NON TI PAGO! SOLO IL 36,2% DELLE AZIENDE PAGA I FORNITORI NEI TEMPI STABILITI DAL CONTRATTO ANCHE SE IL PEGGIOR PAGATORE RESTA LO STATO - RISPETTO AL 2009 I FALLIMENTI IN ITALIA SONO CRESCIUTI DEL 66,3%
Attilio Barbieri per “Libero Quotidiano”
Nessuno paga più nessuno. Se la pubblica amministrazione continua a essere il peggior pagatore del Paese, anche i privati non scherzano. E secondo l' ultima analisi diffusa dal Cribis, società specializzata nelle informazioni sulla solvibilità delle imprese, la situazione sta peggiorando. La percentuale dei pagamenti puntuali non è mai stata così bassa come a giugno 2015, periodo dell' ultima rilevazione: appena il 36,2% delle aziende, dunque circa un terzo, paga nei tempi stabiliti dal contratto.
Andava meglio addirittura nel 2010, annus horribilis della recessione, quando i puntuali erano un punto percentuale sopra il dato attuale. «Le imprese oggi operano in un ambiente molto più rischioso e complesso rispetto al passato», spiega Marco Preti, amministratore delegato del Cribis, «con fallimenti più frequenti, maggiore volatilità nell' affidabilità delle controparti, forte rischio di ritardi e insoluti anche dai clienti storici più fidelizzati». Insomma l' incertezza segna la stragrande maggioranza delle transazioni fra privati.
GRANDI RITARDATARI
Per contro ha smesso di crescere la percentuale dei grandi ritardatari che saldano le fatture oltre 30 giorni dopo la loro scadenza. Nel 2010 erano appena il 5,5% ma sono saliti al 15,7% alla fine dello scorso anno, per ridursi al 15,3% a giugno scorso. Una quota sempre molto elevata, che però non aumenta più.
CREDIT CRUNCH - I PRESTITI A FAMIGLIE IMPRESE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Vale la pena di segnalare che ai primi 5 posti nella classifica delle provincie più puntuali d' Italia ce ne sono ben 5 lombarde: Sondrio, Lecco, Bergamo, Brescia e Mantova.
Mentre il meridione domina il tabellone dei peggiori pagatori. Agli ultimi posti figurano Agrigento, Caltanissetta, Vibo Valentia e Reggio Calabria. In coda a tutte Caserta.
EFFETTO DOMINO
Dopo il ciclone della crisi, i ritardi nei pagamenti sono stati amplificati dall' effetto contagio. Anche imprese con una lunga tradizione di serietà e puntualità alle spalle sono finite nel gorgo dei "morosi". «Il fenomeno si è molto diffuso nelle filiere più colpite dalla crisi», spiega a Libero Marco Accornero, segretario generale dell' Unione artigiani, «ad esempio nelle costruzioni e ha colpito indistintamente tutte le tipologie di operatori: imprese edili, idraulici, elettricisti e perfino mobilieri.
Un po' tutti sono stati costretti a concedere dilazioni di pagamento più o meno lunghe ai clienti, con l' effetto che per lungo tempo i pagamenti si attendevano per mesi, se non per anni. A peggiorare la situazione ci si sono messe le banche che nelle fasi più difficili della recessione hanno smesso di concedere credito per la liquidità, proprio quello grazie al quale gli imprenditori in difficoltà riescono a saldare le fatture dei fornitori, le bollette e pagare gli stipendi ai dipendenti».
I SOLDI DI DRAGHI
E proprio su questo versante, sempre secondo l' Unione artigiani, arrivano i primi segnali positivi. Ma con un' intensità tale da non indurre soverchi ottimismi. «Della liquidità immessa nel sistema dal numero uno della Bce Mario Draghi», conferma Accomero, «si sono perse le tracce. Alle imprese arrivano soltanto le briciole della grande torta del quantitative easing. Mi spiego proprio così i dati sull' ulteriore calo dei pagatori puntuali rilevato dal Cribis».
A confermare la persistente difficoltà del sistema imprenditoriale italiano e a spiegare l' elevato tasso di morosità, ci sono i dati rilevati sul nostro paese dall' Ocse, l' Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. In Italia resta purtroppo altissimo il numero dei fallimenti: siamo uno dei pochi Paesi tra quelli monitorati che continua ad avere un numero di aziende fallite nettamente superiori rispetto ai livelli pre-crisi.
PRIMI IN BANCAROTTA
Rispetto al 2009 i crac nella Penisola sono cresciuti del 66,3%, dai 9.383 del 2009 ai 15.605 del 2014. In tutte le altre grandi economie, a cominciare da Germania, Francia e Gran Bretagna, il numero delle imprese che hanno dichiarato bancarotta è inferiore a quello rilevato nel 2008. Un dato che trova una triste conferma proprio nel confronto fra i nostri tempi medi di pagamento fra privati e quelli rilevati negli altri Paesi.
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A compilare quest' ultima classifica ci ha pensato il centro studi della Cgia di Mestre.
E qui, purtroppo, vantiamo il primato dei peggiori pagatori d' Europa. Le nostre imprese impiegano in media 80 giorni, poco meno di tre mesi, per saldare le fatture, contro i 70 rilevati in Portogallo e Spagna, i 50 della Francia, i 21 della Gran Bretagna e i 17 della Germania.
Ci batte, anzi, ci surclassa, perfino la Grecia con un tempo medio di 31 giorni. Forse non è soltanto questione di liquidità negata dalle banche, visto che ad Atene e dintorni da qualche anno ne gira molto meno della nostra. Il sospetto, avallato anche da alcune società di analisi finanziaria, è che in molti ci marcino. Approfittando delle difficoltà generalizzate per dilatare oltre il necessario i tempi di pagamento.
I PIÙ LITIGIOSI
La riprova che vi sia qualcosa di sbagliato nei rapporti fra imprese arriva anche dai dati sul tasso di litigiosità che ci vede ugualmente ai vertici nella classifica europea, superati soltanto dalla Spagna dove si registrano 3.828 iscrizioni di cause in primo grado ogni 100mila abitanti. Poi arriva proprio l' Italia, con 2.613 contenziosi, seguita da Francia (2.575 iscrizioni) e Germania (2961).
Nelle ultime posizioni la Svezia con 685 cause sui soliti 100 mila cittadini. E proprio l' esito delle controversie che finiscono in tribunale è uno dei motivi che fa preferire agli investitori stranieri Paesi diversi dal nostro, dove occorrono ben 7 anni per risolvere un contenzioso civile.