Mail di Paolo Isotta a Dagospia
Carissimo Roberto,
Tu mi hai invitato a decidere un atteggiamento univoco nei confronti di de Bortoli affettuosamente accusandomi di esser altalenante. Forse hai ragione; e pertanto ritengo doveroso rendere Te per primo edotto della circostanza che Ti narro. Lui ha voluto incontrarmi; e a tavola: io ero riluttante perché ritenevo che lo stato dei nostri rapporti non consentisse una convivialità; ho tuttavia accettato per non mancare di rispetto a un uscente.
Ho fatto bene giacché il suo discorso è stato così affettuoso e appassionato - dopo un'iniziale schermaglia - che abbiamo deciso di mettere una pietra su tutto il passato, di ricordare solo le cose belle della nostra collaborazione e, soprattutto, di dare inizio a un rapporto d'affetto ora che si potrà prescindere dalle posizioni, dirò così, aziendali. Ci siamo abbracciati.
E sebbene io non mitighi le critiche nei suoi confronti in ordine alla gestione di certe redazioni, debbo riconoscere che negli ultimi mesi, per esempio colla mia recensione del Fidelio della Scala e in tutte le altre successive e delicate occasioni, egli mi ha lasciato perfettamente libero di esprimermi: restando io convinto che ciò non faccia che giovare al Corriere.
Quel che poi sia per accadermi col prossimo direttore, lo attendo nec spe nec metu: amo moltissimo il Corriere; a ottobre farò sessantacinque anni e ho alcuni libri da scrivere. Un abbraccio a Te, caro Roberto, che mi segui a Tua volta con tanto affetto.
Paolino Isotta