Francesca Frediani per “Il Venerdì di Repubblica”
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Molto prima di Mad Men, molto prima delle agenzie pubblicitarie newyorchesi degli anni Sessanta protagoniste di serie televisive cult, ci sono stati Dorothy e Otis Shepard. Designer degli anni Trenta-Quaranta, due volte moglie e marito, creatori di alcuni dei cartelloni e loghi pubblicitari Usa più famosi, dalle chewing gum Wrigley alle sigarette Chesterfield alle automobili Chevrolet.
Dorothy and Otis. Designing the American Dream di Norman Hathaway e Dan Nadel (Harper Design/Harper Collins Publishers, pp. 251, $ 50), appena uscito in America, è la bella biografia illustrata che racconta la storia, finora semisconosciuta, di un’avventura professionale e di coppia «pionieristica» (come da sottotitolo: The Pioneering Designers of Baseball, Billboards, and Chewing Gum). Otis “Shep” Shepard è un geniaccio del Kansas, un mago dell’aerografo che senza avere finito nemmeno le scuole elementari è diventato l’anima di un’agenzia pubblicitaria di San Francisco.
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Dorothy Van Gorder è una ragazza di buona famiglia, la figlia istruita e bohémien (tra le altre cose pare che amasse prendere il sole nuda sul tetto) di un professore di Berkeley. S’incontrano alla California School of Arts and Crafts di Oakland, dove lei studia e lui recluta talenti per la sua agenzia. Naturalmente la sceglie. Nella foto che li ritrae sulla cover del libro, come nella vita, camminano uno a fianco dell’altra, vestiti di bianco, belli, cool come si addice a una coppia di giovani pubblicitari.
Si sposano nel 1929, in viaggio di nozze volano a Parigi, Zurigo, Vienna, riportandone in valigia il simbolismo, le forme stilizzate, la luce che viene dal basso del design europeo per applicarli al loro lavoro. E in fondo, ossimoro degli ossimori, quelle facce di gente felice che mastica gomma che disegneranno tutta la vita non hanno sorriso americano ma postura rivolta al futuro, proprio come nella miglior propagandistica sovietica?
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Dorothy e Otis lavorano gomito a gomito, prima a New York come freelance, poi sull’isola di Catalina – buen retiro al largo della California del Sud di star come Clark Gable, Betty Grable, Cecil B. DeMille – e la ridisegnano tutta: dai resort ai cartelli stradali ai traghetti.
Ma è qui, mentre lavorano a realizzare il sogno americano di P.K. Wrigley, magnate delle chewing gum e proprietario dell’isola, che s’infrange il sogno privato di Dorothy: Shep va a troppi party, gioca a golf con Stan Laurel e Oliver Hardy, si ubriaca, ha una chiacchieratissima relazione, tra infinite altre, con Lupe Vélez, moglie di Johnny Weissmuller (il Tarzan del cinema).
Mentre lei sta dietro ai due figli (uno affetto da disturbi cognitivi), affronta la perdita di un terzo, disegna (da sola) la pubblicità per la birra Pabst. Ma per fortuna continua ad annotare tutto ciò che accade, come in un diario di bordo affettivo e professionale del loro ménage: è anche grazie a questi appunti di Dorothy che questo libro esiste.
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Poi lui si stabilisce a Chicago, dove disegna le divise per la squadra della Major League di baseball Chicago Cubs, e quelle della All-American Girls Softball League (la squadra femminile di softball protagonista del film Ragazze vincenti, con Geena Davis e Tom Hanks). E lei va a San Francisco, sempre più assorbita dai figli e sempre più dimenticata dalle storiografie ufficiali del design. Negli anni Cinquanta divorziano, ma si risposeranno nel ‘65, come due divi della Hollywood degli anni d’oro.
