Giuliano Di Tanna per http://ilcentro.gelocal.it/
«Camilleri è sempre stato rispettoso del nostro lavoro. Solo, all’inizio, quando scelsi Zingaretti per il ruolo di Montalbano, mi chiamò e mi disse: “Perché proprio pelato?”». Alberto Sironi è un signore che, a dispetto dei capelli e della barba bianchi, dimostra meno dei suoi 76 anni. E’ un lombardo di Busto Arsizio, di quella Brianza gaddiana che la vita lo ha portato a tradire per la Sicilia profonda di Andrea Camilleri.
E’ lui, infatti, il regista e lo sceneggiatore di tutti i film televisivi che hanno reso globale la fama e il successo del Commissario Montalbano. Un personaggio che, come racconta in questa intervista al Centro, in origine aveva qualche punto di contatto con un altro grande investigatore letterario, il molisano don Ciccio Ingravallo del “Pasticciaccio” di Gadda.
Sironi sarà da domani in Abruzzo per alcuni incontri pubblici (si legga l’articolo qui in basso), che inizieranno dall’università d’Annunzio dove, nell'auditorium del campus di Chieti Scalo, parlerà con docenti e studenti del corso di pedagogia, nell'ambito di un seminario di educazione all'immagine dal titolo: “Montalbano metafora della contemporaneità”.
ALBERTO SIRONI E LUCA ZINGARETTI
Sironi, quando cominciò quest’avventura, si aspettava il successo dei film tv del Commissario Montalbano?
Che Montalbano fosse popolare lo avevo capito, ma non avevo compreso che sarebbe diventato il fenomeno che è diventato. La Rai pensava che i nostri film fossero un prodotto di nicchia. Ma, nel 1999, abbiamo esordito su Rai2 facendo 7 milioni di spettatori con il primo episodio. Poi siamo andati sempre crescendo. La cosa che davvero nessuno si aspettava è stato il successo all’estero di questi film. Tranne che in Francia, dove all’inizio li presentarono con il doppiaggio, in tutti gli altri Paesi siamo andati da subito con la versione originale in italiano e i sottotitoli.
In quale Paese i film hanno avuto più successo?
Andiamo molto bene negli Stati Uniti e nell’Europa del nord. All’inizio facemmo subito una convenzione con la Svezia perché avevamo nel cast un’attrice svedese. Poi la cosa si è estesa alla Norvegia e alla Finlandia; e, nel tempo, si è sviluppato un turismo dal nord Europa verso i posti di Montalbano in Sicilia. Poi, sono venuti l’Australia, il Canada e gli Stati Uniti. Ma non ci siamo fermati lì.
Per dare un’idea della popolarità del personaggio e dei film, l’anno scorso siamo andati, con un gruppo di attori, a presentare alcuni prodotti tipici siciliani all’Expo di Milano, e lì , a un certo punto, una signora di Haiti ha chiamato Catarella con il nome dell’attore che interpreta il personaggio: Angelo Russo. E’ successo anche che, una volta, mentre tornavo dall’America in aereo, due signore mi hanno riconosciuto come italiano e mi hanno detto che venivano qui da noi a perfezionare il loro italiano che avevano iniziato a studiare guardando, in televisione, i nostri film in lingua originale.
Come affronta il testo di Camilleri quando inizia a preparare un film?
Come sempre si fa con un’opera letteraria. Non bisogna seguire pedissequamente quello che è scritto. La letteratura è una cosa e il cinema è un’altra. Bisogna andare al nucleo, al tema della storia, a ciò che c’è dietro alle parole. E c’è una cosa che ho capito con il tempo.
Quale?
Il grande successo di Camilleri in tv è dovuto allo sguardo che lui ha nei confronti del male, dell’idiozia, della volgarità del mondo. E’ uno sguardo di sbigottimento e di pietas. Ecco, secondo me, è essenziale mantenere questo tipo di sensibilità.
Come è arrivato a scegliere Luca Zingaretti per il ruolo di Montalbano?
Ho provinato tre attori per quel ruolo. Zingaretti era quello più interessante.
Chi erano gli altri due?
Preferisco non dirlo. Dico solo che uno dei due si presentò con un occhio nero perché aveva litigato con la moglie (ride). All’inizio abbiamo avuto molta libertà nello scegliere gli attori, una libertà dovuta sempre al fatto che quei film erano considerati un prodotto di nicchia. Ci hanno lasciato fare: erano convinti che i film avrebbero fatto poco ascolto.
Che cosa ha apportato Zingaretti al personaggio?
Il personaggio dei romanzi di Camilleri era diverso da Zingaretti, era mutuato un po’ dall’Ingravallo di Gadda: pesante, con un po’ di pancetta. Il Montalbano di Zingaretti, invece, è più giovane, più piccolo, senza capelli. Negli anni, Luca ha portato nel personaggio una sua fisicità molto moderna; lui è un atleta, uno che gioca ancora a calcio. Con gli anni, poi, Luca lo ha accompagnato nel suo invecchiamento. Zingaretti è un attore che ragiona molto sul personaggio.
Camilleri che ne pensava di questa scelta?
Lui conosceva Luca dai tempi in cui gli aveva insegnato all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico e lo stimava. Quando seppe della scelta, mi chiamò e mi disse: “Perché proprio pelato?”. E io: “Guarda, Andrea, che è molto bravo”. Ma lui è sempre stato molto rispettoso, molto attento nel controllare le sceneggiature.
Nei suoi film c’è una grande attenzione ai personaggi secondari, quelli della squadra di Montalbano, che ricorda un po’ quella di Maigret negli sceneggiati di cui Camilleri fu delegato Rai alla produzione negli anni Sessanta. E’ così?
Camilleri mi ha raccontato che si metteva vicino allo sceneggiatore di quegli episodi, che iniziava dividendo a metà un foglio e mettendo, da una parte, le scene dell’indagine di Maigret e, dall’altra, la vita privata dei personaggi. Poi alternava una scena con l’altra. Io ho fatto così per Montalbano.
Belen Rodriguez ne Il Commissario Montalbano
Ha avuto dei modelli come regista di questi film?
Ho sempre amato il cinema classico. Per esempio, quello di Elio Petri. A Luca, prima di iniziare a girare, dissi di guardare Gian Maria Volontè in “A ciascuno il suo”, il film di Petri tratto da Sciascia; di fare attenzione a come Volontè si muoveva in quella Sicilia, alle sue incertezze.
Ci sono altri episodi di Montalbano in arrivo?
Ne abbiamo girati due in primavera che andranno in onda nel 2017. Uno è tratto dal romanzo “Un covo di vipere”, l’altro da una raccolta di racconti, “Come voleva la prassi”. Sì, Montalbano continua.