Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Meno tasse per le banche e via le norme che favoriscono i consumatori. Al Tesoro, in gran segreto, stanno studiando una serie di interventi in favore degli istituti di credito: fonti ben informate raccontano che gli esperti del ministero dell’Economia stiano preparando un pacchetto di sconti fiscali (dall’Irap all’Ires) e altri interventi nel settore finanziario, tra cui la reintroduzione di una penale per l’estinzione anticipata dei «mutui casa» e la cancellazione dei tetti per le vecchie commissioni di massimo scoperto.
L’ultima parola spetta al premier, Matteo Renzi. Ma il suo braccio destro, Graziano Delrio, non sarebbe contrario, in linea di massimo, a dare seguito alle richieste del gotha della finanza tricolore. Del resto, è stato proprio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio il primo esponente dell’esecutivo a dare ascolto agli sherpa delle banche, in una riunione riservata, nella prima settimana di maggio.
Occasione nella quale, la lobby bancaria ha cercato di accompagnare la protesta e la richiesta di correzioni normative con argomentazioni robuste. In sostanza, a Delrio è stato spiegato che banche sane fanno bene all’economia e che gli utili del settore, attraverso aumenti di capitale e rafforzamenti patrimoniali, si riversano con effetti positivi in particolare sui prestiti a imprese e famiglie.
Mercoledì prossimo toccherà invece al titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, andare direttamente in casa della Confindustria del credito, in un incontro dal copione già scritto. Sarà il presidente dell’Abi a illustrare il cahier de doléances dell’industria bancaria con i «colleghi» pronti a sostenerlo. A scatenare l’ira dei banchieri è stato, in particolare, il decreto Irpef, quello sul «bonus 80 euro».
MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN
Il governo aveva bisogno di quattrini e li ha trovati anche con alcuni inasprimenti tributari ingoiati (e non ancora digeriti) dagli istituti: l’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie (dal 20 al 26 per cento), la sforbiciata alle commissioni sul pagamento delle tasse coi modelli F24, l’incremento dal 12 al 26 per cento del prelievo sull’aumento del capitale di Banca d’Italia. Di qui il pressing su Palazzo Chigi per ottenere riforme gradite, quasi fossero un risarcimento.
È il versante «tasse» quello che sta più a cuore alle banche: gli istituti stanno negoziando una riduzione della super addizionale Ires o una compensazione con altre imposte; in ballo c’è pure un taglio all’Irap, con una restrizione della base imponibile cancellando parzialmente il costo del lavoro.
A via Venti Settembre il fascicolo è in fase avanzata. Tant’è che sarebbero già pronte alcune bozze di provvedimento per assecondare i «desideri» targati Abi. Tuttavia vanno sciolti alcuni nodi, politici e finanziari: Renzi non vuole dare la sensazione di favorire le banche, perché perderebbe consenso. Non è escluso, quindi, uno spacchettamento delle misure tra decreti legge, disegni di legge ed emendamenti a testi già all’esame del Parlamento: una sorta di depistaggio.
Restano da capire i risvolti economici, specie per i provvedimenti di carattere fiscale che vanno «coperti» con fondi. Mentre non ci sono ostacoli finanziari - solo ragioni di opportunità politica - sul fronte dell’annullamento della norma, introdotta nel 2007 dall’allora ministro per lo Sviluppo, Pier Luigi Bersani, che ha azzerato i costi a carico dei clienti che vogliono estinguere i mutui in anticipo né per l’eliminazione dei tetti alle commissioni per affidamenti» o «sconfinamenti» di conto: così chi vuole smettere di pagare le rate deve pagare dazio e il correntista che va in rosso tornerà a essere stangato dalla banca.