TOGHE SANTE – TUTTI IN GINOCCHIO, PARLA GIUSEPPE ROMEO, IL PRESIDENTE DEL COLLEGIO CHE HA SFORNATO LA SENTENZA SUI MATRIMONI GAY: “È VERO, SONO DELL’OPUS DEI, LO SANNO TUTTI. MA IO SERVO LO STATO, NON LA CHIESA” – “IL GIUDICE È VINCOLATO ALLE NORME E LA CHIESA SEMMAI INSEGNA CORRETTEZZA”
PALAZZO SPADA CONSIGLIO DI STATO
L.Mi. per “la Repubblica”
«Sono al servizio dello Stato, non della Chiesa». Giuseppe Romeo, il presidente del collegio del Consiglio di Stato che ha deciso sulle unioni civili risponde al cellulare e dichiara subito: «Sono una persona molto schiva e sono abituato a parlare con le sentenze». Ma resta al telefono. E quando gli chiedo se è dell’Opus dei replica tranquillo: «Sì, certo, sono dell’Opera. Lo sanno tutti, non c’è uno che non lo sappia, è la scoperta dell’acqua calda».
Parliamo della decisione allora.
«Guardi, quando ero a Milano, nel ‘92, feci una sentenza eclatante sulle nomine della giunta. Tutti mi telefonavano, ma risposi che il collegio è composto da cinque persone, non due, tre o quattro, e la decisione è collegiale».
Lei è dell’Opus dei?
CONSIGLIO DI STATO PALAZZO SPADA
«E dove sta il problema? In 40 anni, dove ho lavorato, ho ricevuto attestati di stima a non finire su qualsiasi decisione».
Ed è stato anche il presidente del Centro studi Torrescalla di Milano dell’Opus dei?
«Qua c’è un errore. C’è una “p” in più, perché io sono stato solo “residente” in quel collegio per due anni, e non certo il “presidente”...».
Quindi è proprio dell’Opus dei...
«Sì, ma che c’entra l’Opus dei? Sicuramente io non ho consultato il catechismo delle scuole cattoliche prima di decidere sulle unioni civili. Quello è un fatto tecnico».
Ma il rischio di un conflitto di interessi allora?
«Sulla correttezza sfiderei chiunque. Nel ‘94 ho scritto il codice etico del giudice. È l’uomo-giudice che deve saper fare la sua professione, e non il giudice-uomo, perché le convinzioni non possono prevalere sulle decisioni che sono squisitamente tecniche, come in quest’ultimo caso».
Però se un giudice ha un suo credo religioso questo può influire sulle sue decisioni.
«È un’affermazione che si può rovesciare perché può prevalere l’opposto. Allora prendiamo un robot, ma ci sarà sempre qualcuno che mette dentro i dati. Il problema è la correttezza della decisione e nessuno dice che non lo sia stata. Zagrebelsky sulla Stampa , Verde sul Mattino , Pellegrino su Repubblica ..., tutti parlano di una sentenza corretta».
È stato corretto formare un collegio in cui su 5 giudici 3 sono cattolici? Lei, Deodato, Ungari.
«Ungari è cattolico? Io non lo so, con lui di questo non ho mai parlato. Non posso dire bugie».
Lei è cattolico e dire bugie è peccato.
«Non le può dire neppure lei perché vale un principio morale».
Essere dell’Opus dei non comporta anche di decidere in una direzione?
«Non sono un automa, se ne sarebbe resa conto la gente per cui ho lavorato da 40 anni».
Cos’è per lei l’Opus dei?
«Un’istituzione riconosciuta dalla Chiesa. Rispetto a un cattolico un aderente all’Opera s’impegna a cercare la santità personale, santificando il lavoro, svolgendolo con lealtà e correttezza verso le istituzioni, rispettando gli altri».
Questa santificazione, come la chiama lei, non può influenzare le decisioni?
«Neanche per sogno. Sono aberrazioni perché il giudice è vincolato alle norme. Io sono al servizio dello Stato, non della Chiesa, la Chiesa semmai insegna la correttezza».
IRLANDA REFERENDUM MATRIMONIO GAY
Lei è tranquillo?
«Sì, totalmente. Ho agito con la massima coscienza professionale possibile. Perché non dovrei esserlo? Si ricordi, abbiamo solo chiacchierato. Io non esisto».
Monsignor Escrivá de BalaguerIRLANDA REFERENDUM MATRIMONIO GAY