ADDIO AL ‘NOSTRO AGENTE ALL’EST’: A 90 ANNI MUORE ENZO BETTIZA, GIORNALISTA, SCRITTORE E TESTIMONE DELL’ASCESA E CROLLO DEL COMUNISMO - ESULE DALMATA DI FAMIGLIA ALTOBORGHESE, SOPRAVVISSUTO A UNA GRAVE MALATTIA, FECE IL CONTRABBANDIERE E IL VENDITORE DI LIBRI A RATE - A ‘LA STAMPA’ FU LICENZIATO DA GIULIO DE BENEDETTI, MOLLO' IL ‘CORRIERE’ DI OTTONE PER FONDARE CON MONTANELLI ‘IL GIORNALE'

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enzo bettiza con marcello sorgi enzo bettiza con marcello sorgi

1. ADDIO ALL’EDITORIALISTA DE LA STAMPA ENZO BETTIZA, RACCONTÒ IL MONDO E LA FINE DEL COMUNISMO

Ugo Magri per www.lastampa.it

 

Enzo Bettiza è stato la prova vivente che, per diventare un grande del giornalismo, non serve far leva sulla simpatia: contano di più altre doti, professionali e umane. La coerenza con la propria storia, anzitutto.

 

Quella di Bettiza è passata attraverso grandi drammi che ne hanno reso aspra, ironica e in qualche caso feroce la descrizione di come va il mondo. Si ritrovò profugo dalla Dalmazia (era nato a Spalato da una famiglia italiana altoborghese) quando non aveva ancora vent’anni. Sopravvisse per miracolo a una grave malattia. Campò di espedienti, contrabbandiere e venditore di libri a rate (come raccontò poi) per sbarcare il lunario, sognando di diventare uno scrittore di successo. 

marcello sorgi brinda con enzo bettiza marcello sorgi brinda con enzo bettiza

 

 

Iniziò dal settimanale Epoca, nel 1957 arrivò a La Stampa dove fu corrispondente da Vienna e poi da Mosca. Nessuno meglio di lui sapeva descrivere vicende e personaggi di una Mitteleuropa caduta sotto il tallone sovietico. Ma desiderava cambiare, e questa voglia di fare altro lo mise in urto con l’allora direttore Giulio De Benedetti, temperamento poco incline al compromesso, che alla fine lo licenziò (dopo averlo fatto attendere in anticamera, si racconta, fino alle quattro e mezza di notte). Correva il 1964. Bettiza ritornò a casa trent’anni dopo, da editorialista e commentatore politico, senza più lasciare La Stampa.

GIULIANO FERRARA CON ENZO BETTIZA GIULIANO FERRARA CON ENZO BETTIZA

 

 

Nel mezzo, un decennio al Corriere della sera da cui se ne andò in polemica con la svolta a sinistra impressa da Piero Ottone, e un altro decennio al Giornale, di cui fu il fondatore nel 1974 insieme con Indro Montanelli. Li divise il giudizio su Bettino Craxi, dal quale Enzo fu politicamente attratto e invece Indro detestava. Bettiza sperimentò la vita parlamentare nel partito liberale prima e in quello socialista poi, sempre con un tono alto e aristocratico, teorizzando il «lib-lab», cioè l’incontro della cultura liberal con quella laburista. 

 

Fu tra le rare stelle, nel firmamento del giornalismo, che diede credito a Umberto Bossi e alla Lega di una sostanza «asburgica», quasi da vecchio impero austro-ungarico. Conservatore Bettiza è stato sempre, ma di un’intelligenza rara. La sua critica spietata al comunismo dell’Est, negli anni in cui il mito sovietico esercitava ancora un’attrattiva, lo rese bersaglio di molte critiche. Salvo che poi la Storia, con la maiuscola, gli diede ragione.

ENZO BETTIZA CON LAURA LAURENZI E LINO IANNUZZI ENZO BETTIZA CON LAURA LAURENZI E LINO IANNUZZI

 

 

BIOGRAFIA DI ENZO BETTIZA

Da www.cinquantamila.it, sito a cura di Giorgio Dell’Arti

 

• (Vincenzo) Spalato (Croazia) 7 giugno 1927. Scrittore. Giornalista. Nel 1974 lasciò il Corriere della Sera per fondare insieme ad Indro Montanelli il quotidiano Il Giornale. Attualmente è editorialista della Stampa. Autore di numerosi libri di taglio giornalistico, di saggi e di opere di narrativa, nel 1996 vinse con il romanzo Esilio il premio Campiello. Fu senatore del partito liberale (1976-1979) e parlamentare europeo (1979-1994).

