ALITALIA-ETIHAD SI FARÀ, CON O SENZA POSTE - CAIO NON NE VUOLE SAPERE DI METTERE SOLDI NELLA BAD COMPANY, E ORA SI CERCANO ALTRI AZIONISTI CHE METTANO (ALMENO) 40 MILIONI PER PRENDERE IL SUO POSTO - GROS-PIETRO: “NON SARANNO LE BANCHE”
1. ALITALIA: GROS-PIETRO ESCLUDE ULTERIORE IMPEGNO DELLE BANCHE
Finanza.com – Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, esclude in maniera categorica, un ulteriore impegno delle banche nel caso in cui di un'uscita di Poste Italiane dalla partita Alitalia. Lo ha detto a margine dell'inaugurazione della Brebemi, come riportato dalle maggiori agenzie di stampa. Il manager ha spiegato che le banche hanno fatto quello che dovevano fare, dicendosi speranzoso che tutti gli elementi che servono all'accordo vadano al loro posto e che il piano industriale possa funzionare così come è stato concepito.
2. ALITALIA-ETIHAD ANCHE SENZA POSTE - È SUL TAVOLO L'IPOTESI DI RICAPITALIZZARE LA COMPAGNIA COINVOLGENDO ALTRI SOGGETTI
Gianni Dragoni per “Il Sole 24 Ore”
Si studia un'ipotesi senza Poste Italiane per realizzare la ricapitalizzazione di Alitalia che è necessaria per la continuità aziendale della compagnia – altrimenti dovrebbe portare i libri in Tribunale – e per l'intesa con Etihad. È in corso una conta tra gli azionisti della compagnia presieduta da Roberto Colaninno per vedere chi, oltre alle banche, sottoscriverà l'aumento da almeno 200 milioni di euro, ma la cifra potrebbe salire, e soprattutto chi potrebbe coprire la quota che Poste, azionista di Cai con il 19,48%, non intende sottoscrivere: sono almeno 40 milioni che mancano all'appello.
Si cerca tra i soci Cai ma anche fuori. È l'ipotesi di lavoro emersa dopo che il consiglio di amministrazione di Poste ieri ha confermato le condizioni per partecipare alla ricapitalizzazione di Alitalia-Cai già comunicate dall'a.d., Francesco Caio, in una lettera il 18 luglio. La lettera è andata di traverso alle banche, guidate da Intesa Sanpaolo e Unicredit.
I banchieri leggono nella posizione di Caio un «disallineamento» della posizione in cui si troverebbero i soci di fronte a ulteriori oneri per le pendenze legali del passato o a un ulteriore fabbisogno di cassa di Alitalia rispetto al budget 2014: le banche risponderebbero dei maggiori oneri, le Poste invece no perché Caio non vuole mettere soldi nell'Alitalia-Cai, che considera una bad company, ma investirebbe solo nella nuova compagnia che nascerebbe dallo scorporo delle attività di volo di Cai e nella quale entrerebbe, con il 49%, Etihad. Poste avrebbe il 5%, secondo lo schema di Caio, che chiede inoltre di vendere biglietti Alitalia negli uffici postali.
Caio ragiona come James Hogan, l'a.d. di Etihad che ha imposto condizioni dure per iniettare 560 milioni in Alitalia: «se volete che metta soldi togliete le pendenze legali del passato e i debiti finanziari che la gestione non può sostenere», è il ragionamento fatto da Hogan e anche da Caio. Malgrado le pressioni su Poste per mitigare questo rigore, in una nota Poste ha spiegato che il cda «ha fatto il punto sulle linee guida del nuovo piano industriale e ha esaminato l'impostazione data da Poste Italiane alla partecipazione all'operazione Alitalia-Etihad condividendone la logica industriale e di mercato».
Il governo intanto – ha detto il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi – ha inviato le risposte alla Ue che aveva chiesto chiarimenti sull'intervento di Poste nel capitale di Alitalia in dicembre con 75 milioni, per il sospetto di «aiuti di Stato» e sull'operazione con Etihad.
Le banche sono indispettite con Caio perché hanno già accettato le condizioni poste da Hogan, cioè la cancellazione di 560 milioni di debiti finanziari di Alitalia.
Lo schema di accordo (non ancora perfezionato) prevede che un terzo di questi debiti venga cancellato e due terzi convertiti in capitale dell'Alitalia-Cai. Insieme a Intesa e UniCredit, sono coinvolte Mps e Popolare di Sondrio, la più restia ad accettare il sacrificio sui crediti. Come reagiranno adesso? «Noi banche abbiamo fatto quello che ci è stato chiesto», ha detto ieri Federico Ghizzoni, a.d. di UniCredit. «Quello che ci è stato chiesto è stato negoziato, è stato concordato ed è sul tavolo. Quindi – ha puntualizzato Ghizzoni – noi abbiamo finito il nostro compito, ora vediamo come le cose vanno avanti».
Ora con il governo si cerca una mediazione, un compromesso, «si studia un'ipotesi senza Poste, tutte le ipotesi sono aperte», ha riferito al Sole 24 Ore una fonte autorevole. Si è tentato anche di coinvolgere i più grandi tra i piccoli soci di Cai, come Antonio Percassi entrato in dicembre con 15 milioni (ha il 3,9%) o Davide Maccagnani salito al 3,69 per cento.
Finora però non si è trovata la chiave del rebus. «Dopo settimane, mesi di duro lavoro stiamo ormai a un passo dal punto di svolta per Alitalia», hanno detto in una lettera ai dipendenti il presidente Colaninno e l'a.d. Gabriele Del Torchio, precisando che «non c'è più tempo».
Un accordo va trovato entro dopodomani, quando l'assemblea di Alitalia chiamata ad approvare il bilancio 2013, con 568,6 milioni di euro di perdita consolidata e 27 milioni di patrimonio netto negativo, dovrà approvare anche la ricapitalizzazione, come «equity commitment». Altrimenti addio continuità aziendale. E, forse, addio Etihad.