“CON IL TURBANTE NON GIOCHI” - L’ARBITRO FERMA IL CESTISTA INDIANO UNDER 17 MA COMPAGNI E AVVERSARI SI RIBELLANO: TUTTI VIA - IL GIUDICE DI GARA: ‘’HO APPLICATO IL REGOLAMENTO’’ - IL SIKH: ‘’MI SONO SENTITO UMILIATO‘’

Il regolamento parla chiaro: niente copricapi in campo ma la Federazione internazionale ha consigliato la massima tolleranza per avvicinare al canestro atleti di ogni credo - Ora la squadra del giovane cestista indiano rischia anche la sconfitta a tavolino...

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Marco Birolini per “la Stampa”

 

Quando è già pronto per l’iniziale palla a due, il giovane Sikh si vede stoppare dall’arbitro: «Togli il turbante, altrimenti non giochi». Il regolamento della Federazione internazionale di basket parla chiaro: niente copricapi in campo, possono nascondere pericoli per l’avversario. Il fischietto lo applica alla lettera. Il ragazzo è incredulo: «Per me è stata un’umiliazione, indossare il turbante non è una moda ma lo impone la mia religione - racconta -. A quel punto sono uscito dal campo e sono andato negli spogliatoi». 
 

LA SQUADRA DI CESTISTI DI VILLONGO LA SQUADRA DI CESTISTI DI VILLONGO

Col patka da quando gioca
Accade a Presezzo, piccolo centro a pochi chilometri da Bergamo. È sabato e si dovrebbe disputare la sfida tra i locali e il Sebino Basket Villongo, campionato provinciale under 17, non l’Nba. Il sedicenne indiano S.S. gioca da 5 anni con i capelli avvolti nel patka (versione ridotta del turbante utilizzata nello sport) e nessuno si è mai sognato di farglielo togliere.

 

Anche perché la stessa Fiba ha consigliato la massima tolleranza nelle competizioni giovanili e dilettantesche, proprio per avvicinare al canestro atleti di ogni credo. L’arbitro però non sente ragioni: con il turbante non si può giocare. All’ennesimo no, la squadra decide di non rientrare in campo dopo il secondo quarto. Gli avversari comprendono e solidarizzano, nessuno si alza dalla panchina. L’arbitro prende atto, fischia la fine e se ne va. 
 

TEMPIO SIKH TEMPIO SIKH

«Non volevo rientrare»
Le due squadre riprendono a giocare da sole, in via amichevole, richiamando il «reietto», uscito in lacrime: «Non volevo tornare in campo, anzi ho pensato proprio di smettere - racconta il ragazzo - poi i compagni, gli avversari e anche i tifosi mi hanno convinto, anche per non darla vinta a quell’arbitro». Rientra tra gli applausi, con il patka in testa, e segna pure qualche canestro. Resta la grande amarezza: «Non era mai successo prima e speriamo non succeda più – sibila Riccardo Paris, responsabile delle giovanili del Villongo -.

GIOVANE CESTISTA UNDER 17 DI VILLONGO GIOVANE CESTISTA UNDER 17 DI VILLONGO

Ho spiegato al ragazzo che purtroppo ha incontrato la persona sbagliata. Poi ho scritto all’arbitro, spiegandogli che bisogna distinguere tra i professionisti super pagati e i ragazzini che pagano per giocare. Perché così si rischia di rovinare lo sport che noi abbiamo sempre praticato liberi da ogni pregiudizio». La palestra del Villongo apre le porte a tutti: oltre a indiani ci sono senegalesi e marocchini, lo stesso allenatore dell’Under 17 è albanese.

 

«Ormai è normale vedere atleti a capo coperto – spiega Paris – è capitato di incontrare anche ragazze con il velo, sempre con grande comprensione». Stavolta è andata diversamente e ora potrebbe arrivare anche la beffa: il Villongo rischia la sconfitta a tavolino. «Non sono i risultati che ci interessano», dice Paris. Il referto è nelle mani del giudice sportivo ma la Fip provinciale fa capire che non ci saranno altri scivoloni.

 

«Speriamo prevalga il buon senso mancato prima – si augura Germano Foglieni, responsabile dell’ufficio gare – Il regolamento va sempre interpretato con sensibilità, principio che purtroppo non può essere codificato. L’arbitro si è attaccato ai cavilli del regolamento ma ne ha tradito lo spirito».

 

 

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