1. LE TRUPPE CAMMELLATE DEL BANANA SI RITROVANO AL DIVINO AMORE. MA NON È UN FUNERALE, È LA RIESUMAZIONE DEL LEADER E DELLA SUA (ORA) BIONDA FIDANZATA PASCALE 2. LA BIONDA SENTENZIA SUL QUIRINALE: “SENZA DI NOI, NON PASSA NESSUNO. I MIEI NOMI SONO GIANNI LETTA, CASINI O AMATO. ANCHE LA FINOCCHIARO, È DONNA FORTE ED ELEGANTE” 3. MARCELLO FIORI MOBILITA 25 PULLMAN DI BERLUSCONES CHE DI MERCOLEDÌ SONO PARTITI (PERLOPIÙ DAL SUD) E SONO ARRIVATI AL SANTUARIO, NOTO COME “L’ARCORE DI BRUNETTA” 4. L’IDENTIKIT PER IL QUIRINALE NON C’È: È NASCOSTO NEL PATTO DEL NAZARENO, E SILVIO SI DEVE LIMITARE A DIRE CHE NON VUOLE “UN ALTRO PRESIDENTE DI SINISTRA”. NEANCHE RENZI 5. SUL PALCO SALE UNA SIGNORA DI 92 ANNI, JOLANDA, CHE HA UNA PENSIONE DA 582 EURO E UN FIGLIO DISOCCUPATO A CARICO. LA SALMA DI ARCORE LE REGALA 20MILA EURO

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1 - PASCALE: SENZA DI NOI NON PASSA NESSUNO

Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”

 

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C’è il pienone all’Auditorium del Santuario del Divino Amore dove Silvio Berlusconi fa la sua rentrée politica proprio nel giorno in cui Giorgio Napolitano lascia la scena restituendogli, di fatto, un ruolo centrale per le prossime, cruciali scelte.

 

Ma al capo dello Stato che se ne va, il Cavaliere — rinfrancato dalla sua gente radunata dal capo dei Club Forza Silvio, Marcello Fiori, tanto da lanciare anche una colletta per una anziana che racconta dal palco la sua storia di povertà (le darà «20 mila euro») — non dedica nessun passaggio esplicito nel suo discorso.

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Napolitano è accomunato solo ai suoi due predecessori in un giudizio poco lusinghiero, che è la premessa per chiedere, stavolta, un capo dello Stato «che sia garante di tutti e non di una parte»: «Credo sia una domanda assolutamente logica e giusta pretendere di avere un presidente che non sia un seguito di tre presidenti di sinistra che hanno portato questo Paese a questa situazione non democratica». 
 

Non un saluto, una parola sia pure di circostanza. Dopo Napolitano, fa capire Berlusconi, non dovrà esserci un altro Napolitano. Uno che si comporti come lui avallando quello che continua a considerare un colpo di Stato, le sue dimissioni nel 2011: «Nei prossimi giorni depositeremo degli allegati alla nostra richiesta di una commissione di inchiesta su quei fatti», minaccia. 
 

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Ma ai senatori azzurri, riuniti in sera per fare il punto su Quirinale e riforme (con loro anche la componente centrista dei Popolari di Mauro, quella di Gal e Umberto Bossi invitato a cena), in verità il leader di FI confida di credere che Renzi «non ci proporrà un nome di parte», anche perché «ha bisogno dei nostri sì per farlo passare». In pubblico comunque mette i paletti: «Oggi la sinistra ha il presidente della Repubblica, della Camera, del Senato, del Consiglio dei ministri e della Consulta. Non può avere tutto. Insisteremo perché ci sia l’indicazione di un nome di garanzia che saremmo lieti di sostenere con i voti dei nostri 150 elettori uniti a quelli della sinistra». 
 

