ARTSPIA - MA QUALE ARTE ESTREMA! L'ULTIMA PERFORMANCE DI MARINA ABRAMOVIC E' LO SPOT. ECCOLA DOPO LE ADIDAS, DEDICARSI ALLA SFILATA DI PIGIAMI DI COSTUME NATIONAL. UN ABITO CAPOLAVORO, DICE...

UN TEMPO Marina non vestiva Givency, non si esibiva in performance testimonial, non si spremeva le meningi per inventare esperimenti acchiapponi nei maggiori musei del mondo.Certo gli acchiappi di questa fase glam Marina sono sempre vippissimi: Lady Gaga, James Franco e tutto il red carpet anglofono, pazzo del suo ricettario "come vivere un'esperienza estetica" e poi buttarsi con lei nei photo call delle feste che contano.

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ALESSANDRA MAMMì PER DAGO-ART

 

Va beh il comunismo è morto. Il clima è cambiato. E Marina Abramovic ormai sembra Vanna Marchi.

 

Prima i duetti con Lady Gaga, poi lo spot per le Adidas e adesso comunica giuliva e cinguettante ( vedi articolo a seguire) che firmerà la messa in scena delle sfilate di Costume National primo perchè Ennio Capasa il patron-stilista è amico da anni poi “perchè per lei i vestiti sono un'estensione dell'anima” (parole sue) e infine perché qui è protagonista un pigiama – abito talmente geniale che con entusiasmo la mamma della performance ci comunica :

 

MARINA ABRAMOVICH E ULAY MARINA ABRAMOVICH E ULAY

“ne porterò alcuni in Brasile dove passerò tutta l’estate e li terrò addosso tutto il giorno, un “everyday outfit”, per me un’esperienza nuova perché dormo nuda e il pigiama lo metto quando mi alzo a fare colazione: mi piace pensare che il pigiama che normalmente metti a letto, quando sei solo, quando sogni, al galà di questa sera invece lo indosserai quando sarai in mezzo a tutti gli altri. A concentrarti sulla tua esperienza, la sfilata di Ennio, la musica di Moby, la videoproiezione di Marco Brambilla. Gli invitati saranno in paradiso, ecco perché Heaven, è il titolo perfetto».

 

Beh preferivamo il suo Inferno quando con Ulay inventata torture che i due si infliggevano misticamente, quando seduta su una carcassa di ossa puliva con spazzolone i brandelli di carne, quando diceva cose intelligenti, e trattava il suo corpo come un strumento di duro lavoro. Ci vinse il Leone d'oro alla Biennale del 1997 con l'Inferno, Marina. Una lamentazione, uno Stabat Mater, un mugolio che durò giorni e che rimandava alla guerra di Serbia.

ENNIO CAPASA E MARINA ABRAMOVIC ENNIO CAPASA E MARINA ABRAMOVIC

 

A quei tempi Marina non vestiva Givency, non si esibiva in performance testimonial, non si spremeva le meningi per inventare esperimenti acchiapponi nei maggiori musei del mondo.

 

Certo gli acchiappi di questa fase glam Marina sono sempre vippissimi: Lady Gaga, James Franco e tutto il red carpet anglofono, pazzo del suo ricettario per vivere l'esperienza estestica e poi buttarsi con lei nei photo call delle feste che contano.

 

E' al culmine di questa fase socialite che è arrivato lo spot della Adidas per la Coppa del Mondo.

 

 

 

 

Una citazione di un lavoro serio di tanti anni prima, quando Marina era davvero una performer coraggiosa. Qui di lei resta solo il volto assai rifatto, il camice da medichessa e il vocione ormai impostato sulla tonalità “guru de casa” che commenta l'azione di tre squadre (11 elementi come da partita) impegnate a trasportare pietre da un lato all'altro di uno spazio ritagliato come un campo da calcio.

Marina secondo Maislin Marina secondo Maislin

 

Da una parte un trasbordo di secchi. Dall'altra la catena umana. Vince in efficienza la catena umana. Benedetta dal vocione di Marina perchè l'unione fa la forza. (Ma vah!) Viva le Adidas. Il campionato. I calciatori con la scarpa giusta.

 

Duro colpo per chi magari in Marina aveva creduto. E aveva trovato divertenti ma rosicone le foto virali di Valdimir Maislin, virtuoso del photoshop che dopo il bagno di folla al Moma per“The artist is present” la prese in giro profettizzandone sui social network un luminoso futuro da testimonial.

 

Proprio vero a volte la realtà supera la fantasia. In fondo pubblicizzare Momendol per una ex artista estrema con le vertebre provate, sarebbe stato più coerente del pigiama fluorescente di Costume National. E invece sarà proprio col pigiama cool che la vedranno svolazzare in Brasile da una festa all'altra publicizzando il prodotto in nome dell'arte e cinguettando che per lei i vestiti sono un'estensione dell'anima. (Per non parlar dei soldi).

 

 

Marina secondo Maislin Marina secondo Maislin

 

Matteo Persivale per il “Corriere della Sera”

 

«Ennio, Ennio! Raccontagli del pigiama!». Marina Abramovic ride felice e tira per la manica l’amico Ennio Capasa con l’espressione di una bambina ansiosa di vantarsi di una marachella particolarmente riuscita. «È un pigiama con la zip, fosforescente», comincia a spiegare Capasa e subito Marina aggiunge «Sì, ma è tagliato benissimo, come un vestito!».

