DAGOANALISI
La vera notizia non è che l’ottimo Ezio Mauro dopo vent’anni lasci da vincitore (in edicola) la direzione di Repubblica. La sua uscita era nell’aria da almeno un anno, ma il suo editore Carlo De Benedetti e il fondatore del quotidiano, Eugenio Scalfari, l’avevano convinto a restare alla guida del giornale di largo Fochetti.
No, a provocare sorpresa è che sarà Mario Calabresi a sostituire Mauro. E non si tratta del solito outsider o di un nome pescato nel solito mazzo ristretto di papabili. Calabresi, pur avendo già lavorato a Repubblica, è legato da tempo a filo doppio con i nipoti dell’Avvocato. E la scorsa primavera era stato il candidato ufficiale dell’azionista di maggioranza dell’Rcs - l’Exor degli Agnelli con il 16% -, alla guida del Corriere.
Appare allora davvero impensabile che Mariopio abbia rotto bruscamente i ponti con la casa madre non senza aver concordato l’uscita con John Elkann. E appare altrettanto poco plausibile che De Benedetti abbia agito alle spalle degli Agnelli e, soprattutto, di Sergio Marchionne che incontra spesso nei suoi nuovi uffici di Lugano.
La stessa tempistica del cambio di guardia, Mauro lascerà la poltrona soltanto il prossimo 15 gennaio, rivela che dietro quest’operazione si nasconda un “patto di Torino” tra gli eredi Agnelli e l’Ingegnere destinato in futuro – come già rivelato da Dagospia - a modificare in profondità l’intero sistema informativo della carta stampata che avrebbe la benedizione anche del premier cazzaro Renzi.
MONTEZEMOLO MARIO CALABRESI JOHN ELKANN ANDREA AGNELLI
Uno scenario (o, meglio, edorsement) in cui viene ulteriormente ridimensionato il ruolo del Corriere nella mani di un azionariato litigioso (Rcs) che da tempo avrebbe dovuto portare i libri in tribunale. Un’azienda sommersa da una montagna di debiti che dopo essersi venduta anche la sede storica di via Solferino, alienato a prezzi stracciati il settore libri e buttato, alienato in mezzo a una strada centinaia giornalisti e di maestranze, non è neppure in grado di rimborsare a breve le banche creditrici con il titolo in borsa sceso a livelli di junk bond.
La lunga crisi dell’ex Rizzoli dopo la rottura del “patto sindacato” non sembra così arrestarsi. E nessuno dei soci vuole mettere mano al portafogli per un aumento di capitale (200 milioni) che potrebbe almeno assicurare nell’imminente futuro lo stipendio ai dipendenti. Anzi. Tutti gli azionisti forti vogliono scappare da via Solferino. Il primo a tagliare la corda, sia pure alla chetichella e con la coda tra le gambe, è stato il suo santo protettore, Abramo Bazoli (Banca Intesa) dopo essere stato preso a pesci in faccia da Dieguito Della Valle.
renzi elkann marchionne a melfi
Per non farsi mancare nulla lo scarparo di Casette d’Ete, anche lui in fuga da via Solferino soprattutto se scenderà in politica, ha insultato a sangue pure i torinesi Elkann e Marchionne, provocando in quest’ultimo un solo risentimento: restare al Corriere a una sola condizione, comandare. Imperativo, del resto, che non gli è nuovo tanto da provocare qualche mal di mancia pure tra gli eredi dell’Avvocato.
Dopo il pio Bazoli, il timone dell’ex corazzata alla deriva è passato così nella mani del numero uno di Mediobanca - che nel 2017 ha annunciato che abbandonerà Rcs -, il laico Alberto Nagel. Al momento dell’uscita di Flebuccio de Bortoli, l’ad di piazzetta Cuccia ha “stoppato” la richiesta di John Elkann di nominare il “suo” Mario Calabresi. Forse ignorando che quel “no” avrebbe avuto qualche spiacevole conseguenza nell’ex Rizzoli.
MATTEO RENZI E CARLO DE BENEDETTI A LA REPUBBLICA DELLE IDEE A firenze
Tant’è che dalla scorsa primavera – come rivelato da Dagospia – il presidente dell’ex Fiat, deluso e infastidito, ha cominciato a guardarsi fuori dalle mura di via Solferino per rinforzare il suo predominio editoriale. E il primo colpo forte l’ha messo a segno diventando il primo azionista (43,4%) del prestigioso Economist. Il settimanale economico che a Londra ha sede negli stessi uffici occupati dall’ Fca. Un investimento milionario a fronte dell’indisponibilità dell’ex Fiat a mettere qualche soldino in più nella disastrata baracca Rcs, che ora sembra intenzionato a lasciare al suo triste destino.
CARLO DE BENEDETTI E MATTEO RENZI A DOGLIANI DA CHI
Una mossa abile sullo scacchiere dell’informazione che non poteva lasciare indifferente Sorgenia De Benedetti. Di fronte alla crisi che nel mondo ha colpito la carta stampata, l’Ingegnere ha capito al volo che con gli eredi della famiglia Agnelli si poteva trovare una via comune. Magari, all’inizio, soltanto qualche sinergia utile anche al suo gruppo Espresso-Repubblica. Come Marpionne in capo automobilistico favorevole alla fusione americana Fcs-Gm, De Benedetti è convinto che in futuro in Italia non potranno sopravvivere più di uno o due grandi editori di giornali.
L’arrivo di Mario Calabresi nella sua scuderia con il placet di John Elkann sembra prefigurare non soltanto una entente cordiale tra i due gruppi. In prospettiva sembra prefigurarsi qualcosa di più corposo e industrialmente solido che potrebbe tagliare fuori dai giochi un Corriere che da alcuni anni naviga a vista e ancora non si conosce quale sarà il suo approdo sicuro.