GRASSO BOLLENTE SUL SANREMONE: "IL FESTIVAL NON CAMBIA. GAG TRADIZIONALI IN UN COPIONE STATICO - IL PISTOLOTTO DA LICEALE DI BAGLIONI CHE HA IMPARATO A ESSERE MENO INVADENTE DELLO SCORSO ANNO, A DOSARE LA SUA PRESENZA – BISIO MOLTO TESO, VIRGINIA RAFFAELE DEVE TROVARE LA NOTA GIUSTA. CI RIESCE SOLO CON IL BRAVO FAVINO: LEI MARY POPPINS, LUI FREDDIE MERCURY…” (CHE INTERPELLATO SUL COME CI SI SENTE TRA DUE CLAUDIO HA RISPOSTO "ANCHE NO! NON RIENTRA NEI MIEI GUSTI!") - VIDEO

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Aldo Grasso per il Corriere della Sera

 

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È il primo Festival sovranista, il primo colorato di gialloverde: anche questo è cambiamento. In realtà, a Sanremo, colori a parte, non cambia mai nulla, quello che va in onda dal' Ariston è già memoria. Inizio dinamico con un affollato balletto e con Baglioni che canta «Via» con funzione scaramantica. Il «dirottatore» (un po' di attenzione alle parole, no?) presenta i due copiloti e piazza subito un pistolotto da liceale: «Pronti via, con energia, con euforia, con poesia, con armonia», tutto in rima.

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Sanremo ha questo di bello e di rassicurante: l' incapacità di immaginare il futuro. Nonostante i fiori siano spariti (sulla scia degli ultimi anni), e l' orchestra arretri e ritorni in buca, dando aria maggiore a scene e giochi di luce; nonostante l' impressione sia quella di uno spettacolo che prova ad avvicinarsi alle regole e alle convenzioni narrative ed estetiche dei grandi format contemporanei: scenografia da talent (ricorda «X Factor» e «Got Talent»), espedienti visivi imponenti.

 

Non ci sono grandi trovate di scrittura ma Raffaele e Bisio sono due professionisti della tv, la loro interazione è fatta di micro-battibecchi e piccole sporcature a ravvivare solo in parte un copione altrimenti piuttosto statico delle introduzioni, presentazioni e ringraziamenti (e lì, quale che sia il conduttore, uno vale uno).

 

baglioni favino baglioni favino

Più convincenti quando sono da soli in scena e non devono coinvolgere Baglioni nelle gag (che, nel frattempo, ha imparato a essere meno invadente dello scorso anno, a dosare la sua presenza).

 

E dire che formalmente è un Festival eterodosso, o presunto tale. Il governo pentaleghista non avrebbe mai scelto Baglioni alla conduzione (ogni pecca è sempre colpa del «precedente»). Il cantore dell' eterna adolescenza pensa che il Paese si sia incattivito, e poi c' è la storia del conflitto d' interessi con la scuderia di Ferdinando Salzano (cui il cantante appartiene), scuderia di cui fanno parte anche moltissimi degli artisti. In gara e non. Molto teso, Bisio si prende il palco per un monologo simile a quelli che da anni porta a teatro, facendo un discorso politico in controluce, accatastando titoli e versi di canzoni di Baglioni, senza dire una parola più del necessario, mettendo alla berlina l' assurdità del sovraccarico di interpretazione politica. Raffaele invece senza la coperta di Linus dei suoi personaggi e imitazioni deve ancora trovare la nota giusta.

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Ci riesce solo con il bravo Pierfrancesco Favino: lei Mary Poppins, lui Freddie Mercury, anche se il risultato finale è un po' moscio. «Sono solo canzonette» si era affrettata ad assicurare la neodirettrice di Raiuno, Teresa De Santis, dimenticando che Sanremo è qualcosa di più di un Festival. In tanti anni, non l' abbiamo mai capito ma sicuramente è qualcosa di più di una manifestazione di canzoni. Intanto, il risultato fondamentale l' ha raggiunto: almeno 28 milioni di euro dalla vendita degli spot pubblicitari, a sancire la missione del servizio pubblico: fare soldi.

 

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La Rai ha tutto l' interesse a spegnere le polemiche perché, come evento collettivo, le è rimasto solo Sanremo; forse l' unico a saperlo è l' ad Fabrizio Salini, uno che viene da fuori. Che sa bene, per esempio, quanto «X-Factor» sia più innovativo e accattivante. Durante il Festival le altre reti si ritirano in buon ordine; durante il Festival tutti sono sociologi o antropologi (mai registrate tante analisi sul carattere degli italiani quante se ne fanno in questo periodo); durante il Festival lo spettatore (pur lamentandosene) partecipa a una cerimonia invernale, tranquillizzante proprio nella sua ripetitività, nella sua prevedibilità, nella sua assenza di emozioni forti. Festival sovranista, populista, intimista? Per il giudizio finale manca ancora l' analisi costi-benefici. Arriverà.

 

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2. IL BUIO SOPRA SANREMO

Concita Borrelli per il Messaggero

 

Buio in sala. Si parte. E buio anche sul palco nonostante il Festival di Sanremo, 69esima edizione, sia partito e quasi finito. Buio in sala ché fa sempre tanto elegante.

 

Perché, a dirla tutta, su questo palco lo smalto, profumo delle grandi serate, non risulta pervenuto.

Forse perché se si mettono due cabarettisti, Bisio e Raffaele, a presentare canzoni a ritmo battente e senti solo tante troppe note, pure scomposte... è come se sentissi una stecca.

 

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Può sembrare paradossale, ma l' anno scorso un attore sorprendentemente molto versatile, con la faccia della Magliana, Pierfrancesco Favino, e una showgirl molto Mediaset, Michelle Hunzicker, illuminarono in un attimo il palco di glamour.

Detto tra noi, ci stanno sinceramente mancando i seni alti e separati nell' abito nero Privè Armani di Michelle e quella sua bizzarria un po' contadina.

 

Arriveranno. Favino è già qui.

Un Freddie Mercury de' noantri. Che interpellato sul come ci si sente tra due Claudio ha risposto «Anche no! Non rientra nei miei gusti!», magnifica battuta passata inosservata come non lo sarà stato il «Salutiamo i Casamonica» scappato alla bella Virginia che tanto vorrebbe dire se solo potesse.

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