IL RITORNO DEL BANANA ANTI-CRUCCO - PRIMA SBEFFEGGIÒ SCHULTZ DANDOGLI DEL KAPO’, POI LA BATTUTACCIA SULLA “CULONA” E ORA INFILA UNA VELENOSA STILETTATA SUL NEGAZIONISMO DEI TEDESCHI: “PER LORO I LAGER NAZISTI NON CI SONO STATI”
1 - SPARATA DI BERLUSCONI"SECONDO I TEDESCHII LAGER MAI ESISTITI"
Ugo Magri per "la Stampa"
A pochi giorni dal suo rientro in scena, Berlusconi ferisce i sentimenti tedeschi e crea dal nulla uno scandalo internazionale. Impossibile stabilire se l'abbia fatto senza volere (solita gaffe delle sue) o viceversa abbia inteso vincere la gara a chi fa più rumore, dichiarando deliberatamente cose che nemmeno Grillo si sognerebbe. In entrambi i casi, il risultato è identico: la sparata sui tedeschi che, «secondo loro, i lager nazisti non ci sono stati» , ha l'effetto di calamitare sul Cavaliere l'attenzione dei media europei. Cioè proprio quanto lui maggiormente desidera.
Già Berlusconi aveva occupato il centro della scena nazionale giovedì scorso, silurando da Vespa il patto con Renzi sulle riforme (e ieri ha rincarato la dose). Ora irrompe pure nella cristalleria delle rimozioni e dei sensi di colpa che, in fondo, non riguardano solo la Germania ma pure un po' noi (vedi alla voce fascismo e leggi razziali).
Grandi tragici temi, sicuramente in parte veri; evocati purtroppo con battute da bar e con finalità da campagna elettorale, giusto per titillare certi umori anti-Merkel dell'italiano medio in vista delle elezioni o per immeschinire l'avversario, in questo caso il candidato socialista alla guida della Commissione Ue Martin Schulz (se la batterà per pochi voti con il candidato del Ppe Juncker). Nel 2003 Berlusconi ebbe a sbeffeggiarlo quale «kapò». Ieri ha concesso il bis: «Io allora non volevo offenderlo, ma apriti cielo...».
E qui la frase, appunto, che ha scatenato l'indignazione a Berlino: «...perché i tedeschi, secondo loro, i campi di concentramento non ci sono stati, quelli russi di Katyn sì, i loro no».
Lamentano dalle sue parti che Schulz e i socialisti avrebbero a loro volta strumentalizzato (lo sostiene la portavoce Bergamini), estrapolando una semplice battuta dal suo contesto. Che consisteva nella presentazione a Milano delle liste di Forza Italia nel Nord-Est, guidate dal consigliere politico Toti, «persona perbene, moderata e con il dono dell'ubiquità » nel giudizio di Berlusconi. Il Cavaliere è parso caricato a molla. Subito anatemi sugli esuli del Nuovo centrodestra, «traditori senza onore» («Basta falsità su di noi», è esploso poco dopo Alfano).
Poi giù botte su Renzi, sia pure mascherate da complimenti alla «nuova star del firmamento politico», al «simpatico e coraggioso, bravissimo comunicatore...». Quel «bel fioeu» sta facendo scintille, con lui in campo che straripa sulle tivù «dovremo accendere un cero se resteremo al 20 per cento». Ma «non bisogna votare per simpatia», lancia la controffensiva Silvio, dopo avere lui stesso sparso per mesi il dubbio tra i propri elettori che, in fondo, Matteo molto gli rassomiglia, vuole le stesse cose, per giunta è pieno di voglia, dunque tanto vale puntare sul giovanotto...
Ai fini delle strategie politiche, per chi se ne appassiona, da non perdere è la pietra tombale collocata sull'«Italicum». La legge elettorale in gestazione, si spinge a dire il Cav, «è peggiore del Porcellum», cioè il massimo dell'obbrobrio. La colpa però non è sua, mette le mani avanti; è di Renzi che ha preteso di cambiarla, abbassando le soglie di sbarramento e infilando il ballottaggio. «Per noi è il suicidio», si sveglia in ritardo Berlusconi, che motiva il suo ripensamento in questi termini: «Se andiamo al ballottaggio con la sinistra, tutti i grillini votano da quella parte». Sempre che Forza Italia al ballottaggio ci arrivi, si capisce.
