Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera”
«Rivedere il programma» della stagione 2022-2023 del Teatro alla Scala a partire dal Boris Godunov del 7 dicembre, per non assecondare «eventuali elementi propagandistici» da parte della Russia. È questo il senso della lettera inviata ieri dal console ucraino a Milano, Andrii Kartysh, al sindaco e presidente della Scala, Giuseppe Sala, al presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e al sovrintendente del teatro, Dominique Meyer.
Il console Kartysh cita il «grande disappunto e rammarico» manifestatosi all'interno della comunità ucraina in Italia in seguito alle scelte artistiche della Scala a partire da quella di aprire la stagione con Boris Godunov di Musorgskij, ma anche di mettere in cartellone diversi spettacoli di musica russa e un concerto del soprano Anna Netrebko.
Un «disappunto» che, nei giorni scorsi, si era evidenziato attraverso una raccolta firme online: «poiché la cultura - si legge nella lettera - viene utilizzata dalla Federazione Russa per dare peso all'asserzione della sua grandezza e potenza, assecondare la sua propagazione non può che nutrire l'immagine del regime ivi vigente al giorno d'oggi, e dunque, per estensione, le sue ambizioni scellerate e i suoi innumerevoli crimini».
Una equazione in base alla quale, per il console, la Scala avrebbe abbandonato la retta via assunta all'inizio della guerra scatenata dalla Russia contro l'Ucraina. Solo dopo il ritorno alla normalità si potrà di nuovo apprezzare la cultura russa «svincolata dalla sua realtà politica». Una richiesta che, almeno dalle prime risposte sui social, non sembra molto apprezzata.
Stupefatte le reazioni della Scala. Il console, è quanto pensano, si è accorto con sei mesi di ritardo dalla presentazione che il Boris Godunov aprirà la stagione il 7 dicembre, atteso in teatro il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Io non sono disposto a nascondermi per leggere Puskin», dichiara il sovrintendente Meyer, mentre gli uffici preposti fanno sapere che la Scala non inviterà alcun console o ambasciatore, lasciando alle autorità politiche l'eventuale decisione.
boris godunov con Ildar Abdrazakov
La messa in scena dell'opera di Puskin-Mussorsgy è certamente critica e non apologetica, e sarà così anche l'allestimento, che non si presta affatto alla propaganda filorussa. Anzi, i grandi poteri ne escono abbastanza massacrati. Lo spettacolo, firmato da Kasper Holten, propone una lettura incentrata sui temi della coscienza, opposta al potere e della verità e opposta alla censura.
Alla radice della riflessione registica c'è il dramma di Pukin, composto nel 1825 e pubblicato nel 1831, che affrontando l'epopea del «periodo dei torbidi» si ispirava ai grandi drammi storici shakespeariani, non solo nella grandiosità dell'affresco, ma anche nella profondità dei personaggi.
Lo spettro dello Zarevi trucidato da Boris per conquistare il potere sarà un elemento ricorrente, segno visibile della colpa e infine della follia del suo assassino ed è sintetizzato nell'immagine di lui sanguinante sulla copertina del libretto di sala. Un altro elemento in primo piano è la figura di Pimen, che vedremo in scena fin dall'inizio intento a scrivere la sua cronaca, testimonianza veritiera, e quindi politicamente pericolosa, dei fatti che Boris e i suoi scribi tentano di occultare.
meyer il direttore della scala dominque meyer 2