enrico beruschi e la moglie adelaide
Estratto dell'articolo di Giulia Cazzaniga per “la Verità”
Nel caldo torrido di Milano, le serate di Enrico Beruschi, classe 1941, sono ben più frizzanti di quelle dei coetanei, ma pure di chi è ben più giovane di lui. Racconta di aver visto pochi giorni fa sia Cochi che Renato - furono compagni di scuola prima di colleghi al Derby - alla Pasticceria Gattullo a Porta Lodovica, ritrovo degli artisti di allora «ed è stata una festa».
Reduce dal compleanno di Roberto Vecchioni - «erano tutti musicisti, ma mi consideravano uno di loro perché una volta ho fatto il Festival di Sanremo, nel 1979» - e dall’ascolto di un quintetto di ottoni della Filarmonica della Scala allo storico Spirit de Milan - «pienone, doveva vedere quanti giovani c’erano» -, lo raggiungo durante qualche giorno di riposo sul lago di Lecco, ad Abbadia Lariana, tra le sue mete preferite fin da bambino. Ché il padre era così appassionato delle scalate sulla Grignetta «che mia madre era fin gelosa della “Rosalba”, dove andava sempre, ma era semplicemente il nome del suo rifugio preferito».
Acconsente a una lunga chiacchierata solo a patto che non titoliamo come ha fatto qualcuno di recente sulle donne del Drive In, «che mia moglie ci è rimasta male».
Su sua moglie c’è questo giallo da sempre: si dice - e internet segue le dicerie - lei sia sposato con la collega attrice Margherita Fumero, ma…
«È semplicemente una carissima amica. Mia moglie si chiama Adelaide. Era una segretaria alla Galbusera, dove lavoravo come vicedirettore commerciale. Era la più bella. Una volta la feci piangere con la mia severità, e per farmi perdonare la riaccompagnai in stazione e… siamo sposati da 49 anni e abbiamo avuto due figli».
Un po’ un cliché, il capoufficio e la segretaria…
«Nemmeno per sogno: quando le cose si fecero serie tra noi, lei lasciò l’azienda. Mia moglie è forse l’unica donna che ha messo in soggezione uno come Beppe Grillo, sa?».
Racconti.
«Erano gli anni Ottanta. A cena dopo una mia prima teatrale, lui mi dice davanti a tutti che mi vuole bene. La guarda e le chiede: “Perché, Adelaide, non credi che io voglia bene a Enrico?”. Lei, gelida: “Anche le vipere hanno dei sentimenti?”».
Tostissima. Ma non eravate amici, con lui?
«Lo siamo stati, sì, ci conoscevamo bene. Abbiamo fatto anche Luna Park insieme. Nel 1977 io ero a Non Stop, lui a Secondo voi con Pippo Baudo. Ed eravamo l’uno la riserva dell’altro: folcloristico, no? La cosa diciamo strana per allora era che avevamo entrambi la barba: due comici con la barba non si erano mai visti, perché da tradizione teatrale il comico deve essere permeabile al travestimento».
Mai litigato?
«Due screzi, questione di soldi, ma non glieli racconto».
Lo sente ancora?
«No, e non sono per nulla d’accordo su quel che ha fatto poi in politica».
E di Berlusconi che ricordo ha? Si può dire che fu grazie a lui, se è diventato così famoso?
«Lo conoscevo già, ma quel giorno lo incontrai a un concerto di Liza Minnelli con la moglie, Veronica Lario. La conoscevo come attrice, bellissima. Berlusconi mi disse: “Hai visto che ho messo sul serio in piedi una tv? Cosa aspetti a presentarti?”. Fui tra la prima decina di personaggi a cui chiese l’esclusiva. Mi tolse dal mercato».
Guadagnò molto, grazie a lui?
«Devo dirle in sincerità che la cifra iniziale fu di cinque volte superiore a quel che mi dava la Rai. Ma quei soldi le assicuro che me li sono guadagnati, e gliene ho fatti fare ben di più».
Con Drive In in particolare. Fu lei a idearlo, con Antonio Ricci e Gian Carlo Nicotra.
«Lo inventammo in un ufficio di Milano 2. Ma il grande merito va soprattutto ad Antonio Ricci. Portammo la prima pellicola - un oggetto alto mezzo metro - in via Rovani e in tanti ci avrebbero voluto boicottare. Ma Berlusconi ci mandò a pranzo e poi Ricci scoprì che aveva fatto guardare il programma alle impiegate e pure agli uomini della sicurezza e a quelli delle pulizie: voleva vederne la reazione. Piacque anche a lui. Era in grado di prendere decisioni da fior di milioni in pochi minuti».
Oggi il figlio Pier Silvio sta portando cambiamenti a Cologno.
«Mi ricordo di quando lo festeggiammo per i suoi 18 anni con una scenetta in tv. Mi piacerebbe incontrarlo ancora. Fino a qualche anno fa ho provato a far proposte per Mediaset, ma credo mi considerino troppo vecchio per certe cose. Eppure un paio di idee e di suggerimenti li avrei».
La fama fu a un certo punto travolgente, per voi del Drive In?
«Non credo mi abbia mai travolto. Con le donne, ad esempio, le possibilità a un certo punto aumentarono, ma non ho mai voluto risvegliami con al fianco una signorina che per quanto bella credesse di aver abbracciato un televisore. Ho sempre cercato di difendere le più belle, anzi, da vero uomo. Cerco di insegnare oggi a mia nipote che occorre sempre ragionare con la propria testa. Capiterà di perder qualcosa di superficiale, ma poi ci si può sentire davvero soddisfatti di come ci si è comportati. Meglio seguire le passioni, quelle vere».
Che oggi per lei sono…
«Giovannino Guareschi e la lirica su tutte».
ezio greggio enrico beruschi ENRICO BERUSCHI DURANTE UNA PUNTATA DI DRIVE IN
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