Da La Stampa
La peggiore catastrofe del Novecento?
«Se si chiede all' uomo della strada quale sia stata, indicherà la prima o la seconda guerra mondiale. E invece no, l' influenza spagnola fece molti più morti».
A parlare è Laura Spinney (nata nel Regno Unito, ma vive a Parigi), autrice del libro 1918, l' influenza spagnola. La pandemia che cambiò il mondo, pubblicato in Italia da Marsilio (da questo mese anche come tascabile, pp. 348, 11). Il grosso di quella tragedia si consumò in appena un anno, a partire dalla primavera del 1918, con un totale di morti stimato tra i cinquanta e i cento milioni, mentre quelli della Grande guerra, che allora si stava concludendo, furono in tutto diciassette milioni. Il ricordo della Spagnola scatena paure ataviche in questi tempi di Coronavirus.
Perché aveva quel nome, ebbe origine in Spagna?
influenza spagnola laura spinney
«No, assolutamente. In quel momento i principali Paesi combattevano la guerra e non volevano che l' annuncio di un' epidemia avesse riflessi negativi sul morale delle truppe. A lungo non si disse nulla. La Spagna, invece, era neutrale e già nella primavera del 1918 i giornali cominciarono a scriverne. Poi il re Alfonso XIII si ammalò e questo dette una certa visibilità alla malattia».
Ma allora dove s' iniziò la contaminazione?
«Sono trascorsi cent' anni e non si è individuato il paziente zero. Alcuni ricercatori vi lavorano ancora oggi. Ci sono tre ipotesi principali: in una base militare del Kansas, in un' altra britannica nel Nord della Francia (a Etaples). Oppure la Spagnola sarebbe arrivata dalla Cina, ma c' è il sospetto che quest ipotesi, affiorata già ai tempi, sia giustificata da una buona dose di razzismo».
Colpì proprio tutto il mondo?
«Si ammalò un terzo della popolazione del pianeta, come dire 500 milioni di persone.
Furono pochissimi i territori che non furono interessati dalla contaminazione. Avveniva soprattutto attraverso le navi, quelle che trasportavano le truppe della Prima guerra mondiale e ancora di più quelle postali».
Quali aree furono risparmiate?
«Alcuni luoghi sperduti come l' isola di Sant' Elena, una nel delta del Rio delle Amazzoni e l' Antartide. E soprattutto l' Australia».
Come fece un Paese così grande a difendersi?
«Si resero conto che l' influenza si propagava verso di loro dall' emisfero Nord e applicarono una quarantena marittima rigorosa. Così evitarono la seconda ondata della Spagnola, la più terribile, a partire dall' agosto 1918 fino a novembre. Ma tolsero la quarantena troppo presto e così l' epidemia arrivò in Australia con la terza ondata, nei primi mesi del 1919. E provocò 12 mila morti».
È incredibile come la Spagnola, sconvolgente, sia stata dimenticata «È vero, ad esempio rispetto ai grandi conflitti. Ma una guerra è più facile da raccontare: ci sono i cattivi e i suoi eroi. Anche se, pure nel caso dell' influenza spagnola, gli eroi ci furono, i medici che s' impegnarono a combatterla».
Cosa dice il ricordo della Spagnola ai nostri tempi, quelli del Coronavirus?
«L' Oms non ha ancora dichiarato la pandemia, anche se resta possibile. In ogni caso il virus della Spagnola è di una famiglia diversa rispetto a quello del Covid-19, che invece fa parte dello stesso gruppo di quello della Sars. Diciamo che un virus può sempre avere un' evoluzione e mutare: cambiare e adattarsi. L' esempio della Spagnola è interessante. La prima ondata non fu così forte, simile a un' influenza stagionale particolarmente virulenta. Ma poi il virus mutò e la seconda ondata fu molto peggiore, terribile. Nel caso di un virus, bisogna sempre stare attenti all' evoluzione».
Cosa successe allora? Alla seconda ondata i medici erano più preparati?
«No, per niente. Anzi, inizialmente pensarono che non si trattasse dello stesso ceppo, dato che era molto più letale. In tanti la scambiarono per un' epidemia di tifo».
Diciamo comunque che oggi diversi centri di ricerca sono già al lavoro per arrivare a un vaccino anti-coronavirus.
«Sì, ma esiste anche un' avversione da parte di alcuni nei confronti della vaccinazione. Il fenomeno dei No Vax, tipico dei nostri tempi, sebbene minoritario, potrebbe comportare grossi problemi, nel caso il coronavirus diventasse una vera epidemia».
Oggi, rispetto alla Spagnola, l' informazione circola e questo è un bel vantaggio «Sì, sicuramente, grazie soprattutto a Internet. Il fatto che per l' influenza spagnola, almeno agli inizi, certi governi fecero finta di nulla e non presero le misure necessarie fu un errore madornale. Oggi, però, oltre all' informazione vera circolano anche le fake news. E la prima spesso è a pagamento, le seconde gratuite».L. MAR.
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