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L’identikit non c’è, nemmeno la proposta. Ai senatori spiega: «Serve uno che non abbia ostilità nè pregiudizi nei nostri confronti». Ma che Berlusconi sia bendisposto nei confronti del premier lo dimostrano le parole che pronuncia al Divino Amore: una battuta — «Volete farvi i selfie con me? Ma io non sono Renzi!» —; un solo passaggio da comizio: «I comunisti oggi si chiamano “democratici”, e hanno come programma una “dittatura”»; una conferma: «Il Nazareno è un prezzo che paghiamo alla nostra coerenza: se ci propongono riforme come le nostre del 2005, per il senso di responsabilità ci stiamo». 
 

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In cambio, è il sottinteso, servirà un presidente che dia «garanzie». Soprattutto sul terreno della riconquista di una agibilità politica, che resta lontana come dimostra anche la decisione della Cassazione di ieri di non permettere a Berlusconi di viaggiare fuori dai confini nazionali, perché quella che sta scontando è «a tutti gli effetti una pena detentiva». 
Ma per ottenere quello di cui ha bisogno, il Cavaliere ha bisogno di un partito unito e di numeri certi. Per questo, mentre il nocciolo duro dei suoi fedelissimi si organizza (due sere fa una trentina di loro — fra i quali Bergamini, Romani, la Rossi — si sono visti a cena per serrare i ranghi e si rivedranno la prossima settimana), l’intenzione dell’ex premier è quella di ricucire con Raffaele Fitto.

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L’ex governatore, che conta su una componente di almeno 40 parlamentari, è stato convocato per stamattina a palazzo Grazioli, per cercare di arrivare a un’intesa, che resta però molto difficile. La sua pattuglia infatti, guidata dalla senatrice Bonfrisco, alla riunione di palazzo Grazioli ha annunciato una posizione molto dura: «Se non cambia il premio di lista, l’Italicum noi non lo votiamo». Un cul de sac, perché — per Berlusconi — il Nazareno non può essere messo in discussione: con Renzi «dobbiamo mantenere i patti, solo così lui manterrà i suoi». 

 

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2 - IL TOTO-COLLE DELLA PASCALE “DICO LETTA, CASINI E AMATO MA SOGNO LA FINOCCHIARO”

Conchita Sannino per “la Repubblica”

 

Del presidente emerito Giorgio Napolitano salva solo un requisito. «È partenopeo come me, un figlio illustre della città, uno che ha a cuore Napoli, e soffre se le cose non vanno bene. E quello vorrei ricordare », sentenzia Francesca Pascale.

 

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Con una sua singolare riflessione sul presidente che verrà, la ventinovenne fidanzata di Silvio Berlusconi esce dal riserbo delle ultime settimane, un periodo di inusuale sottrazione - neanche un servizio sulle riviste patinate o di gossip della casa editrice di famiglia - che sembrava coincidere con una crisi definitiva tra i due, un allontanamento temporaneo o definitivo: evento poi smentito da entrambi.

 

«Il resto dei nove anni di “re Giorgio”? Un disastro », per lei. Lady B. respinge quindi l’idea di «un Veltroni o un Prodi» al Quirinale, come «il diavolo con l’acqua santa. Peccato che nessuno sia acqua santa». Poi snocciola: «Letta, Casini, Amato», come triade da portare avanti perché «presidente e coalizione» hanno deciso così. E infine, a sorpresa, si fa sfuggire un sospiro di ammirazione per una signora eventuale outsider. Quasi un piccolo sogno (istituzionale) proibito: Anna Finocchiaro.

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Amante delle boutade? O sta prendendo gusto a giocare da amazzone della dialettica politica? «Io dico quello che penso, da militante convinta e da cittadina che prova a pensare. Ma poi le scelte toccano al partito, al leader, mi sembra scontato».

 

Francesca Pascale, si assiste a un coro di saluti riconoscenti e calorosi per Giorgio Napolitano, il Capo dello Stato più longevo. E lei che viene dalla stessa città, cosa ne pensa?

«Devo essere finta, diplomatica, ipocrita? ».

 

Possibilmente, no. Rispettosa, sì.

