Fabrizio Massaro per “Il Corriere della Sera”
Dell’Italia dice di essere stufo: «Un Paese in cui non ha più senso investire». L’Egitto, dove 22 anni fa creò Sharm el Sheik, è in un pantano politico. L’Estonia, dove si era trasferito, ha fatto il suo tempo. Da qualche anno vive in Svizzera, da dove lancia strali contro l’euro: ma Ernesto Preatoni, 72 anni, l’ex «raider di Garbagnate» già scalatore di banche regionali (e non, visto che a un certo punto si ritrovò con il 6% di Generali) ha scoperto ora un nuovo Paese su cui puntare, Myanmar.
L’ex Birmania, da poco apertasi al mondo, è ricca di isole tropicali praticamente deserte, in una delle quali Preatoni vuole ritentare l’avventura del Coral Bay, il resort di lusso che ha fatto scoprire agli italiani il turismo sulle coste del Sinai. Stavolta la meta del sud-est asiatico è molto più esotica, l’isola nel mare delle Andamane — Domel Island, grande due volte l’Elba, con attorno altri 150 isolotti — praticamente irraggiungibile se non in elicottero: «Porteremo la gente lì così, per ora sarà segno di esclusività, il nostro branding. Non voglio che altri mi costruiscano villaggi attorno com’è successo a Sharm», dice Preatoni. «Comunque faremo anche un porto e un aeroporto».
Domel — il cui nome ricorda Domina, la sua società turistica —Preatoni l’ha scoperta 8 mesi fa. L’idea è di puntare sui ricchi dell’Asia e di replicare «il modello della Costa Smeralda». Nei primi tre anni e mezzo vuole costruire 90 ville (in molti casi un’unica villa per isolotto), 300 appartamenti, 2-3 alberghi, spa, un campo da golf, oltre alle infrastrutture necessarie ad adeguare agli standard occidentali un’isola selvaggia su cui ora vivono solo un migliaio di pescatori semi-nomadi e coltivatori di perle.
«Se andrà male, avremo creato un resort di lusso che ci renderà il 10% l’anno. Se invece come credo avrà successo, prenderemo il coraggio a quattro mani e forsennatamente andremo a costruire il resto dell’isola fino ad avere 56 mila posti letto, duemila ville, 21 mila appartamenti, e 35-40 mila posti di lavoro».
Sarà una colata di cemento? Preatoni assicura di no: «L’ambiente è quello che vendiamo ai clienti, se lo roviniamo siamo finiti. Qui costruiremo solo il 3% delle aree edificabili, a Sharm è stato il 20%. Ci saranno anche un parco nazionale e aree agricole per coltivare quello che si consumerà sull’isola».
Per l’avventura Preatoni ha schierato i vecchi collaboratori di Sharm, l’architetto Gino Tamini e lo sviluppatore Carlo Airoldi. In Birmania invece si muoverà il suo socio, l’avvocato Alessio Polatri. «L’ho conosciuto per caso lì. Stavo trattando un’isola in Cambogia con quello che aveva avuto la concessione, che poi scoprii essere un mafioso locale. Pensammo di farci assistere da uno studio legale locale e abbiamo trovato questo italiano quarantenne».
E i soldi? Per cominciare, sostiene, bastano 250 milioni di dollari, «che reinvestiremo ogni volta che avremo venduto le ville. Sarà tutto equity. Cento milioni li metto io. Gli altri arriveranno con un fund raising con amici imprenditori, alcuni indiani. Non ho bisogno di banche né di fondi, che comprano solo cose già esistenti».
In dieci anni, spiega, saranno impiegati 9 miliardi di dollari, con ritorni attesi per 18. I costi d’altronde sono solo quelli della costruzione. Le autorità birmane hanno concesso le isole per 80 anni praticamente gratis, con in più 5 anni di esenzione fiscale e poi una flat tax del 25%. L’obiettivo finale sarà la futura quotazione della «Domel island developement limited» di Singapore, alla Borsa della città-Stato: «È il nostro mercato di riferimento ».