LA MARCIA FUSIONE UNIPOL-FONSAI - IL DUBBIO DI MOLTI È CHE LA TESI CARA AL DOMINUS DELL’OPERAZIONE, LA MEDIOBANCA DI NAGEL, CHE SIA UNIPOL A DOVER SALVARE FONSAI, POTREBBE ESSERE RIBALTATA. MA UNA CORALE VOLONTÀ “DI SISTEMA” IMPONE CHE TUTTA LA POLVERE FINISCA SOTTO IL TAPPETO

Giorgio Meletti per Il Fatto

‘'Tutte le autorità di vigilanza, dall'Antitrust all'Ivass alla Consob, hanno profuso nell'analisi di questa operazione il massimo livello di rigore possibile". Il 28 ottobre scorso l'amministratore delegato della Unipol, il quarantottenne Carlo Cimbri, ha involontariamente sintetizzato il senso dell'inchiesta sulla fusione tra la compagnia assicurativa delle coop rosse e la Fonsai di Salvatore Ligresti.

Il vigilato che dà la pagella ai vigilanti e si congratula per la loro severità, proprio mentre la procura di Milano indaga sull'ipotesi opposta, per la quale lo stesso Cimbri ha ricevuto nei giorni scorsi un avviso di garanzia.

Agli atti dell'inchiesta condotta dal pm Luigi Orsi c'è una testimonianza che smonta la tesi della severità, quella di Giovanni Cucinotta, dirigente della vigilanza dell'Authority per le assicurazioni, l'Isvap (oggi ribattezzata Ivass). La storia di Cucinotta è travagliata. È stato a capo del settore che si occupava della Fonsai di Ligresti, fino a quando è stato tolto di mezzo dall'allora presidente dell'Isvap Giancarlo Giannini, il quale è indagato per corruzione: l'ipotesi accusatoria è che avrebbe chiuso un occhio sugli equilibri patrimoniali traballanti della Fonsai in cambio della promessa di Ligresti di perorare presso l'amico premier Silvio Berlusconi la causa di una sua promozione alla presidenza dell'Antitrust.

Cucinotta è stato sfortunato. L'hanno mandato a dirigere il settore che vigilava sull'Unipol, così si è trovato tra i piedi la procedura della fusione tra la compagnia bolognese e Fonsai. E anche stavolta non ha avuto vita facile.

Interrogato da Orsi, rievoca: "Nella vicenda dell'integrazione Unipol-Fonsai ho notato con perplessità e disappunto che tutte le volte che il vice direttore generale Flavia Mazzarella incontra gli esponenti di Unipol la struttura di vigilanza interviene in un momento successivo all'incontro o viceversa Mazzarella e Cimbri continuano la riunione dopo che noi della vigilanza ce ne andiamo. Ho potuto rilevare che Mazzarella e Cimbri si danno del tu e discutono anche in privato. Questa circostanza mette a disagio le strutture tecniche dell'istituto, perché non è mai del tutto chiaro cosa i due si sono detti o si diranno prima o dopo le riunioni cui partecipiamo noi della vigilanza".

Il dettaglio più incredibile di questa testimonianza è la data: 21 aprile 2012. La fusione Unipol-Fonsai sta muovendo i primi passi e già nella vigilanza emergono le forti perplessità dei funzionari che fanno il loro mestiere. La procura di Milano raccoglie queste testimonianze allarmate ma non succede niente.

Al centro dell'analisi dei tecnici c'è la solidità patrimoniale di Unipol. Il dubbio di molti è che la tesi cara al dominus dell'operazione, l'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel, cioè che sia Unipol a dover salvare Fonsai, potrebbe essere ribaltata. Ma una corale volontà "di sistema" impone che tutta la polvere finisca sotto il tappeto.

Già un mese prima di Cucinotta era stato Fulvio Gismondi, consulente della Fonsai, a spiegare a Orsi la puzza di bruciato intorno all'operazione, cioè la volontà "istituzionale" di indirizzare l'operazione sui binari voluti da Mediobanca prima ancora che gli esperti finissero i loro calcoli.

Gismondi detta a verbale nel marzo 2012: "Il lavoro dell'Isvap è ancora in corso e ovviamente non si sa ufficialmente quale ne sarà l'esito. Debbo comunque riferire che Carlo Cimbri mi ha detto il 21 marzo scorso, in un incontro tenutosi a Roma nella sede di Unipol alle 16,30, che Giannini gli aveva detto che avrebbe assicurato l'operazione".

Quel giorno Cimbri era appena stato all'Isvap con il presidente dell'Unipol Pierluigi Stefanini. "Con quell'incontro - spiega Gismondi - Cimbri voleva farmi capire che l'operazione era gradita ai più alti livelli istituzionali"'.