«Allora devo dire che apprezzo tantissimo solo il fatto che sia nato e cresciuto nella mia stessa città e che obiettivamente sia legato, in particolare, alle sorti di Napoli, del sud. Per il resto penso che non si sia mai liberato della sua cultura comunista. Ricordo in particolare il saluto, sì quello strano innaturale saluto, tra lui e il neo-premier Mario Monti. Un altro governo non eletto dal popolo».

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Non vale. È propaganda ed è anche datata. Non pensa?

«Io penso che lui non abbia rappresentato tutta l’Italia, che non l’abbia amata tutta».

Il paradosso, comunque, è che oggi ha più fairplay lei, che lo definisce “figlio illustre di Napoli”, rispetto al sindaco de Magistris che ieri, dopo i noti attacchi lanciati verso il Quirinale, ha ignorato le dimissioni di Napolitano.

«Scusi, vuole mettermi a paragone con de Magistris? Quel sindaco con la bandana è un disastro».

 

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Guardiamo al futuro, parliamo del presidente che verrà. Se proprio fosse costretta a scegliere tra Prodi o Veltroni?

«Mica sono matta».

 

Scelga.

«Dico Letta. Anzi dico i tre nomi della coalizione, Gianni Letta, Pierferdinando Casini o Giuliano Amato».

 

Non è troppo paludato come profilo, per lei? Se parlassimo di una donna, per esempio: Anna Finocchiaro?

«Eh , mi piacerebbe».

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Lo ha detto al “suo” presidente Berlusconi?

«Non scherziamo. Sta sull’altro schieramento, ovvio. Però non posso negare che sia una donna di carattere, indipendente, con una sua storia. Ed elegante, sì. Il che non guasta ».

 

Si potrebbe leggere, tra queste sue poche parole: “noi del centrodestra non ce l’abbiamo un nome di donna così, da spendere al Quirinale”.

Sorride. «Guardi, già mi massacreranno. Vuole che non ne esca viva?»

 

 

3. COSÌ BRUNETTA E FIORI VOGLIONO RILANCIARE FORZA ITALIA CONTRO RENZI (VERDINI PERMETTENDO…)

Gianluca Roselli per www.formiche.net

 

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Alla fine si contano 25 pullman. Con l’auditorium del Divino Amore, a Roma, strapieno. Quasi duemila persone. Molte delle quali in piedi. Se i club di Marcello Fiori, coadiuvato da Renato Brunetta, volevano mandare un segnale all’interno di Forza Italia, ne hanno inviato uno pesante. Non è semplice far spostare tutta questa gente a metà settimana, in un giorno feriale, per partecipare alla manifestazione “SìAmo l’Italia”.

 

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Truppe cammellate, certo. Provenienti in gran massa dal centro sud. Arrivate e subito dopo ripartire. Ma è questa kermesse alla periferia di Roma che Silvio Berlusconi ieri ha scelto come prima uscita pubblica del 2015. Occasione per riunire la corrente anti-renziana del partito azzurro che vede proprio in Brunetta uno dei suoi protagonisti. “Sono qui alla Camera a votare, ma col cuore sono lì con voi”, dice il capogruppo in collegamento telefonico. Anche il luogo non è scelto a caso, dato che questa zona della Capitale è considerata “l’Arcore di Brunetta”.

 

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Abita qui vicino ed è sempre in zona, da Ezio allo Scapicollo, che l’ex ministro ha organizzato la cena natalizia azzurra che tanti lamenti aveva provocato tra i parlamentari costretti a farsi un’ora di taxi per raggiungere il ristorante.Un segnale preciso inviato alla corrente governativa, capitanata da Denis Verdini e Gianni Letta. Che fino all’ultimo hanno tentato di convincere l’ex Cavaliere a non partecipare. Sia per il timore che Berlusconi, preso dalla foga del comizio, potesse fare un’uscita fuori posto sul Quirinale, proprio nel giorno in cui Napolitano si è dimesso e i giochi si sono ufficialmente aperti.

