Piazza Tien An Men 1989 1. DAGOREPORT DA PECHINO POLIZIA PRESIDIA PIAZZA TIENANMEN PER ANNIVERSARIO MASSACRO
Tra weekend e feste, un “ponte” all’italiana di 4 giorni rovescia su Pechino e dintorni (Grande Muraglia, Città Proibita, Tomba dell’Imperatore, etc.) migliaia di cinesi da ogni provincia. L’epoca del “pugno di riso” e del “pane razionato” appartiene ai giornali degli anni Novanta, s’avanza un ceto ex proletarizzato voglioso solo di occupare le stanze dell’Hilton piuttosto che le piazze della città. Nei siti deputati al turismo, pochissimi sono gli europei in circolazione. “Siete poveri”, sottolinea lapidario la mia guida cinese con uso di italiano.
Il pulmino dell’agenzia turistica si ferma questa mattina alle 11 all’ingresso di piazza Tienanmen, dove si entra solo attraversando un gabbiotto attrezzato di metal detector pullulante di poliziotti in divisa e non: con mia moglie Anna e mio figlio Rocco, e con la guida ci mettiamo in fila.
Passo dopo passo, avanziamo verso il fatidico ingresso frastornati dalla folla in gran parte giovane col pupo frignante (un sol figlio è permesso), incuriositi di notare la fila interminabile che tenta di entrare nel mausoleo per sbirciare la mummia di Mao, distratti dall’apparizione di dolci labrador al guinzaglio di poliziotti nerovestiti, arruolati come 007 a quattro zampe a caccia di esplosivi.
Ma non facciamo in tempo ad oltrepassare il metal detector che sentiamo un uomo che grida: urla una sola ed incomprensibile frase: eccolo il “terrorista” del 25esimo anniversario! Il poverino viene subito accerchiato e agguantato da una dozzina di guardie che non ce la fanno a tappargli la bocca. Io afferro l’Iphone e mi registro la cattura del dissidente. Da perfetto idiota, anziché girare i tacchi dopo i primi scatti, continuo, anzi, mo’ gliè faccio pure er filmino.
Il filmino me l’hanno fatto loro! Ovviamente gli sbirri in borghese mi arrivano addosso vogliosi solo di sequestrarmi il cellulare. Entra in scena la guida, parlotta con gli agenti, e zac! zac! le immagini vengono cancellate una per una. Tienanmen non esiste.
(Qualcuno ricordi a Matteuccio Renzi - che sbarcherà a Pechino l’11 giugno per la bellezza di 23 ore a caccia di affari per le disgraziate aziende italiche - di evitare di cianciare di democrazia e libertà di parola in quella che è la prima dittatura capitalista del mondo).
Un auto contro la folla a Tienanmen h fg big right VEGLIA IN RICORDO DELLECCIDIO DI PIAZZA TIENANMEN A HONG KONG TRAFFICO BLOCCATO DOPO LATTENTATO A PIAZZA TIENANMEN IN CINA 2. GABBIA DORATA E 100MILA SPIE PER «CANCELLARE» TIENANMEN
di Guido Santevecchi per il Corriere della Sera
Il primo a finire agli arresti è stato Hu Jia, attivista che fa campagna per i malati di Aids. Gli agenti sono andati a casa sua a febbraio e gli hanno spiegato che questo è «un anno molto delicato». Questo è il venticinquesimo anniversario del massacro sulla Tienanmen; ma i poliziotti non hanno citato né la piazza né la data, il 4 giugno 1989, perché in Cina sono parole proibite.
Dopo Hu sono finiti in carcere altre decine di dissidenti e avvocati dei diritti civili, qualche artista, un poeta, esponenti della comunità gay e buddisti. Poi, all’inizio di maggio, la piazza cuore del potere e della storia è stata circondata da una nuova barriera rinforzata e dorata. Sono i preparativi del governo per la ricorrenza innominabile.
SORPRESA
Pechino sembra sospesa, stordita dal caldo asfissiante fuori stagione (42 gradi di massima) e sorpresa dall’enorme spiegamento di forze. L’ultimo segno di quasi serenità è all’angolo di Wangfujing, il viale commerciale distante un chilometro dalla Tienanmen: un bambino saltava felice in una pozzanghera e un netturbino aspettava paziente che finisse di giocare prima di spazzare via l’acqua.
