ROMA SCAPOCCIA - L’ESONERO DI GARCIA COSTEREBBE AL CLUB GIALLOROSSO CIRCA 17 MILIONI DI €URO MA SE NON VINCE A PALERMO IL FRANCESE SALTA (PRONTO ANCELOTTI) - DA SABATINI A BALDISSONI: ORA CI SONO ANCHE I DIRIGENTI NEL MIRINO DI PALLOTTA
1. ROMA IN CADUTA RISCHIANO TUTTI
Ugo Trani per “il Messaggero”
LA CRISI ROMA Il colpevole è lì, chiuso all' angolo: Garcia. A furor di popolo, lo indica la piazza. Ma dopo l' umiliazione di Borisov non ha più l' esclusiva. La gente improvvisamente apre gli occhi e non perdona più nessuno. Anche la società è nel mirino quanto l' allenatore. Per mancato controllo in Casa Roma. Perché non si espone sulla vicenda e perché non interviene, mandandolo via. La conferma è, però, vaga. E a tempo.
Pure se il management di Pallotta non considera Rudi in bilico, la trasferta di domenica a Palermo diventa per forza decisiva. Non potrebbe essere diversamente. In caso di ennesima caduta (2 sconfitte nelle ultime 3 gare e in Bielorussia squadra irriconoscibile grazie anche alla terza maglia), la situazione precipiterebbe e, con la sosta per la nazionali, ci sarebbe il tempo per prenderla di petto. Da Ancelotti a Mazzarri: in pentola bollono sostituti per tutti i gusti. Ma attenzione: ora anche i dirigenti rischiano il posto, il vento sta girando.
IMMOBILISMO VOLUTO L' equivoco resta davanti agli occhi di tutti. Lo stesso di inizio estate. Il francese non pensa alle dimissioni, a differenza di chi, a Trigoria, però le sbandiera sempre sotto traccia. Ma Garcia non può nemmeno essere esonerato. L' addio costa troppo: 17 milioni. Ai quali bisogna aggiungere lo stipendio del nuovo tecnico.
Svolta impossibile per chi è sotto la lente di ingrandimento del Financial Fair Play. Il club, dunque, tentenna, guardando al bilancio.
E all' immagine: cambiando guida, sarebbe la quinta in 5 anni. Pentafallimento, non solo per chi va in panchina. Il presidente, da oltreoceano, risulta irritato per la piega che ha già preso la stagione. Contesta le scelte di Rudi, ma anche quanto avviene attorno. La gestione a Trigoria non piace alla proprietà. Lo scollamento tra dirigenti e Garcia è evidente.
Dispetti e pettegolezzi vengono quotidianamente a galla. Ognuno semina per se stesso, con la Roma che raccoglie poco e niente. La presunzione in campo e dietro la scrivania, per lo scaricabarile degli errori. Chi più ne ha, ne addossa.
Sempre agli altri, però. Il braccio di ferro è tra il club e l' allenatore. A rimetterci è la squadra. Lo scoramento del gruppo è a livelli di guardia.
COLLOQUIO NELL' ARENA
SABATINI BALDISSONI VERTICE NOTTURNO
Baldissoni e Sabatini si sono fermati con tecnico e giocatori nello spogliatoio dello stadio di Borisov. Discorso soft di chi fuori dà l' impressione di essere più spaesato della squadra in campo. «Voltiamo subito pagina, ma bisogna vincere a Palermo». In sintesi: domenica non si può perdere.
Di certo non c' è alcun ultimatum, anche perché Trigoria il giorno dopo si svuoterà, via tutti i nazionali che non sono certo pochi. Il dg e il ds hanno parlato poi tra loro per sviscerare la crisi che è tecnica e psicologica. Fragilità tattica e anche mentale. Sabatini ha dato più peso al primo aspetto che lo inquieta e al tempo stesso, per il mercato chiaramente difettoso, lo chiama di nuovo in causa.
Ha affrontato la questione con il veterano tra i match analyst giallorossi, quel Simone Beccaccioli che è il riferimento della dirigenza e di Garcia. La discussione, da come appare nel video di ReteSport, è stata abbastanza animata. La preparazione della gara è stata scrupolosa: così si è difeso Beccacioli che però non è riuscito a spiegare come mai sia stata interpretata nel modo peggiore.
Già il gioco, questo sconosciuto.
«Sono tre anni che ci guida, abbiamo piena fiducia in lui, così come la ha lui in noi. La squadra sta con il mister» la rettifica di Florenzi che, a Borisov, era stato esplicito: «Abbiamo preparato mentalmente malissimo la partita». Così per evitare ulteriori malintesi ha chiarito: «Nel primo tempo non sono riuscito a fare quanto volevo». Autocritica a richiesta.