 

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Sia per non dare fiato a chi vorrebbe rompere il patto del Nazareno e ricacciare Forza Italia dietro i sacchi di sabbia delle barricate, a fare opposizione dura.Berlusconi accontenta entrambi. Scegliendo una linea soft sul Quirinale davanti a una platea che vorrebbe il sangue. “Dopo tre presidenti di parte ora vorremmo un capo dello Stato che sia di garanzia per tutti”, dice. Seguendo alla lettera i dettami di Letta e Verdini. Sul resto, però, si lascia andare.

 

Attaccando il governo “che ci sta portando sull’orlo del baratro”. “Il job act non serve a nulla e gli 80 euro sono stati dati aumentando le tasse su casa e depositi bancari del ceto medio. L’unica soluzione è che torniamo a governare noi”, afferma. Mettendo in discussione addirittura il patto del Nazareno. “Ci costa molto caro in termini di voti. Ma, secondo gli ultimi sondaggi, siamo a meno di cinque punti dal centrosinistra. Se potrò tornare in campo vinciamo alla grande”, osserva tra le urla di giubilo.La kermesse è stata un successo, dicono gli organizzatori.

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Con pochissimi big e molto popolo, anche se di una certa età. Ci sono consiglieri comunali e provinciali di piccoli comuni. E chi, magari, vorrebbe diventarlo. Una mano l’ha data anche Gianfranco Miccichè, che corre da una parte all’altra per far funzionare al meglio la macchina. Non ci riesce, perché molti restano in piedi e l’audio è pessimo. Tanti non sentono nulla e se ne lamentano a voce alta. Tra gli organizzatori anche Pasquale Calzetta e Andrea Di Maso.

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Quest’ultimo, blazer blu a doppio petto e abbronzatura d’ordinanza come i berlusconiani d’antan, è l’autore del pamphlet “Battito di libertà”, in vendita sui banchetti. C’è anche il “gazebo azzurro”, una struttura di nuove concezione ideata per sbaragliare i gazebi padani della Lega. E un angolo dove i militanti possono registrare video messaggi per Silvio.I big mancano.

 

berlusconi al divino amore 1 berlusconi al divino amore 1

Ma tra la folla spuntano l’editore di Libero Antonio Angelucci, il giornalista Arturo Diaconale, il consigliere comunale romano Davide Bordoni, l’ex Udc Luciano Ciocchetti. Mentre in prima fila, a fianco a Berlusconi, ci sono Osvaldo Napoli, Laura Ravetto e la portavoce del partito Deborah Bergamini.

 

francesca pascale e silvio berlusconi francesca pascale e silvio berlusconi

“Siamo qui per fare buona politica. I club serviranno a rilanciare Forza Italia e a costruire la nuova classe dirigente del partito. E questa manifestazione non è costata neanche un euro a Fi”, esordisce Fiori. Non dice che la vecchia – quella che ha ridotto il partito sul lastrico – vada rottamata, ma lo pensa. Verdini, del resto, ha cercato di ostacolare in tutti i modi l’ascesa dei club. E infatti l’operazione finora è stata un flop. L’ex banchiere fiorentino ha chiesto la testa di Fiori, senza successo. E ora in suo aiuto è arrivato Brunetta.

francesca pascale a cena con un amico francesca pascale a cena con un amico

 

“E’ il momento di tornare a fare opposizione e di mandare a casa questo governo”, sostiene l’ex Cavaliere. Fiori poi porta sul palco la signora Jolanda, 92 anni, 580 euro di pensione e un figlio disoccupato a carico. E Berlusconi fa il ganassa: “Apriamo una sottoscrizione per aiutarla. Intanto io le regalo 20 mila euro”. Verdini, a piazza San Lorenzo in Lucina, tira un sospiro di sollievo. La trattativa sul Quirinale può continuare senza scossoni.

JOLANDA RICEVE 20MILA DA SILVIO JOLANDA RICEVE 20MILA DA SILVIO

 

 

 

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