IL PARTITO DELLE MANETTE SI SPACCA SUL BOTTINO
Giorgio Arnaboldi per 'la Verità'
Potremmo chiamarlo un regolamento di conti. Nel senso che il sasso che rotola dalla montagna con il compenso di Carlo Conti per condurre il festival di Sanremo ha provocato la valanga: altre rivelazioni, altri soldi a pioggia a firma Antonio Campo Dall' Orto e polemiche che con si fermano più alla sola Rai. Non è facile metabolizzare neppure i 2,7 milioni iscritti a bilancio alla voce Michele Santoro per 12 puntate di tre programmi giornalistici.
Un rientro in Rai impalpabile nella memoria del telespettatore ma pesante per le casse dell' azienda pubblica, che ha fatto saltare sulla sedia anche i cronisti del Fatto Quotidiano, il suo giornale di riferimento, i quali, per nulla intimoriti dal suo ruolo di ispiratore, padre nobile e soprattutto azionista (lui possiede il 7% dell' editoriale e Il Fatto ha il 46,4% della sua società Zerostudio' s) hanno pubblicato la notizia sul sito. Per un sincero democratico rispettoso del ruolo della libera informazione come Santoro (in teoria), tutto ciò dovrebbe essere normale. Invece per un abile cesellatore di coscienze come Santoro (in pratica), tutto ciò normale non è. Infatti si è indignato per lesa maestà.
LESA MAESTÀ
Lo immaginiamo mentre si stupiva («Come osano?»), compreso nella parte come Eleonora Duse aggrappata alle tende, e si apprestava a scrivere l' estenuante post su Face book con il quale ha provato a inchiodare il direttore del sito del Fatto, Peter Gomez, alle sue responsabilità. Così si è scatenata una battaglia tutta interna alla sinistra legalitaria del giornalismo italiano, per una volta non tenuta insieme dal collante Berlusconi o dal bostik Renzi, ma libera di prendersi a schiaffi e specchio della sinistra italiana in politica, dove bastano tre per fare una scissione. Con una lecita forzatura da titolo potremmo dire che il partito delle manette litiga sui soldi. Sulla sua pagina dal nome Servizio pubblico, Santoro è andato giù pesante.
«Nella top ten delle frasi celebri penso che resti al primo posto quella di Stefano Ricucci, che bollava quelli che amano "fare i froci col culo degli altri".
Mi sembra che tu ora (si riferisce a Gomez, ndr) ne abbia varato una versione più casta: "Fare i moralisti col culo degli altri". L' operazione della Stampa (il giornale che per primo aveva rivelato i compensi Rai, ndr) nei miei confronti (ma sarebbe più corretto dire nei confronti miei e de Il Fatto) è semplicemente vergognosa e rappresenta un insulto al giornalismo. Ma tu l' hai ripresa come se si trattasse di un personalissimo affare e non di un contratto con la Rai che porta la firma del tuo amministratore delegato, all' epoca anche amministratore della Zerostudio' s, e che riguarda non me come persona ma una società di cui il tuo giornale è socio al 48%».
Si intuisce un Santoro furibondo, del tutto sorpreso da quella che per il mondo è una notizia e per lui una pugnalata.
Il che dimostra quanto sia facile fare i moralisti con i privilegi degli altri (anche questo ha qualcosa a che vedere con il filosofo situazionista Ricucci).
Un Santoro che nel prosieguo del post spiega che i 2,7 milioni non li ha ancora incassati per intero, li ha dovuti anticipare a un nutrito staff per un lavoro in un arco temporale molto ampio, riguardano programmi «chiavi in mano» che hanno un costo in linea con altri simili. Quindi niente scandalo. Ma Michele è troppo arrabbiato per tirare il freno, così va lungo.
«Se uno scandalo esiste riguarda me quanto il tuo giornale, e se ci sono stati "compensi" sono stati anche per la società che edita il tuo giornale. Ma purtroppo per Il Fatto, per te e anche per me, nessuno di noi ha tratto guadagni dalle trasmissioni della Rai. Siamo stati così onesti da realizzare le quattro serate in perdita, e sottolineo in perdita, come chiunque potrà facilmente controllare scorrendo la nostra contabilità che, al contrario di certi spettacoli, fattura ogni cosa meticolosamente».
Travolto dalla disperazione, Michele Santoro fa sapere che la Rai non lo ha pagato, che i programmi erano in perdita e che 2,7 milioni di euro sono comunque evaporati dalle casse.
Bel servizio pubblico.
LOTTA INTESTINA
La risposta di Peter Gomez è fredda e lapidaria. «Caro Michele, in uno dei tanti turni della mattinata abbiamo ripreso le notizie sui compensi Rai. Nel tuo caso specificando non con sufficiente chiarezza che si trattava del compenso per Zerostudio (comunque citato). Appena ce ne siamo resi conto ci siamo doverosamente corretti. Sarebbe bastato un tuo sms per informarmi». Come dire che si può sbagliare in buona fede e che non è necessario suonare le trombe di Gerico al primo sussurro.
carlo freccero con michele santoro, marco travaglio riccardo iacona gad lerner
Dopo una vita trascorsa col ditino alzato, Michele Santoro ha scoperto che c' è qualcuno più puro di lui. È il destino di chi sta sempre seduto dalla parte della ragione e non riesce a entrare in nulla tranne che nei propri comodi panni. Il rapporto fra lui e la squadra del Fatto Quotidiano vive un momento delicato, perché la polemica sul compenso va a sommarsi al diverbio sul referendum costituzionale.
Santoro, sponsor di Renzi, non ebbe remore nel criticare Travaglio (paladino del No) tacciandolo di deriva grillina. «Trovo imbarazzante che tutto il Fatto Quotidiano, fin dentro ai necrologi, sia schierato per il No. È ridicolo. Trovo imbarazzante possedere delle quote di un giornale senza sfumature, che non ha dubbi». Mentre loro litigano, Berlusconi spolvera ridendo tutte le sedie della villa di Arcore.
MARCO TRAVAGLIO MICHELE SANTORO