 

• Nel 2010 ha dichiarato di aver votato Lega, che «discende dal Lombardo-Veneto asburgico. Gli antenati di Bossi sono Maria Teresa, Giuseppe II, il lato umano di Radetzky. Il suo antecedente è la buona amministrazione austriaca» (ad Aldo Cazzullo) [Cds 26/4/2010]. Nella stessa intervista ha spiegato anche perché rifiutò la direzione del Giornale, offertagli da Berlusconi nel 1996: «Belpietro mi spiegò che lui non sarebbe stato il mio vice ma direttore come me, sia pure non responsabile. A me le querele, a lui il potere, per conto di Berlusconi. Ovviamente, rinunciai. Non avrei mai potuto fare un foglio sotto padrone».

 

opi32 cesara bonamici enzo bettiza opi32 cesara bonamici enzo bettiza

• «Si presenta così ai suoi lettori: “Un esule dalmata, di matrice italoslava, di provenienza e formazione altoborghesi, approdato dopo la guerra nell’Italia sconfitta da un paese in via di comunistizzazione integrale” quale era la Jugoslavia. Conseguì a Roma il diploma di maturità artistica e si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti. Coltivava “l’ambizione di diventare un grande pittore”. Ma, anziché un pittore, era destinato a diventare prima uno scrittore, poi un giornalista, infine uno scrittore-giornalista fra i più felici e prolifici d’Italia» (Il Foglio). Ultimo libro pubblicato: La distrazione (Mondadori 2013).

 

• «Domanda: quale, fra gli scrittori contemporanei di lingua italiana, definireste “stambecco”? Cioè solitario, aristocratico, orgoglioso testimone di una cultura insofferente dei provincialismi? Se non avete risposto “Enzo Bettiza”, vuol dire che non lo conoscete» (Dario Fertilio).

 

• «Apprezzato per le doti di straordinario analista e commentatore di politica estera, suo particolare titolo di merito è la conoscenza del mondo mitteleuropeo, dell’Europa per lungo tempo asservita all’Unione Sovietica, della Jugoslavia per più versi martoriata, con le intrecciate vicissitudini del Potere comunista. Specie in certi momenti caldi poteva essere definito, scherzosamente, “il nostro agente all’Est”» (Lorenzo Mondo).

Enzo Bettiza Enzo Bettiza

 

• È cresciuto nel crocevia di quattro civiltà, parlando tre lingue, croato, italiano e tedesco: «La mia famiglia faceva parte della aristocrazia mercantile già dai tempi di Venezia. Ma il padre del mio bisnonno sfruttò le grandi opportunità del periodo napoleonico, quando il duca di Ragusa promosse l’industrializzazione della zona. Ho ancora gli appunti di mio padre, un po’ joyciani dal punto di vista stilistico, tra italiano, dialetto veneto e altre lingue, e le memorie in serbo-croato del fratello di mia mamma, che fu un celebrato cantante d’opera. La prima lingua è stata il serbo-croato di mia mamma.

 

Ma all’età di cinque, sei anni è intervenuto il papà, che pure parlava benissimo il serbo croato, col suo dialetto veneto. A 11 anni ero già a Zara, per il ginnasio italiano. Insomma, nasco quasi trilingue, perché non bisogna dimenticare il tedesco. Per me era normale vivere così. Solo quando sono diventato un esule ho capito che ero cresciuto in un posto molto complicato, e mi sono reso conto che era un ginepraio. Per me l’infanzia e l’adolescenza in Dalmazia furono un’epoca d’oro. Vivevo in una famiglia agiata, e in un ambiente naturale bellissimo. Un paradiso perduto. Potevo diventare cittadino italiano, jugoslavo o austriaco. L’esilio ha fatto di me un europeo convinto».

 

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• Due figli con la giornalista Laura Laurenzi.

 

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