Marco Giusti per Dagospia
Pericle il nero di Stefano Mordini.
Attenti al culo se passate per Cannes. Ma anche da noi perché il film esce già domani in Italia. Insomma… “Mi chiamo Pericle Scalzone, di mestiere faccio il culo alla gente”. Eccolo l’unico film italiano della Sélection Officielle del Festival di Cannes, in competizione a Un Certain Regard. Si tratta di Pericle il nero, diretto da Stefano Mordini, interpretato e prodotto da Riccardo Scamarcio, scritto da Valia Santella e Francesca Marciano assieme al regista, coprodotto dai fratelli Dardenne.
Ma non era facile portare sullo schermo l’ominimo romanzo scritto da Giuseppe Ferrandino nel 1993 e ambientato tra Napoli e Pescara in un’Italia ancora non berlusconianizzata. Me lo disse Bernardino Zapponi che aveva fatto la prima stesura, tanti anni fa, non ricordo per quale regista. Non era facile proprio per il mestiere poco gradevole che fa Pericle, il protagonista, fare il culo alla gente. Fuori di metafora. Pericle è il “braccio”, diciamo, armato di Don Luigino, boss delle pizzerie.
Chi sgarra, chi parla male di lui, chi non paga, viene punito da Pericle. Giù i pantaloni e via. Pericle è una specie di animale, mezzo scemo, che a un certo punto sbaglia, perché in una delle sue azioni pensa di aver ucciso Signorinella, la sorella di un boss prima nemico e ora socio di Luigino. E scappa. Inseguito dai killer che lo vogliono morto. Scappa e si innamorerà di una donna. Dopo Zapponi lavorarono al film altri registi e altri sceneggiatori, ricordo Francesco Patierno, Massimo Martelli, ma soprattutto Abel Ferrara, che doveva dirigere proprio Scamarcio nel ruolo principale.
Ma Stefano Mordini, il regista di Provincia meccanica e di Acciaio, dimostra di aver scelto, assieme a Scamarcio co-produttore, la strada giusta per trattare una materia così pericolosa. Intanto sposta l’azione da Napoli a Bruxelles, e così facendo congela un bel po’ la storia che poteva essere troppo lontana e troppo drammatica per noi. E sposta la fuga da Pescara, dove Pericle incontrava una ragazza polacca, a Calais, in Francia, dove Pericle incontra una ragazza di Toulon, Marina Fois, bravissima, con due figli e nessun marito. Rimane il mare e l’idea della fuga, ma si perde qualsiasi connotazione italiana.
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L’altro cambiamento interessante di Mordini e delle sue sceneggiatrici è fare di Pericle non solo un’esattore della camorra, ma anche un attore di hard, sfruttando la sua qualità e la sua attività principale. Lo rendono così più che un mezzo scemo, un mezzo pippato, una manovalanza del porno, che ben si adatta al Pericle di Scamarcio e, anche se cambia un po’ il personaggio di Ferrandino, lo modernizza e lo rende meno sgradevole.
Anche lo spostamento della ragazza da Pescara a Calais fa di questo personaggio, benissimo reso da Marina Fois, non un’immigrata, ma solo una donna alla ricerca di una sicurezza e una famiglia possibile per Pericle. In un film così cupo trionfano due campioni del teatro napoletano anni ’70, Gigio Morra come Don Luigino, gli basta una sguardo per diventare un mostro, e Maria Luisa Santella come Signorinella, che non vedevamo dai tempi di Brutti, sporchi e cattivi di Ettore Scola e che è la mamma della scenegiatrice del film, Valia (e anche di quello di Bellocchio).
Il suo è un grandissimo recupero in un film comunque molto attento alla costruzione e alla credibilità sia dei personaggi che degli ambienti. Anche Scamarcio, che poteva non essere giusto per la parte perché troppo bravo ragazzo, alla fine si costruisce un suo Pericle credibile e sofferente.
Certo, alcune cose legate proprio alla professionalità di Pericle rischiano qualche sberleffo (voltati, chinati, giù i pantaloni, su i pantaloni, ecc.), ma rispetto a un’operazione così difficile da portare sullo schermo, va detto che Mordini e Scamarcio sono riusciti a costruire con estrema attenzione un ottimo film internazionale, pronto a una vita propria al di fuori del nostro asfittico mercato. In sala dal 12 maggio, a Cannes il 14.