanistan per inseguire Al Qaeda ritenuta responsabile dell’attacco alle due torri di New York e per cacciare dal potere i Taliban che li ospitavano e sostenevano.

 

Due anni dopo ha invaso l’Iraq. Un disastro di cui vediamo e vedremo ancora per molto tempo le conseguenze in Medio Oriente. La Francia non ha i mezzi per provocare danni del genere, ed è impegnata in operazioni assai più limitate nell’Africa occidentale, e non vuole né estenderle né rinunciarvi. È già membro della coalizione creata dagli americani per combattere il califfato (lo Stato islamico) in Iraq e non vuole aumentare la sua partecipazione agli attacchi aerei.

 

Bush jr ha promosso anche il Patriot Act e questa è una tentazione dalla quale Hollande dovrà difendersi. Con il Partriot Act, varato a Washington con l’ordinanza del 13 novembre 2001, il ruolo dei giudici è stato sminuito. Le commissioni militari sono diventate giurisdizioni e nonostante le reazioni della Corte suprema hanno violato il diritto internazionale.

Je suis Charlie Je suis Charlie

 

Je suis Charlie Je suis Charlie

La guerra giustifica le torture di Guantanamo e le lunghe detenzioni a dispetto delle garanzie elementari del dirittto americano. A decidere sono i servizi di informazione, I quali si sono serviti anche dei paesi europei disposti ad accettare centri di interrogatorio clandestini. Non è un segreto l’ampia rete di spionaggio creata per ascoltare anche le telefonate dei governanti europei, comprese quelle di Angela Merkel. Il Patriot Act, che resta in vigore nel 2015, consacra la nozione di «nemici combattenti illegali ».

 

Mireille Delmas-Marty, professoressa al College de France, spiega (su Le Monde) ai suoi connazionali il significato di quella definizione per metterli in guardia sulle conseguenze. La nozione di riferisce a persone che non hanno diritto né alle garanzie del codice penale perché sono dei nemici, né a quelle dei prigionieri di guerra perché sono dei combattenti illegali. In Francia sono state varate leggi contro il terrorismo, ma sono ben lontane da quelle drastiche del Patriot Act. Il quale adesso è di grande attualità e suscita forti tentazioni a Parigi.

Je suis Charlie Je suis Charlie

 

Conquistata un’insperata popolarità François Hollande non sfuggirà a quelle tentazioni. Per rassicurare il paese e per proteggerlo dalle continue minacce dovrà applicare provvedimenti severi. La destra lo chiede già con insistenza. L’Europa ne sarà influenzata. Il rischio per i nostri diritti civili è evidente. Ieri il presidente ha deciso di impegnare diecimila soldati per garantire la sicurezza delle istituzioni, in particolare delle scuole. Soprattutto quelle ebraiche. Ma un Patriot Act europeo è nell’aria.

 

 

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