MILANO NON VENDE PIÙ MODA - IL TAR BOCCIA LA NUOVA GALLERIA, A RISCHIO LE SPONSORIZZAZIONI PRADA E VERSACE - IL SINDACO PISAPIA: “NON SI PUÒ VIVERE DI CODICILLI, PRIMA DELLO SBLOCCA-ITALIA, SERVE LO SBLOCCA-BUROCRAZIA”
Da “Il Sole 24 ore”
Si fa presto a chiamare a raccolta sponsor e investimenti per valorizzare il patrimonio culturale italiano. Ma da Milano a Pompei, i privati spesso faticano a contribuire in modo concreto, e non per loro volontà. È sulla sentenza del Tar Lombardia che interviene il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia: «Pur rispettando le valutazioni dei giudici, credo sia urgente e necessario rendere più celere l'iter amministrativo ed eliminare quei "codicilli" che spesso bloccano i lavori».
I giudici amministrativi hanno giudicato «illegittima» la delibera comunale firmata dallo stesso Pisapia nel 2012 che imponeva il raddoppio degli affitti nei negozi in Galleria Vittorio Emanuele, in caso di subentro a contratti di affitto esistenti. Oggi la sentenza, che è immediatamente esecutiva, minaccia tutti i contratti derivati da quella delibera, cioè quelli firmati da Armani, Prada e Versace. Agli ultimi due, in particolare, è legata la sponsorizzazione dei lavori di restauro del cosiddetto "salotto di Milano": Prada, Versace e Feltrinelli si sono impegnate insieme per un totale di 3 milioni di euro.
galleria vittorio emanuele mcdonalds milano
Il Comune è deciso ad andare in appello: «Le sentenze - afferma Pisapia - si rispettano e si impugnano quelle che non si condividono. Siamo colpiti che non siano state comprese le finalità volte ad una maggiore trasparenza e ad eliminare quella discrezionalità in mano alla pubblica amministrazione, che spesso in passato ha generato ingiustizie. Oltre al restauro, inoltre, le maggiori potenzialità economiche a vantaggio della collettività hanno permesso ad esempio alcuni interventi sulle case popolari che altrimenti non sarebbero stati possibili, a causa dei continui tagli alle risorse definiti a livello centrale».
miuccia prada e Patrizio Bertelli
Contestualmente alla richiesta di appello, l'amministrazione chiederà la sospensione cautelare della sentenza, per eliminarne gli effetti. «Se non la ottenesse il Comune non può rimanere con le mani in mano», afferma l'avvocato Guido Inzaghi, ma «è tenuto ad aprire un procedimento per decidere se annullare in autotutela i contratti derivati dalla delibera del 2012 oppure confermarli, ma in virtù della normativa precedente del 2007 che concedeva il cambio di insegna «solo in casi eccezionali e verificato l'interesse pubblico», ricorda Inzaghi.
Senza, comunque, potersi mettere al riparo da eventuali ricorsi da parte di terzi. «Se dovessimo - precisa il sindaco Pisapia - utilizzare gli strumenti di autotutela , facendo riferimento alla discrezionalità contenuta nella delibera del 2007, siamo convinti che sia possibile trovare una soluzione per evitare conseguenze negative sui contratti stipulati finora e senza danni per la collettività. Colpisce, comunque, che si arrivi oggi ad un giudizio su una delibera di due anni fa».
DONATELLA VERSACE E LADY GAGA A MILANO
Per la decisione del Consiglio di Stato, infatti, potrebbe volerci altri due anni. «Un'altra strada - ricorda l'avvocato Inzaghi - è quella della trattativa con il ricorrente, in questo caso la Viganò Alta Moda Srl: anche Armani, Versace e Prada potrebbero presentare un intervento "ad adiuvandum" per sostenere l'appello del Comune di Milano e, anche tramite avvocati, convincere il ricorrente a depositare una rinuncia.
«Oggi accade continuamente che ricorsi al Tar spesso infondati - afferma Pisapia - blocchino decisioni giuste e lavori fondamentali per la collettività. Proprio mentre gli enti locali sono accusati di non riuscire a rispondere alle esigenze dei cittadini, colpisce che venga letta così una delibera che puntava a valorizzare il bene pubblico e raccogliere fondi per finalità sociali».
DONATELLA VERSACE E LADY GAGA A MILANO
La giunta Pisapia, di fatto, stava già valutando la riscrittura integrale delle regole per la concessione degli spazi in Galleria, tanto più in seguito all'indagine avviata a maggio dalla Corte dei Conti per danno erariale: secondo i giudici contabili, con gli ultimi contratti "firmati" il Comune avrebbe accettato una somma inferire a quella percepibile, accontentandosi del raddoppio del canone. «Le posizioni della Corte dei Conti e del Tar Lombardia confliggono tra loro - conclude l'avvocato - e il Comune si trova in una posizione strana: da un lato viene accusato di averlo fatto solo per soldi, dall'altro di averlo fatto per troppi pochi soldi».
Le occasioni di questo tipo, per coniugare interessi pubblici e privati, in Italia non mancano. In questo modo da un lato si sopperisce alla conica mancanza di risorse, dall'altro chi investe porta a casa enormi ritorni di immagine. Non a caso molte amministrazioni hanno scelto la formula delle sponsorizzazioni per finanziare interventi su beni architettonici altrimenti destinati al degrado.
«Prima ancora dello sblocca-Italia, in Italia oggi serve lo sblocca-burocrazia», afferma Pisapia. «La semplificazione e l'introduzione di meccanismi di deduzione fiscale sono il vero presupposto per sbloccare l'Italia, altrimenti anziché superare la crisi rischiamo di farci affossare», conclude il sindaco di Milano.
Oltre al restauro della Galleria, a Milano sono numerosi gli interventi che vedono protagonisti i privati: per un valore di circa 140mila euro la Rinascente e la società di gestione del risparmio Idea Fimit hanno finanziato la riqualificazione di via Radegonda, adiacente a piazza Duomo;
grazie al contributo di Louis Vuitton (gruppo LVMH Spa) il Comune ha potuto procedere alla riqualificazione di via Foscolo; nel nuovo quartiere di Citylife saranno finanziati dai privati il parco delle Sculture e l'asilo nido pubblico; la società 18 Montenapoleone Retail Consultancy&Brokerage ha deciso di donare l'1% del suo fatturato per sostenere la scuola civica d'arte e messaggio; la società di Giorgio Armani collaborerà con l'amministrazione nella riqualificazione dell'edificio industriale dismesso di via Bergognone, per trasformarlo in un nuovo spazio espositivo per la moda e il design a Milano.
Chairman and CEO Bernard Arnault on LVMH
«Se non avessimo il contributo dei privati - conclude il sindaco di Milano - molti interventi legati alla cultura, al welfare e alla valorizzazione dei beni pubblici, non riusciremmo a farli con le nostre risorse».