Filippo Facci per “Libero quotidiano”
Andavo a fare una fisioterapia (gran notizia) quando alla radio ho sentito la voce del cantante Olly (boh) che a Sanremo canta la canzone «Polvere», e a proposito il conduttore gli chiedeva sarcasticamente: «Di che di tipo di polvere si tratta?». Domanda sarcastica posta a una generazione che la mena tanto con le parole (corrette) ma poi non sa pronunciarle senza paraculismi. Precedenti: la «coca cola» di Vasco Rossi, «Lilly» di Venditti, «Per Elisa» di Alice.
Anche Enrico Ruggeri, a un altro festival nel 1983, cantò la bellissima «Polvere» che ufficialmente parlava «del tempo che passa e logora persone e cose», ma non eravamo deficienti allora e non lo siamo oggi: Ruggeri poi ammise che la polvere era cocaina e che ci infilò il naso a inizio carriera.
Ora: al Festival dei buonisti senza paura - contro il sessismo, razzismo, fascismo, alfabetismo passa invece relativamente inosservato l’amico Olly con la sua polvere, che tutti, proprio tutti, soprattutto i giovani, hanno chiaramente inteso essere «la metafora della mia vita come uno scatolone pieno di polvere... uno scrigno pieno di bei ricordi». Sembra Mastroianni, o «Il vecchio e il mare»: invece Olly ha ventun anni, e ha ancora il moccio al naso, oltreché polvere. Ma che generazione provocatoria. Al prossimo festival: «Erba» (inno ecologista), «Eroina» (la Ferragni, ovvio) e «Crack» (default finanziario ai danni dei poveri).