IL CINEMA DEI GIUSTI - 'CINEMA KOMUNISTO' È UN DOCUMENTARIO MOLTO DIVERTENTE SULLE PRODUZIONI DI QUELLA CHE FU LA JUGOSLAVIA DI TITO, TRA PROPAGANDA, RICHARD BURTON E I FILM DI GUERRA, A CUI IL MARESCIALLO OFFRIVA VERI SOLDATI, CARRI ARMATI E PALLOTTOLE

Effetti speciali? Se ne può fare a meno. Se a Tito serve che un vero ponte d’acciaio vada giù per dovere di spettacolo si può buttare giù. Anche se poi le sei cineprese predisposte non hanno filmato la caduta in acqua. Chi interpreta Tito? Ecco pronto Richard Burton che arriva a Belgrado con Liz...

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Marco Giusti per Dagospia

 

Cinema Komunisto di Mila Turajlic

tito orson welles tito orson welles

 

Effetti speciali? Se ne può fare a meno. Se al Maresciallo Tito serve che un vero ponte d’acciaio vada giù per dovere di spettacolo si può buttare giù. Anche se poi le sei cineprese predisposte non hanno filmato la caduta in acqua. Chi interpreta Tito? Ecco pronto Richard Burton che arriva a Belgrado con Liz. Colpi in arrivo? Non se ne parla proprio, quasi tutti gli attori slavi sono ex partigiani e sanno dove sparare senza prenderti. Più o meno.

 

tito elizabeth taylor tito elizabeth taylor

Questi erano i tempi che racconta il bel documentario Cinema Komunisto, diretto da Mila Turajlic, dedicato alle produzioni e coproduzioni di quel che un tempo fu la Jugoslavia di Tito col mondo occidentale. E dedicato ovviamente ai rapporti che ebbe Tito col cinema. “Questa è la stori di un paese che non esiste più. Esiste solo al cinema”.

 

Comincia così il lungo viaggio nella memoria di un paese vissuto nei ricordi di chi lavorò al cinema che avrebbe dovuto rappresentarlo in termini eroici e propagandistici. Come Tito si staccò dai compagni russi aprì le porte all’occidente, ma lo fece secondo un modello da repubblica socialista dell’est e con un gruppo di attorie  registi che lo seguirono fin troppo nel suo delirante sogno cinematografico.

sophia loren con tito sophia loren con tito

 

In Jugoslavia, negli studi della Aval Film e della Jadran Film, arrivano presto italiani, tedeschi, francesi per girare film di ogni tipo. Peplum, avventurosi, spy movie, film di guerra, film di vichinghi. Ecco Richard Widmark e Sidney Poitier che girano per Jack Cardiff Le lunghe navi, Deny De La Patellière che gira un assurdo Marco Polo, Lionello De Felice che prova a dirigere lì un Costantino il grande, ma anche i tedeschi che daranno vita a una serie di western con indiani come Il tesoro del lago d’argento, Surehand.

 

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Ma il genere che trionfa davvero, sia in produzione nazionali e coproduzioni, è il film di guerra. Anche perché, come mi ricordava Gianni Garko alias Sartana, che girò lì un bel po’ di film, da Kapò a I mongoli a La leggenda di Enea, Tito offriva masse sterminate di veri soldati per le scene di guerra, e offriva carri armati, fucili e pallottole vere. In modo così dissennato che alla fine, solo per mostrare cosa sapevano girare, poteva buttare in un fiume anche i veri carri armati recuperati dalla guerra.

 

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Questo il film lo mostra bene, come mostra la passione che avevano gli slavi per i film di guerra coi partigiani trionfanti e un Tito che, assieme alla compagna Jovanka, sua moglie, una sorta di Moira Orfei dell’est con una cofana nera in testa, si spara col suo proiezionista di fiducia un film a sera nella sua villa. O scrive a tutti i grandi registi invitandoli a girare lì. Eccolo con Orson Welles, con Yul Brynner, con Lee Marvin, con Sophia Loren nei filmati e nelle foto del tempo.

 

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Il documentario è più centrato sulla pazzia di questo Tito supercoatto alla Carminati che sogna la sua Hollywood dell’est e sui suoi registi e tecnici che lo assecondano fedelmente che sul rapporto tra le coproduzioni con l’Italia, ad esempio, che dettero vita a film del tutto diversi come I compagni di Mario Monicelli, Rosolino Paternò soldato di Nanni Loy, La spina dorsale del diavolo di Burt Kennedy, ma anche E’ tornato Sabata o E poi lo chiamarono il magnifico. Ma va detto che anche questo aspetto di cinema propagandistico di genere è clamoroso.

 

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E vediamo film, backstage e cinegiornali di uno straculto pauroso. Perché Tito e i suoi ci credevano totalmente a costruire un’industria cinematografica a gloria del leader. La battaglia della Neretva e poi La quinta offensiva, il folle film su Tito in guerra con Richard Burton, furono così i punti più alti di questa follia, dove si spesero anche inutilmente miliardi e si fece saltare un ponte che non verrà mai più ricostruito solo per scoattare internazionalmente.

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Ma clamoroso è anche il ritorno a casa del suo vecchio proiezionista con la pizza sotto il braccio. Oggi la villa di Tito è stata bombardata durante la guerra e nessuno l’ha rimessa in sesto e la saletta di proiezione è a cielo aperto. Non ci sono più né Tito né la compagna Jovanka a scegliere i film. In sala da oggi per tutta l’estate nei cinema dei circuiti d’essai. Molto divertente.

 

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