TE LO DO IO LA SELECAO - UN MORTO E 137 MALORI PER I RIGORI CONTRO IL CILE: IL BRASILE IN TILT SI AGGRAPPA A JULIO CESAR E ALLA FORTUNA - IL CT SCOLARI SOTTO PROCESSO MENTRE MARADONA FA IL MARAMALDO: “È UNA SQUADRA IN GINOCCHIO E NEYMAR NON STA IN PIEDI”

Scolari, che sgranava un rosario durante i rigori contro il Cile, prova a risvegliare l’autostima della Selecao infilando - come nel 2002 - bigliettini con frasi motivazionali sotto la porta delle camere dei giocatori - Neymar in dubbio per i quarti - Intanto la Fifa apre un’inchiesta per la lite nell’intervallo tra il cileno Pinilla e il portavoce del Brasile...

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Emanuela Audisio per “La Repubblica

 

Brontola. Non sa più che fare. È nervoso: troppa tensão. Allarga le braccia. I salvadores da patria sono Julio Cesar e “a trave”. Sì la traversa che per due volte si è opposta al Cile. Il ct Felipao Scolari torna a respirare, è sopravvissuto alla condanna a morte degli ottavi, ma si è solo allungata la corda che gli stringe il collo. E nemmeno tanto idealmente.

 

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In pagella gli hanno dato 4. Bocciato: «Senza idee, con poco gioco. Ha messo in tavola riso e fagioli, cucina povera». Pure la sua classe non ci fa una grande figura: Fred (3,5), Hulk (3), Daniel Alves (3,5), Marcelo (4,5). Somari che devono ringraziare “a trave” presa due volte da Pinilla. Neymar (5) si salva dal disastro con il rigore: «Ero morto. I passi per arrivare al dischetto mi sono sembrati 10 chilometri di eternità».

 

Eliminato (dalla Colombia) il fantasma cattivo dell’Uruguay, ora il Brasile si trova alle prese con il suo fantasma interno. Figurarsi se anche Maradona perdeva occasione: «È una squadra in ginocchio e Neymar non sta in piedi, anche se ha tirato bene il rigore».

julio cesar julio cesar

 

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Così Felipao, che in mano durante l’incubo dei tiri al dischetto sgranava un rosario, è corso ai ripari. Che fare? Magari provare ad accendere quell’autostima un po’ spenta? Si è ricordato del 2002, di quando con Ronaldo e Rivaldo, legnò la Germania, e metteva i bigliettini sotto la porta dei giocatori. Frasi motivazionali. Le usava anche Helenio Herrera all’Inter mezzo secolo fa. Il mago però sapeva anche essere secco, tanto che quando gli presentano Mazzola risponde: «Gran jugador el padre, vedremo tu».

 

Fosse il Brasile allegro di una volta, della motivazione non saprebbe che farsene, visto che Garrincha era a malapena in grado di leggere. Piedi scombinati, e non solo quelli. Lo psicologo che lo sottopose a test gli diede 38 punti su 123: «Attitudini mentali di un
bambino d’età inferiore ai 4 anni. Si consiglia l’esclusione dalla squadra». Già: 60 partite, 17 gol. Tre mondiali giocati: Svezia ‘58, Cile ‘62, Inghilterra ‘66, due titoli vinti. Sì, Garrincha se li sarebbe bevuti i proverbi, e prima li avrebbe anche dribblati.
 

È dalla finale in Giappone che Felipao, come uno studente preoccupato di memorizzare la formula che gli servirà alla maturità, scrive appunti sul suo diario. Qui ha trascritto su foglietti e poi distribuito nel giro serale sotto le porte della stanze. C’è posta per te, firmato il ct. Oddio, nulla di trascendentale, né di molto sportivo. Proverbio del teologo inglese William George Ward, uno dei leader della scuola di Oxford: «Il pessimista teme il vento, l’ottimista spera che cambi, il realista prepara le vele».

 

MARADONA DITO MEDIO MARADONA DITO MEDIO

Questo la sera prima del pareggio con il Messico. Poi le altre missive: «Non trovare problemi, trova soluzioni, tutti sono capaci di lamentarsi». «Non si può essere bravi a metà». E contro il Cile una di quella massime che hanno fatto del presidente americano Reagan un battutista degno di Hollywood: «Non ci sono limiti per quello che puoi fare, purché non ti importi di condividere i meriti». Ecco, appunto, qualificarti con somma fortuna e dire grazie al tuo portiere che il calcio ha messo in pensione a Toronto, Canada, senza nemmeno farlo troppo giocare lì (solo sette partite).

 

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È la seconda volta che il Brasile dei grandi attaccanti avanza in un mondiale per i meriti del suo numero uno (pure se Julio Cesar ha voluto il 12, perché in Sudafrica con il numero primo gli andò male). Anche nel ‘98 in Francia nella semifinale contro l’Olanda a salvare il Brasile parando due rigori fu Taffarel, considerato uno scarto, tanto che giocava in periferia, nel Galatasaray in Turchia. Sono sempre loro, quelli che stanno in porta, a dover rimediare al peccato originale di Barbosa del ‘50.
 

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Ora la Fifa indagherà su una lite (ripresa da un video) nell’intervallo dell’incontro tra il cileno Mauricio Pinilla, che sarebbe stato colpito da un pugno, e Rodrigo Paiva, portavoce del Brasile. E gli ospedali sono alla prese con gli effetti collaterali dei rigori per il cuore: un morto, 137 malori (dentro lo stadio), 68 fuori. Mentre Felipao contro la Colombia spera di recuperare Neymar, toccato forte sulla coscia destra, dove ha un grosso ematoma che si dovrebbe riassorbire. Occhio ai bigliettini che arriveranno sotto la porta nei prossimi giorni. Mao, Che, Machiavelli?

 

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