Laura Rio per “il Giornale”
Per rimediare al danno dovrà fare pubblica ammenda, recitare un «mea culpa». E dichiarare di aver violato la par condicio e le regole del pluralismo.
Si mette proprio male per Marco Damilano, incappato in un passo falso pochi giorni dopo aver messo piede in Rai alla guida de Il cavallo e la torre su Raitre.
Chissà se si sottoporrà alle decisioni dell'Agcom o valuterà altre strade più drastiche sulla sua esperienza nella tv pubblica. I commissari dell'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni hanno stigmatizzato duramente le parole pronunciate dal filosofo Bernard Henry-Lévy ospite nella trasmissione dal giornalista contro Salvini, Berlusconi e Meloni paventando il pericolo di un ritorno del fascismo in Italia, teorizzando che si può non rispettare il voto popolare e dando del «traditore» al leader leghista colpevole di fare «viaggetti in Russia» per «definire il futuro suo e dell'Italia».
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L'Authority nella riunione di ieri sera ha ritenuto «sussistente, con il voto contrario della commissaria Giomi, la violazione dei principi di correttezza e imparzialità sanciti dalle disposizioni in materia di par condicio». Quindi «ritenendo insufficiente per riequilibrare e sanare le violazioni riscontrate nella messa in onda della puntata del 20 settembre, ha ordinato alla Rai di trasmettere, in apertura della prima puntata utile del programma, un messaggio in cui il conduttore comunichi che nella trasmissione del 19 settembre non sono stati rispettati i principi di pluralismo, obiettività, completezza, correttezza, lealtà ed imparzialità dell'informazione».
Insomma secondo i commissari non è bastato rimediare al danno invitando martedì in trasmissione il professore Giovanni Orsina della Luiss che ha confutato le affermazioni del filosofo francese, soprattutto quelle sul pericolo del ritorno del fascismo. Per la verità Damilano aveva già provato lunedì a dissociarsi ma molto blandamente, probabilmente perché neppure lui non si aspettava delle affermazioni così fuori da ogni regola. Anche se le domande faziose poste non potevano che indirizzare le risposte verso certi ragionamenti.
Insomma Damilano si è azzoppato in poco tempo: in quell'azienda per stare in sella bisogna essere molto accorti, non basta il patentino dell'intellighenzia di sinistra per evitare errori e cadere sotto i colpi della propria ideologia. Ora si vedrà se, quando e come leggerà le parole imposte dall'Agcom. Nella puntata di ieri sera si è tenuto lontano dalla politica italiana tornando a trattare della guerra in Ucraina. Molti esponenti politici di destra hanno chiesto le dimissioni dell'ad Rai Carlo Fuortes.
Nella seduta di ieri il Consiglio dell'Autorità ha esaminato anche i dati di monitoraggio relativi alla penultima settimana della campagna elettorale dall'11 al 17 settembre. «Nonostante lo sforzo compiuto dalla maggior parte delle emittenti - ha verificato - per ripristinare la parità di trattamento, come specificamente previsto dalla legge, è stata riscontrata la persistenza di squilibri.
Pertanto, il Consiglio, all'unanimità, ha dato mandato agli uffici di avviare i procedimenti sanzionatori al fine di accertare la condotta delle testate editoriali per le quali ha emanato appositi ordini». L'Autorità torna ad «invitare le emittenti ad un rigoroso rispetto delle regole della par condicio nell'ultima settimana della campagna elettorale».
Quello che, appunto, non ha fatto Damilano nella puntata di lunedì. Le procedure avviate riguardano quasi tutte le testate giornalistiche, ma in particolare quelle che rischiano di più sono TgLa7 e Rai News. Le sanzioni possono variare da dieci mila a duecentocinquantamila euro da determinare in base alla gravità della violazione.
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