Un Berlusconi più conciliante, invece, sulla riforma del Senato: «E' l'unica che vogliamo davvero», a patto però che venga modificata. «Se c'è qualcuno che in 20 anni ha voluto le riforme, quello sono io», reclama attenzione il Cavaliere, «e presto presenteremo l'elenco delle 40 fatte da noi...». Non si è accorto che Brunetta vi ha già provveduto, pubblicando ieri la lista delle riforme berlusconiane sul «Mattinale» in un clima di intellettuale corrida con lo storico Galli della Loggia.
2 - LA RABBIA A BERLINO: "E' SOLO INVIDIA E ODIO"
Tonia Mastrobuoni per "la Stampa"
La prima reazione, tra Berlino e il Lussemburgo, è di sconcerto. A cominciare dall'entourage di Angela Merkel. Ma la scelta è di non fare alcun commento - «non lo merita», dicono, «sono faccende elettorali italiane». Il volto della cancelliera, però, campeggia su tutti i manifesti elettorali della Cdu. E in Europa, il gran calderone dei conservatori che appoggia la candidatura di Juncker, include anche il partito di Silvio Berlusconi.
Non a caso, i socialisti europei chiedono che Merkel reagisca, appena le inaudite parole dell'ex premier hanno varcato le Alpi. Per il presidente del Pse, Sergei Stanichev gli «spregevoli commenti» del leader forzista «sono un insulto per l'intero popolo tedesco, non solo per Martin Schulz» che richiedono «immediatamente» una condanna e una presa di distanza da parte della cancelliera e di Juncker.
Lei, però, sceglie di tacere. E anche il candidato dei socialisti Martin Schulz, bersaglio ormai da anni delle battute di Berlusconi, all'inizio decide di non parlare. Nelle primissime ore del pomeriggio, a microfoni spenti, chi lo ha sentito parla di «indignazione». E riporta che il presidente del Parlamento europeo avrebbe sbottato che «bisogna finirla con questo duello tra me e Berlusconi: non voglio avere niente a che fare con lui». Un concetto che Schulz ha chiarito anche apertamente in Italia, quando è venuto per la sua campagna elettorale e ha detto con una punta di perfidia di non occuparsi di assistenza agli anziani, ma di politica.
D'altra parte, il leader socialdemocratico tedesco, appena passato lo shock del primo momento, ha già la testa proiettata su lunedì. E, in un certo senso, si frega le mani. Domani, infatti, ci sarà un primo confronto importante tra i quattro candidati principali alla presidenza della Commissione Ue, Schulz, Juncker, Verhofstadt e la Keller.
E la subordinata infamante di Berlusconi sul presunto negazionismo tedesco è un discreto siluro che Schulz può usare contro il rivale Juncker. Che a Dublino, nel duello nel Ppe con l'altro possibile candidato dei conservatori, Michel Barnier, ha notoriamente prevalso grazie all'appoggio dei forzisti.
Juncker, dal canto suo, viene descritto dai suoi più fedeli collaboratori come irritato. Anche lui ha deciso ieri, appena atterrato a Lussemburgo, di non reagire ufficialmente, di «aspettare di leggere attentamente le parole di Berlusconi» prima di replicare. L'altra volta, quando il Cavaliere aveva offeso Schulz paragonandolo a un Kapò, l'ex premier lussemburghese aveva reagito subito. Stavolta vuole soppesare bene le parole: parlerà stamane.
Nel tardo pomeriggio di ieri, infine, è arrivata la reazione ufficiale di Martin Schulz: Berlusconi, ha detto, «è sinonimo di odio, invidia e litigio». L'ex presidente del Consiglio «vuole mettere i popoli uno contro l'altro per ottenere un vantaggio per sé e per il suo partito». Un comportamento «scandaloso e che contraddice tutto ciò che l'Italia è: un paese meraviglioso con un grande popolo».
Al contrario, «l'Europa è sinonimo di pace e solidarietà tra i popoli e le nazioni. E questo non sarà minacciato dalle stupide parole di Berlusconi». E in serata, si è registrata anche una reazione ufficiale da parte della ministra socialdemocratica della Sanità , Manuela Schleswig: «Indicibili», per la tedesca, le parole di Berlusconi. Mentre un parlamentare europeo di lunghissimo corso come il cristianodemocratico Elmar Brok si è detto «dispiaciuto» che Berlusconi si sia dimostrato «completamente fuori dalla realtà », visto che «tutto il mondo sa che la Germania si è presa la piena responsabilità dei campi di sterminio nazisti».
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