Paolo Levi per “la Stampa”
Ma quale James Bond. Questa volta è tutto vero. Mentre alla Royal Albert Hall di Londra andavano in scena le ultime rocambolesche avventure di 007 - con la prima mondiale di Spectre, il ventiquattresimo film della saga tratta dai romanzi di Ian Fleming - dall' altra parte del canale, e più precisamente all' aeroporto internazionale di Parigi, si era da poco conclusa un' altra delicatissima operazione.
I protagonisti dell' evasione andata in scena sul grande schermo della vita reale non sono attori di Hollywood. Ma due piloti francesi, Pascal Fauret e Bruno Odos, condannati a venti anni nella Repubblica Dominicana per traffico di droga.
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Una fuga studiata nei minimi dettagli con l' appoggio di un eurodeputato del Front National, Aymeric Chauprade, e un «commando» di fedeli e addestratissimi «amici» con un passato nelle forze armate. «Ex componenti della marina militare ma anche due ex-agenti dei servizi francesi», assicurano i giornalisti di Bfm-Tv.
Esclusa l' ipotesi di un recupero in elicottero, troppo rischioso, i due fuggiaschi di 55 e 56 anni, in libertà vigilata a Santo Domingo in attesa del processo d' appello, vengono imbarcati su una barchetta con un pretesto banalissimo: una breve escursione turistica. Solo che poi ad attenderli al largo lontano da occhi indiscreti c' era un potente yacht con tutto il commando di ex componenti delle Forze armate. «Avanti tutta!».
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Cominciano giorni di traversata, con i motori a tutto gas, fino all' isola di Saint-Martin, nelle Antille francesi. Di lì, con un passaporto fornito dagli ex militari loro amici, i due francesi vengono fatti imbarcare su un volo privato per la Martinica, poi un altro volo di linea con destinazione Parigi. Atterrati sabato pomeriggio all' aeroporto di Roissy Charles-de-Gaulle, Fauret e Odos finiscono la corsa tra le braccia dei familiari nell' hinterland di Lione.
Gli altri due passeggeri
I due vennero arrestati la notte fra il 19 e il 20 marzo 2013 mentre stavano per decollare dall' aeroporto di Punta Cana su un Falcon 50 con 680 chili di cocaina divisi in 26 valigie.
A bordo del cosiddetto «Air Cocaine» c' erano anche il passeggero Nicolas Pisapia e il procacciatore d' affari Alain Castany, anche loro condannati a 20 anni e in attesa di appello come i due fuggiaschi. Tutti risiedevano in libertà vigilata, senza documenti in Repubblica Domenicana.
Solo che i primi due sono clamorosamente riusciti a beffare i controlli mentre gli altri rimangono soli a Santo Domingo e ora le famiglie temono dure ripercussioni giudiziarie. Eric Dupont-Moretti, uno dei legali dei due fuggiaschi - sui quali indagava da tempo anche la procura di Marsiglia - ha assicurato che l' evasione è avvenuta «con l' aiuto di altre persone» ma ha parlato di «iniziative personali» e non di agenti diretti dalla Francia.
Per il Quai d' Orsay, lo Stato francese «non è coinvolto in alcun modo». In un' inconsueta conferenza stampa trasmessa ieri dai media di tutto il Paese, Pascal Fauret ha spiegato che «non c' era altra scelta. Sono tornato per chiudere questo caso e riprendere il corso della mia vita normale.
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Quando ti trovi di fronte a una giustizia che non fa inchieste, che non ti ascolta, che ti condanna a 20 anni per il solo fatto di essere francese, il mio riflesso è quello di tornare a casa, dove potrò esprimermi davanti alla giustizia». In serata, le autorità domenicane hanno annunciato di voler chiedere la cattura dei due fuggiaschi con mandato d' arresto internazionale. Sulla spy-story della vita reale che sfida l' ultimo James Bond non è ancora scritta la parola fine.