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Giulia Zonca per “la Stampa”

 

L’unica certezza è che per tirare fuori dal suo bunker Sepp Blatter servirà altro. 
Per ora c’è «una richiesta di sospensione di 90 giorni», un suggerimento della commissione etica che si è riunita lunedì ed è ancora al lavoro per decidere la sorte di Blatter, di Platini e del coreano Chung Mong-joon, anche lui, come il capo dell’Uefa, candidato alla successione del Supremo. La prima reazione di Blatter è la solita: la resistenza.

 

Conosce il protocollo, sa che il consiglio non sarà operativo fino a che il giudice Hans-Joachim Eckhart non ratificherà la decisione e visto che si parla della stessa persona che ha deciso di non pubblicare il rapporto Garcia, la prima vera indagine sull’assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022, spera forse in un altro insabbiamento.

 

O in altro tempo. Ma quando hanno archiviato il rapporto Garcia la Fifa non era ancora sprofondata, non aveva i riflettori addosso, gli sponsor non avevano chiesto la testa del presidente ed era più facile cavarsela.
 

«Ma io non me ne vado»

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Blatter ha fatto sapere che lui stamattina sarà in ufficio come sempre, che nulla gli è stato notificato, gli avvocati sostengono che prima di una versione definitiva lui dovrebbe essere ascoltato «e non è successo». Sepp si sente «del tutto rilassato e sempre in carica», dove la parola sempre è quella che conta.

 

Se il giudice metterà la sua firma, ed è improbabile che trovi una scusa per riuscire a non farlo, Blatter dovrà lasciare il quartier generale di Zurigo e sarà inibito dagli stadi. Il tutto fino a gennaio e il 26 febbraio ci sono le elezioni. Gli strapperanno i gradi e anche se a molti sembra nulla, per lui è un’offesa insostenibile. Per questo punta ancora i piedi.

 

Stesso destino per Michel

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Anche per Platini la strada sembra segnata, la richiesta dovrebbe essere la stessa: 90 giorni di sospensione e per Le Roi non è solo un’onta, è un crollo. Starebbe in pausa solo per tre mesi però è proprio il periodo in cui si disegnano gli Europei che lui ha voluto nella sua Francia. Pensava di stare fiero davanti al format allargato a 24 squadre e invece potrebbe finire dietro le quinte. Soprattutto uscirebbe dalla lista dei candidati alla presidenza Fifa.
 

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Blatter si aggrappa agli uomini che vorrebbero sostituirlo per assicurarsi che vengano giù con lui. Chung Mong-joon è uno dei pochi che prova a fronteggiarlo e ora che rischia 15 anni di sospensione per un fondo, che avrebbe aperto a favore della Corea del Sud se avesse avuto i Mondiali 2022, ha citato il Supremo per 100 milioni di dollari. Lo accusa anche lui di corruzione. Come la magistratura che passa al setaccio la vendita dei diritti tv sotto prezzo del 2005 e lo stipendio retroattivo pagato a Platini nel 2011. Per Platini non ci sono indagini penali, però il capo di accusa è il medesimo ed è logico credere che la commissione si esprima nello stesso modo.
 

FIFA SCANDALO

Reggente compromesso 

L’ironia è che nel momento, non così imminente, in cui riusciranno a spostare Blatter a forza, lo scettro passerà al vicepresidente Issa Hayatou, capo del calcio africano e già coinvolto in ogni genere di zozzeria. Nel 2001 ha preso dai soldi dallo società Isl, allora partner Fifa per il marketing e i media, l’accusa (poi provata) è uscita fuori 10 anni dopo. Evidentemente ancora presto.
 

Allora la legge svizzera proteggeva i membri delle organizzazioni sportive a statuto autonomo. Ora prova a stanarli, ma gli uomini in questione sono sempre gli stessi. Più che una rivoluzione al vertice servirà un cambio generazionale.

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