Ma a dieci metri c’erano tre soldati con elmetto, pistola nella fondina e mitra imbracciato che scrutavano inespressivi. Procedendo verso la piazza, furgoni e auto della polizia, agenti in postazione, dissuasori metallici agli incroci. E poi le barriere dorate, imbullonate sul marciapiedi. Sul web i pechinesi di spirito le hanno definite degne di un «tuhao», la parola che identifica i cafoni arricchiti dell’economia di mercato amanti dei gioielli d’oro. Forse al regime fa piacere che invece di parlare dell’anniversario di sangue la gente banalizzi. ?
Le autorità dicono che la gabbia dorata è a prova di auto, per evitare nuovi attacchi come quello uiguro di mesi fa. Ufficialmente sono solo precauzioni anti-terrorismo anche le pattuglie armate che attraversano la capitale. In parte è vero, perché dopo gli ultimi attentati sanguinosi nel lontano Xinjiang il governo teme che il terrorismo di matrice etnica e islamica colpisca anche qui: nelle stazioni della metropolitana da qualche giorno si passano al metal detector i pendolari, causando code bibliche. ?
Ieri i giornali di Pechino hanno annunciato che le autorità hanno mobilitato centomila cittadini per raccogliere informazioni. Dicono che è per proteggere la città dai terroristi: li pagano due yuan (25 centesimi) a soffiata. I più efficienti, quelli capaci di riferire tre sospetti al giorno, riceveranno a fine mese 200 yuan (25 euro, una bella cifra).
Questi informatori volontari sono stati reclutati tra gli assistenti ai bagni pubblici, gli ambulanti, i portieri dei palazzi, gli edicolanti. Anche questo non è inedito a Pechino: circa 850 mila pensionati si prestano volentieri a controllare i loro quartieri. Ma con il pensiero alla Tienanmen il nuovo esercito popolare di spie ausiliarie accresce l’ansia.
STARE ALLA LARGA
Diversi uffici di agenzie e giornali internazionali hanno ricevuto il consiglio di stare alla larga dalla piazza. A quattro, cinque chilometri dalla Tienanmen, il vialone Chang’an (Pace duratura) prende il nome di Fuxingmen: qui nella notte del 3 giugno 1989 passarono i camion con i soldati e i carri armati ai quali era stato ordinato di schiacciare i «contro-rivoluzionari», gli studenti che da aprile occupavano la piazza del potere chiedendo riforme democratiche.
Sul Fuxingmen, sotto il viadotto di Muxidi, i ragazzi cercarono di fermarli; i soldati spararono, anche i palazzi furono colpiti. Il punto dove si combattè più duramente è di fronte al Blocco 27, una serie di casermoni di abitazione. I fori non ci sono più, naturalmente. Seduti su sgabelli, davanti ai portoni, sei civili con il bracciale rosso dei volontari per la sicurezza.
Girando sul retro e schivando un paio di poliziotti abbiamo avvicinato alcune coppie di anziani. «Certo che abito qui, da un sacco di tempo». Che cosa ricordate... «Non c’è niente da ricordare». Uno solo, mentre si allontanava con la compagna che gli chiedeva le ha sussurrato: «Sai, qui sparavano, ma è stato molto tempo fa». ?Il partito comunista ha imposto una sorta di amnesia collettiva.
Louisa Lim, autrice della «Repubblica popolare dell’amnesia» ha cercato di fare un sondaggio tra gli universitari, mostrando la celebre foto del ragazzo davanti ai tank: su 100 solo 15 l’hanno riconosciuta come l’immagine simbolo della Tienanmen. Molti dicono che è tutta un’invenzione degli americani; altri che «se davvero qualcosa è successo è stato provocato dalla Cia». Un tassista chiacchierone assicura che lui era militare a quei tempi e che i soldati hanno «solo sparato a terra o in aria, se qualcuno è stato ferito sono stati di sicuro colpi di rimbalzo».
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E poi ci sono anche personaggi importanti, come il geniale Jack Ma di Alibaba, che hanno detto: «Quell’incidente? Una decisione crudele, ma corretta». ?Gli arresti preventivi, le intimidazioni, la censura che cancella dal web cinese la data 4 giugno 1989 (aggirata da qualche ardimentoso con definizioni tipo «35 maggio» e «ultimo anno degli 80»), hanno fatto cadere l’ultima illusione di riforma politica, 25 anni dopo. Dagli arresti domiciliari Hu Jia si fa sentire: «Dicono che è primavera a Pechino, ma è sempre inverno». ?