Stefanini è il capo della congiura dei boiardi dei supermercati, cassaforte del sistema coop rosse e azionisti dominanti di Unipol, che a fine 2005 fanno fuori Giovanni Consorte dopo il fallimento della scalata alla Bnl ("abbiamo una banca"). Cacciano il numero uno al primo avviso di garanzia e piazzano al suo posto lo stesso Stefanini. Consorte dichiara odio eterno a Stefanini e all'altro giustizialista, Claudio Levorato di Manutencoop, oggi indagato in varie inchieste tra cui lo scandalo Expo, ma poco propenso a dimettersi dalla presidenza che occupa da 30 anni.

Stefanini chiama alla guida operativa di Unipol un banchiere blasonato come Carlo Salvatori, ex Banca di Roma, forse indicato da Romano Prodi con cui è in grande amicizia. Poi gli affianca come direttore generale Cimbri, vero braccio destro di Consorte nella finanza, e quindi anche nella scalata Bnl.

Ma Cimbri, che nella sua vita di manager ha lavorato solo all'Unipol e solo a Bologna, è bravissimo a conquistarsi la fiducia di un mondo cooperativo che si è sentito tradito da Consorte ma minacciato da Salvatori.

Il manager che viene da Roma fa cose mai viste: istituisce un albo fornitori e introduce le gare per la massa di acquisti, circa 300 milioni all'anno, fino a quel momento riserva di caccia esclusiva delle coop emiliane. Non solo: scopre che nelle oltre 50 società controllate di Unipol ci sono pletorici consigli d'amministrazione affollati da manager cooperativi, mandati dagli azionisti ad arrotondare il loro sobrio tenore di vita coop.

Scopre insomma che il favoloso mondo coop emiliano somiglia alle municipalizzate di Napoli. Salvatori azzera i consigli, e firma così la sua condanna a morte. Nel giro di un paio d'anni è già fuori, e Cimbri, il manager più amato dal mondo cooperativo, prende il suo posto.

Cimbri è un mago delle relazioni politiche. Sa che nel declino di Berlusconi c'è feeling tra gli ex comunisti e Giulio Tremonti. Per caso, da altra inchiesta, si scopre che l'avvocato Dario Romagnoli dello studio Tremonti discute nella sede bolognese dell'Unipol con l'ex numero due della Guardia di Finanza, Emilio Spaziante, come far fuori un altro funzionario scomodo che intralcia l'operazione Unipol-Fonsai, Marcello Minenna della Consob, la vigilanza sulle società quotate in Borsa.

Romagnoli chiama subito Tremonti e gli suggerisce di suggerire l'eliminazione di Minenna al presidente della Consob. Che si chiama Giuseppe Vegas ed era viceministro di Tremonti prima di essere promosso alla Consob.

 

RENATO PAGLIARO E ALBERTO NAGEL DAL CORRIERE jpegIL PAPELLO TRA NAGEL E LIGRESTI angi33 vegas tremonti pedulla ponzelliniDARIO ROMAGNOLI SOCIO TREMONTfassino pierluigi stefanini lapCARLO CIMBRI jpegCarlo SalvatoriALBERTO NAGEL E SALVATORE LIGRESTI

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

HA RAGIONE VANNACCI: È DAVVERO IL MONDO AL CONTRARIO – IL VERTICE DELLA CASA BIANCA, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA, È STATO IL PIÙ SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE – LA REGIA TRUMPIANA HA MESSO GIORGIA MELONI, NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL” DEL “MAGA”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, RISPETTIVAMENTE ALLA SINISTRA E ALLA DESTRA DI “DONALD CORLEONE''. MERZ, STARMER. E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO SI È RAGGIUNTO QUANDO, IN BARBA A OGNI PRASSI DIPLOMATICA, TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO – E QUANDO MERZ HA PROVATO TIMIDAMENTE A INSISTERE SULLA NECESSITÀ DELLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI E SMORFIE DA NAUSEA: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE ''THE GREAT DONALD''? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

C’È FRANCO E FRANCO(FORTE) - SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI IN ITALIA PESA COME UN MACIGNO L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - GIÀ OGGI, PUR AVENDO IL 30 PER CENTO DI MEDIOBANCA, I DUE RICCONI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE DELLA BANCA PERCHÉ NON SONO “HOLDING BANCARIE” REGOLATE DALLA BCE (E CE MANCHEREBBE CHE PER FARE OCCHIALI O CEMENTO UNO SI METTE IN CASA GLI ISPETTORI DI FRANCOFORTE) - DOMANI AVRANNO IL CONTROLLO DI MPS E SI TROVERANNO NELLE STESSE CONDIZIONI, CIOÈ SENZA POTER TOCCARE PALLA. COSA SUCCEDERÀ ALLORA IN MEDIOBANCA E GENERALI DOPO L’8 SETTEMBRE? SI PROCEDERÀ PER ACCORDI SOTTOBANCO TRA AZIONISTI E MANAGER CON LA BENEDIZIONE DEL GOVERNO, O SI PROCEDERÀ ALLA LUCE DEL SOLE SEGUENDO LE REGOLE EUROPEE? AH, SAPERLO…

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?