IL DIVANO DEI GIUSTI/1 - ABBIAMO DUE SERIE STREPITOSE SOTTO IL NASO. LA PRIMA È “L’AMICA GENIALE”. NELLA TERRIFICANTE TELEMELONI DEI GIORNI D’OGGI, VEDERE LE BANDIERE ROSSE, GLI ANNI ’70 VISTI DA SINISTRA, SENTIRE DIALOGHI UN PO’ PIÙ INTELLIGENTI DEL SOLITO, GIÀ CI FA TORNARE AL MONDO CHE CONOSCEVAMO. PRIMA DI VANNACCI E DI MELONI E DI SALVINI E DI SANGIULIANO E DI GIULI - LA SECONDA È " GROTESQUERIE", CRIME -GIALLO CON PUNTE HORROR SU DISNEY+. UNA GENIALE RILETTURA SAGGISTICA DELL’IDEA DI TV/CINEMA/SERIALE CHE HA IN TESTA RYAN MURPHY… - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

l’amica geniale – storia della bambina perduta 6 l’amica geniale – storia della bambina perduta 6

La verità è che abbiamo due serie strepitose sotto il naso e le dobbiamo assolutamente seguire. La prima è “L’amica geniale”, arrivata alla quarta stagione, diretta da Laura Bispuri, che in Italia si vede solo su Rai Uno a due puntate alla volta il lunedì sera e poi su Rai Play, ma che in tutto il mondo è distribuito dalla HBO e leggo che l’hanno già finita e già piangono. La seconda è “Grotesquerie”, scritta, diretta e prodotta da Ryan Murphy su Disney+, della quale potete vedere, finora, solo due puntate.

 

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Con tutti i loro limiti, e qui cito una delle frasi più citate della saga di Elena Ferrante, "Ma solo nei brutti libri le persone dicono e pensano sempre la cosa giusta", con tutte le loro addiction, davvero evidenti in “Grotesquerie”, sono serie fondamentali per capire il successo dei loro autori, Ferrante e Murphy. Posso criticare quanto voglio le prime due puntate della quarta e ultima stagione dell’Amica geniale, il tira-e-molla di Lenù/Alba Rohrwacher con Nino, che seguita a non lasciare la moglie, anzi, l’ha messa incinta, a far casino, a dir cose che non sono vere, ma rimango comunque incollato alla televisione come ai bei tempi degli sceneggiati anni ’60.

 

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Perché sono davanti a una serie di personaggi che conosco, che sviluppano delle emozioni, che cambiano, che si muovono in un paese che mi appartiene negli anni che ho vissuto e che tutti noi spettatori non giovani abbiamo vissuto più o meno intensamente. E poi sono bravissimi gli attori, a cominciare da Alba Rohrwacher come Lenù e Irene Maiorino come Lila, che formano il nocciolo centrale dei romanzi e della serie, da Sonia Bergamasco, Piergiorgio Bellocchio e Fabrizio Gifuni, che devono riportarci all’aria del tempo.

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Nella terrificante Telemeloni dei giorni d’oggi, fra un Bruno Vespa e un Pino Insegno, in mezzo a questi show impossibili con Malgioglio e Selvaggia Lucarelli, vedere le bandiere rosse, gli anni ’70 visti da sinistra, i collettivi femministi, gli amori liberi dichiarati, sentire dialoghi un po’ più intelligenti del solito, sentire delle idee, sentir parlare di sentimenti come l’amicizia al femminile, già ci fa tornare al mondo che lo conoscevamo. Prima di Vannacci e di Meloni e di Salvini e di Sangiuliano e di Giuli.

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“Grotesquerie”, crime -giallo con punte horror, appena arrivato su Disney+ è soprattutto una geniale rilettura saggistica dell’idea di tv/cinema/seriale che ha in testa Ryan Murphy, potente show runner di questi anni che ha riscritto gran parte del nostro attuale immaginario. A Murphy non interessa tanto l’intreccio giallo. Che deve però esserci. Come c’è un mostro, un pazzo, un serial killer sa inseguire, che compie atti terrificante nella solita città americana, con un sottofondo, tutto da scoprire, cattolico/satanista e sfida con le sue costruzioni raccapriccianti di morti “messi in scena” la poliziotta protagonista, la Lois Tryon di Niecy Nash.

 

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Ma soprattutto c’è un mondo di addiction su cui si fonda la felicità della famiglia americana della protagonista nel quale Ryan Murphy sguazza allegramente. La figlia è obesa e bulimica, il marito, Courtney B. Vance, che nelle prime puntate troviamo in ospedale in coma, ha una addiction per il sesso, ha un’amante, e anche lei, Lois, la poliziotta integerrima, beve come una spugna probabilmente per sopportare quello che non va a casa. Ma, attorno a Lois, ci sono personaggi misteriosi che rimandano a tutto l’universo di Ryan Murphy e che ci fanno dialogare col suo stesso immaginario.

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C’è una malefica nurse, interpretata dalla straordinaria Lesley Manville di “Queer”, “Disclaimer”, “Il filo nascosto”, che Lois scopre mentre sta masturbando il marito in coma in ospedale, e che la sfida apertamente. C’è una giovane suora bevitrice e parolacciara, la sister Megan di Micaela Diamond, che vede nei delitti un quadro satanico che ci porterà lontano. E c’è un prete giovane, bello, malefico, padre Charlie, interpretato dal Nicholas Alexander Chavez già protagonista come Lyle Menéndez di “Monsters”, l’ultima serie di Ryan Murphy.

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Agitiamo tutto questo ben di dio e viene fuori un concentrato del cinema dell’autore che cresce all’interno di una storia che è forse la parte meno originale del tutto. Ma che già mi basta rispetto a quel che vedo di solito. Leggo sui social che i fan di questo bello e dannato Nicholas Alexander Chavez lo richiedono a gran voce come il Patrick Bateman protagonista della nuova versione di “American Psycho” diretta da Luca Guadagnino.

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