HACKING FUGA! L’EX AMBASCIATORE USA RONALD SPOGLI E LE FIDUCIARIE DELLA FAMIGLIA AGNELLI ESCONO DALLA “INNOGEST”, SOCIETÀ CHE DETIENE IL 26% DEL CAPITALE DI “HACKING TEAM” - LA SOCIETÀ CHE VENDE SOFTWARE SPIA AI SERVIZI SEGRETI L’ESTATE SCORSA HA SUBÌTO UN MEGA ATTACCO INFORMATICO

C'è un altro azionista indiretto che sta disperatamente cercando di liberarsi della partecipazione nella società degli spioni. Si tratta della regione Lombardia guidata da Roberto Maroni, che per il tramite della Finlombarda Gestioni (società della finanziaria regionale Finlombarda) detiene ancora il 26,03% nella Hacking Team... -

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Stefano Sansonetti per La Notizia www.lanotiziagiornale.it

HACKING TEAM HACKING TEAM

 

Un fuggi fuggi dalla società degli “spioni”. Del resto, per la Hacking Team, sono stati mesi a dir poco nebulosi. Parliamo della società milanese che produce “materiale” sensibile, ovvero software spia (legali) venduti ai servizi segreti di mezzo mondo. E che nel luglio del 2015 era assurta agli onori della cronaca per aver subìto un clamoroso attacco informatico, con la sottrazione di 400 giga di file riservati. Il tutto ha innescato due inchieste da parte della procura di Milano.

 

DAVID VINCENZETTI - HACKING TEAM DAVID VINCENZETTI - HACKING TEAM

frattempo, però, in questi sei mesi sono cambiate diverse cose nella compagine degli azionisti indiretti della società. Ora come allora la Hacking Team fa principalmente capo al suo amministratore delegato David Vincenzetti (32,85%) e a due società di gestione, la Innogest sgr (26,03%) e la Finlombarda Gestioni (26,03%). Ebbene, abbiamo parlato di azionisti indiretti perché grandi cambiamenti si sono registrati proprio nel capitale della Innogest.

 

LE NOVITA’

Qui, nel luglio del 2015, accanto ai principali soci Claudio Giuliano e Marco Pinciroli, sedeva con un 10% nientemeno che l’ex ambasciatore americano in Italia Ronald Spogli. Una presenza che aveva sollevato non pochi interrogativi. Ebbene, nell’ultimo azionariato di Innogest il diplomatico statunitense non compare più. Avrà deciso di abbandonare una partecipazione nel frattempo diventata troppo visibile e scomoda? Vai a sapere.

 

HACKING TEAM HACKING TEAM

Ma nel luglio del 2015 nel capitale della Innnogest, con un 15%, c’era pure una società che si chiama Ersel Investimenti. All’epoca la stessa Ersel faceva capo a due fiduciarie, la Nomen e la Simon, che a loro volta erano riconducibili a una terza fiduciaria, la Sogefi. Ora, è appena il caso di ricordare che la fiduciaria è uno strumento perfettamente legale, che però viene utilizzato per schermare i suoi veri proprietari.

 

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Ad ogni buon conto, almeno formalmente, sempre all’epoca dei fatti la fiduciaria Sogefi faceva capo alla famiglia di Franzo Grande Stevens, storico avvocato della famiglia Agnelli. Senza contare che, sempre formalmente, nella fiduciaria Nomen erano coinvolti come azionisti di minoranza Angelo Benessia e Cesare Ferrero, due professionisti torinesi storicamente vicini alla famiglia Agnelli. Insomma, quando la Hacking Team subì il clamoroso attacco informatico tra i suoi azionisti indiretti c’erano fiduciarie con dietro profili legati agli Agnelli.

 

IL DETTAGLIO

HACKING TEAM HACKING TEAM

Ma nella nuova compagine azionaria della Innogest non c’è più traccia della Ersel e di tutto ciò che aveva dietro. Anche in questo caso partecipazione diventata troppo scomoda? Di certo la Innogest ora è partecipata solo dai suoi fondatori e partner. Ma tornando alla Hacking Team, c’è un altro azionista indiretto che sta disperatamente cercando di liberarsi della partecipazione nella società degli spioni. Si tratta della regione Lombardia guidata da Roberto Maroni, che per il tramite della Finlombarda Gestioni (società della finanziaria regionale Finlombarda) detiene ancora il 26,03% nella Hacking Team. Già il 6 luglio del 2015 la Finlombarda aveva provato con un annuncio a cedere il 100% della Finlombarda Gestioni (con dentro la scomoda partecipazione). Adesso, in particolare con un invito dello scorso 15 gennaio 2016, la Finlombarda sta riprovando a trovare acquirenti. Sarà la volta buona?

 

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