Andrea Montanari per repubblica.it - Estratti
Lluis Pasqual, il regista del Don Carlo alla Scala contestato dal pubblico. Se lo aspettava?
«Non lo so, a me non piace fare i ringraziamenti alla fine dello spettacolo. Quando ho fatto l’attore, mi piaceva, ma da regista penso sempre che il pubblico può dire: chi è quello lì che esce. Ho sentito un rumore vago. Dopo mi hanno detto che c’è stata qualche contestazione, come sempre. Comunque mi pareva che la gente sorridesse e fosse contenta».
(…)
Al suo collega Pedro Almodovar è piaciuto molto.
«Me lo ha detto durante l’intervallo. Ci conosciamo da tanti anni e adoperiamo gli stessi attori».
Il pubblico, secondo lei, ha capito il significato della sua registra anticlericale e antisovranista?
«Sì. La forza del Grande inquisitore si sente subito nell’aria tristissima di Filippo II° che rimprovera Dio di non avere il potere reale. Questo c’è in tutta l’opera e credo si sia sentito».
Non si pente di nulla?
«No. Io faccio il mio lavoro, lo porto fino alla fine e poi lo offro al pubblico. È come un cibo o una torta. A uno può piacere, ad un altro no, ma è quella che ho fatto».
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