Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
L’invenzione alla Fred Astaire del sanguemisto egiziano rimette al mondo alias vita l’ennesimo cadavere giallorosso parcheggiato all’Olimpico. Stefan El Shaarawy è calato da quarantotto minuti nel giallorosso, quanto basta per capire la natura dell’incubo, quando va leggiadro di tacco a correggere la palla qualunque di Zukanovic, l’altro nuevo di giornata. Pjanic sfuma poi, a fine partita, l’ennesima partita astenica sfruttando al massimo l’assist di Totti Redivivo. Sono i primi tre punti di Spalletti. Gli faranno bene, ma non dicono nulla di buono. La Roma resta una sagoma greve che non sa più che fare di sé.
L’Olimpico di questi tempi è una stomachevole trasferta nel pianeta dell’anticalcio, anche per chi abita a cento metri e si ostina a mettersi al collo una sciarpa giallorossa. Niente tifosi, niente calcio, zero passione, nessuna ambizione. Solo una sibilante adunata di iene e di pecore smarrite. Qualunque squadra in questo momento è più squadra della Roma. Anche il Frosinone di Ciofani. Si aspettava un segnale, ma il segnale non arriva.
Spalletti ci mette una passione titanica, cade nello struggente errore di credersi quello che non può essere, uno stregone. La Roma non è una squadra, ma una babele di figurine depresse che parlano lingue troppo diverse e l’unica lingua comune del non credere in quello che fanno. Tre bosniaci, un indonesiano, un tedesco, un polacco, un greco, due egiziani, un maliano e un italiano, poi un brasiliano, contagiati dallo stesso male.
Pjanic e Keita insieme, là in mezzo al campo, sono lo spot della terza età calcistica, che almeno l’africano ha l’alibi dell’età. Dzeko è ormai invaso da tutti i dubbi del mondo, incluso quello d’essere diventato una sega enorme. Sospetto che comincia anche nella zucca di Spalletti e del suo staff. Salah si vergogna talmente di sé, di quello che è diventato, che si nasconde, non azzarda nulla e sbaglia tutto.
Tre punti accenderanno qualcosa? Vedremo. In questo caso la pochezza del Frosinone basta per credersi vivi ma, fidatevi, la Roma non c’è. Spalletti deve fare scelte coraggiose e, in parte, ha cominciato a farle. Quella sostituzione di Dzeko a metà ripresa, per cominciare.