SOLO E MALE ACCOMPAGNATO L' unico che può rispondere è Garcia. Che, tra le tante colpe, ne ha una più robusta delle altre: aver avallato ogni decisione della dirigenza. Adesso sconta di essersi piegato. Perché dietro agli acquisti di facciata, cioè Digne, Salah e Dzeko, c' è il nulla. Cioè esiste la prima squadra di 11 giocatori (quando va bene) e basta: ecco perché le assenze peseranno sempre e comunque. Difesa, centrocampo e attacco sono reparti incompleti, con le seconde linee sgradite al tecnico.
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Che ha deciso i cambi proprio per certificare l' inadeguatezza della rosa, dentro Iago Falque, fuori dalla lista dei convocati e recuperato in extremis con tanto di ginocchio bendato, e Soleri, al debutto senza essere mai andato fino a martedì sera nemmeno in panchina. Meglio l' infortunato e il diciassettenne, anche perché 3 acquisti dell' ultimo mercato sono fuori dalla lista Uefa. Altre spese superflue.
2. ROMA METTE GARCIA AL CENTRO DELLA CRISI
Matteo Pinci Enrico Sisti per “la Repubblica”
LA SECONDA vita romana di Garcia è un film interpretato dalla controfigura dell’uomo che aveva recitato nella prima sontuosa parte, abbellita da una trama con risvolti psicologici completamente diversi da quelli attuali. Ora è tutto nuovo ma sa di vecchio, è tutto più complicato da spiegare, la sceneggiatura è piena di buchi, gli attori o sono scadenti o sono stati assegnati a ruoli inadatti.
E’una storia difficile da maneggiare (almeno quanto il tecnico ha difficoltà nel maneggiare i suoi giocatori), e non mancano tratti inquietanti. L’idea, i sentimenti iniziali sono spariti: ne è rimasto un vago ricordo. Un’avventura di cento partite.
Cento partite spezzate in due da un colpo d’ascia: cinquanta da sogno, cinquanta in picchiata, dove i sogni hanno trovato così poco spazio da svuotare persino la curva. Garcia era partito con 35 vittorie e 7 sconfitte. Nella sua prima vita dialogo, citazioni, Balzac, la chiesa al centro del villaggio, sfumature zen, serenità, motivazioni.
Nella seconda ha dimezzato i successi e spento i sorrisi, solo 19 vittorie a fronte di un allarmante raddoppio del numero delle sconfitte, 12, come ci fosse stato un muro a separarle, o qualcosa di più subdolo, di invisibile avesse intaccato le antiche certezze di cui il gruppo beneficiava, esaltandosi.
Nelle cinquanta gare iniziali la sua Roma segnava quasi 2 gol a partita, nelle ultime cinquanta è scesa a 1,34: tutti segni inequivocabili della tendenza assunta dalla squadra, che non sa più vincere,segnare, giocare, non sa più cos’è. Garcia s’è perso nell’arroganza di schierare tre cloni in attacco (Salah, Gervinho, Iturbe) senza preoccuparsi di prendere le contromisure al Bate e vincere la sua seconda partita in Champions dopo 3 sconfitte e 3 pareggi.
Ha bruciato due portieri, il rientrante Szczesny esposto alla figuraccia e l’uscente De Sanctis, fresco di Carpi. Lasciando in balia dei raddoppi avversari il “terzino” Florenzi, che a fine gara ha pure gettato l’amo(«l’abbiamo preparata male »), salvo poi blindare il suo allenatore («abbiamo piena fiducia in lui»).
Il club difende il momento ma non lo spiega: «Non esiste una questione Garcia e Palermo non sarà decisiva», riferisce Trigoria. Qualcuno già pensa che lo sarà? Quanti fantasmi. Da Strootman a Montella e Benatia, passando per Pallotta, il capo di questa Roma senza testa, di questa Roma Scapoccia. Dopo avver rinnovato con Garcia a 2,8 mln netti fino al 2018, un eventuale esonero costerebbe a Pallotta 15 mln lordi. Oggi Garcia è un uomo solo e non è detto che sia al comando.
Anche con lo staff atletico-sanitario i rapporti scricchiolano. Caso Falque. Non convocato per Borisov, partito lo stesso, bocciato nel provino, insertito al 38’. Stranezze che inseguono la Roma a quattro zampe. Come il deferimento di società e De Rossi per aver indicato le sue parti basse e poi alzato le dita medie alla curva laziale, arrivato a quattro mesi dal derby.
Come il fatto che la Roma abbia giocato alla Borisov Arena senza aver mai visitato lo stadio, senza essercisi mai allenata, aver toccato l’erba, guardato le tribune, cercato con gli occhi i riferimenti.Uno stadio che non conosci è un nemico in più. E forse non avevano mai visto bene neppure il Bate. A giudicare da com’è andata, in quel primo tempo di gloria assoluta.