 

«L’idea — riprende Capasa, divertito dall’entusiasmo di Marina pur mantenendo la sua espressione placida da pugliese innamorato del Giappone e del suo spirito Zen — è far sentire chi lo indosserà in uno stato diverso, farli sentire come fantasmi, in un certo senso, farne uscire la personalità. Qui non succede molto spesso».

 

«Qui» è Los Angeles, o meglio Santa Monica, sull’oceano, dove questa notte Abramovic e Capasa saranno l’attrazione, come organizzatori, del Heaven Gala (tutto in beneficenza per gli ospedali pediatrici) patrocinato dall’associazione The Art of Elysium, con il mondo della moda e quello dell’arte (tra gli invitati: Amber Heard, Kate Bosworth, Anna Kendrick, Val Kilmer, Seth Rogen, Kelly Osbourne, Joaquin Phoenix, Michael Stipe, Gus Van Sant, Paz Vega, il filantropo Eli Broad) insieme nella città del cinema.

 

Dove, in un hangar dell’aeroporto di Santa Monica, ci sarà la performance — tecnicamente, una «immersive live experience» — studiata da Abramovic-Capasa, e poi la sfilata della collezione pre-fall 2015 di Costume National di cui Capasa è direttore creativo, un concerto di Moby e un video dell’artista Marco Brambilla...

 

«L’idea è di far uscire la personalità degli invitati, tutti avranno addosso un effetto fluorescente e quando caleranno le luci vedremo solo quelli, le facce scompariranno e apparirà un’energia diversa — spiega ancora Capasa — Gli invitati non potranno parlare e avranno delle cuffie: resterà quella fosforescenza così bella, e allora...». «E allora vedremo! — ride Marina —. Centinaia di persone a condividere lo stesso spirito, lo stesso vestito della stessa taglia».

 

Perché, spiega l’artista serba, «è un pigiama-abito, geniale, me ne porterò alcuni in Brasile dove passerò tutta l’estate e li terrò addosso tutto il giorno, un “everyday outfit”, per me un’esperienza nuova perché dormo nuda e il pigiama lo metto quando mi alzo a fare colazione: mi piace pensare che il pigiama che normalmente metti a letto, quando sei solo, quando sogni, al galà di questa sera invece lo indosserai quando sarai in mezzo a tutti gli altri. A concentrarti sulla tua esperienza, la sfilata di Ennio, la musica di Moby, la videoproiezione di Marco Brambilla. Gli invitati saranno in paradiso, ecco perché Heaven, è il titolo perfetto».

 

Marina e Ennio sono amici da molti anni ma non ricordano come si sono conosciuti o meglio hanno ricordi diversi, «e mi piace moltissimo perché questo ci dice una cosa molto interessante su come funzionano i nostri ricordi: conoscevamo già il lavoro l’uno dell’altra (lui è grande appassionato d’arte contemporanea e lei una fashionista senza complessi, ndr ) e quindi è come se ci conoscessimo da sempre. Però ricordo la magnifica macchina dell’espresso nel loro negozio, la dolcezza di sua sorella Rita».

 

Si considerano «famiglia», in italiano, e Ennio spiega che «io sono nato con un eccesso di famiglia, un eccesso straordinario che ti vizia col buon cibo e con tantissimo amore ma a 18 anni mi ha fatto scappare più lontano che potevo perché era soffocante, ma poi col tempo ho capito che è la cosa più fantastica che c’è», mentre Marina dice che «per me è il contrario, odiavo la mia famiglia con la quale ho avuto un rapporto terribile, una dittatura dalla quale sono scappata a 29 anni e finché i miei familiari non sono morti non mi sono sentita libera: la mia famiglia sono i miei amici. Come i Capasa».

 

Una sfilata dopo una performance firmata Abramovic è l’annuncio che le sfilate che si fanno di solito, immutate da un quarantennio ormai, sono al capolinea? Ennio: «Forse internet cambierà le sfilate ma non dimentichiamo che vengono fatte per i buyer: se cambi qualcosa ti dicono “vogliamo vedere i vestiti”, “ this is business ”. Una vecchia mentalità che capisco, e che forse sta cambiando».

 

Marina, della moda, pensa che «Ennio è un esteta che sa andare al cuore della semplicità, un esteta con un senso monastico della linearità. Per me i vestiti sono un’estensione dell’anima. Negli anni 80 Issey Miyake mi disse che faceva abiti larghi per lasciare spazio per l’anima di chi li indossava. Non sono solo cose da indossare. Ennio lo sa».

 

Il galà è dedicato al paradiso, che per Ennio «è il miracolo della nostra coscienza, in questa bolla di tempo che neppure la scienza ha completamente capito cosa sia: credo che il paradiso sia dentro di noi, e sta a noi cercarlo». Per Marina il paradiso è in un verso di Leonard Cohen: «In ogni cosa c’è una fessura / Ecco come fa a entrare la luce». E in questi giorni in cui la tv via satellite ci porta l’orrore delle stragi francesi come reagisce un’artista? Marina si emoziona e dice solo: «Ti faccio vedere una cosa».

 

Si alza in piedi, nella cornice incongrua della «Marilyn Monroe Suite» dell’albergo dove la diva visse tanto tempo fa, e prende qualcosa dalla borsa. «Ero in aereo, due anni fa. Ho ritagliato questa foto che da allora è sempre con me. È la soluzione a tutti i nostri problemi, a tutto il nostro dolore». E l’artista delle performance più discusse e rivoluzionarie del mondo solleva, con dolcezza infinita, un pezzo di carta su cui è stampata l’immagine di papa Francesco che si china a baciare il piede di un detenuto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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