Gino Castaldo per LA REPUBBLICA
A scorrere le luminose pagine del libro Minaccia bionda viene fuori una evidente verità. La storia di Patty Pravo, di professione cantante, è anche uno straordinario racconto pop di immagini, di mutazioni, di bellezza ribelle e anticonformista.
«È stato un gran casino trovare tutte queste foto», ci racconta la divina Nicoletta, «perché io non ho archiviato niente, neanche i dischi d'oro, d'argento, capirai dopo 120 milioni di dischi dovrei avere una casa solo per i premi, i vestiti, una follia».
Il libro è come un puzzle ricostruito pezzo dopo pezzo?
«È esattamente l'idea, credo sia bello vedere tutti i cambiamenti, anche se a essere onesta non erano neanche voluti, non c'era calcolo, ogni volta succedeva perché in quel momento mi sentivo in quel modo».
Eppure certe immagini, pensiamo alla celebre "mise" di quel Sanremo del 1984 con "Per una bambola", sembrano costruite con molta cura. Non è così?
«Questo sì, poi alle cose ci lavoro molto, ma la prima intuizione è immediata, quella volta avevo ripreso un vecchio pezzo del 1970, l'avevo scartato a suo tempo, poi in America mi venne l'idea, cercavo una stoffa di ferro o qualcosa del genere, incontrai a San Francisco a una cena Maurice Bejart, e lui stava facendo un balletto con i vestiti di Versace, allora presi un aereo e andai a Milano e lui fu carinissimo, l'idea gli piacque e smontò il lavoro che stava facendo, lasciò due signore senza vestito, e si mise a lavorare per me, mi feci da sola anche il ventaglio. Feci anche un Carnevale di Venezia con un abito che oggi è al Victoria and Albert Museum a Londra».
Le foto in Cina del 1994 sono bellissime, che reazione ci fu in un paese così diverso dal nostro?
«Fu un viaggio fantastico e diventò l'ispirazione per l'album Ideogrammi . I cinesi erano felici, era la prima volta che vedevano una bionda così, feci una apparizione in tv e mi videro più di un miliardo di spettatori».
Ci sono anche alcune foto in cui è nuda. Mai provato imbarazzo?
«No, direi no, ho lavorato anche in televisione col seno di fuori, stavo con la giacca aperta e sotto niente, per assurdo anni fa c'era meno censura per queste cose, ma io sono abbastanza androgina, e quindi uno così se lo può permettere».
Androgina sì, ma non sminuiamo la sua femminilità. Non a caso il libro si intitola "Minaccia bionda", sottotitolo "A modo mio, sempre controtempo". Si è mai pentita?
«Mai, è la mia natura, e come ci si può pentire della propria natura?».
Ha pagato un prezzo per questo?
«Non l'ho mai visto come un pagamento, ho spesso rotto contratti perché volevo essere libera e fare le cose a modo mio. E infatti se oggi volessi riunire la mia discografia sarebbe complicatissimo».
Quando ci fu la prima ribellione?
«Ero la ragazza ye ye con la minigonna, a 22 anni ero già famosa, ma volli cambiare e mi trasformai in una vecchia cinquantenne per cantare gli autori che amavo, come Brel che poi è stato mio amico, o Ferré che fu come un fratello».
Nel libro c'è una frase che dice di non ricordare di aver detto: "Gli uomini me li fumo come sigarette".
«Allora scrivevano di tutto su di me, o se la sono inventata o l'ho detta io per prendere in giro qualcuno».
Cinque mariti non sono pochi
«E che dovevo fare, in fondo è come fossero stati cinque fidanzati, e non è stata una voglia mia, erano loro».
Non voleva sposarsi?
«Sei matto? Certo che no, erano loro, io mi sono sempre auto-mantenuta e casomai ho mantenuto».
Con i fotografi ha avuto un rapporto facile o conflittuale?
«Direi un bel rapporto, sono una figura facile, poi a me piaceva, quindi se ti piace metti tutti in condizione di fotografarti meglio».
Possiamo dire che l'hanno amata molto?
«E lo credo, con questa faccia».
Viene da chiedersi come mai non sia stata scoperta dal cinema. Rifiuto? Occasioni mancate?
«Direi occasioni mancate. Per esempio Antonioni mi chiamò per Professione reporter ma avevo dei tour in tutto il mondo, non potevo cancellarli, lo stesso per De Sica che mi voleva ne Il giardino dei Finzi Contini . Poi quando vidi Professione reporter ci rimasi malissimo, chiamai Michelangelo e gli dissi che aveva ragione, avrei dovuto farlo».
Dovendo scegliere una foto particolarmente rappresentativa?
«Forse quelle di quando ero bambina, anche perché è stata una sorpresa, le ho ritrovate per caso».
In una pagina ci sono gli aggettivi con cui l'hanno definita: barocca, detestabile, unica, odiosa, brava, immensa, elegante, stupenda, aliena e divina. Lei quale sceglie? «Aliena, direi che va benissimo».
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