Estratto dell'articolo di Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”
«Una curiosità: quanto fuma?» «Più che posso». Seduto su uno scalino della Madonna della Salute, sigaretta serrata fra i denti, mani impegnate ad allacciarsi le scarpe, Raul Gardini fissò l’occhio buono sul cronista e rise. Schiacciò la sigaretta e ne accese un’altra.
Faceva male ai polmoni? Chissenefrega. Era una sfida, una delle tante. Come la presentazione, quel giorno, a Venezia, in pompa magna, un caos di bandiere, gondole, ospiti di spicco, cestini di leccornie deluxe preparati dal consuocero Arrigo Cipriani, regia di Franco Zeffirelli, del bellissimo «Moro» col quale voleva andare a vincere la coppa America.
Sfida perduta. Come troppe altre di una vita conclusa la mattina di venerdì 23 luglio 1993, trent’anni fa, con un colpo alla tempia sparato con una pistola calibro 7,65 Walther Ppk, la stessa usata anni prima da Luigi Tenco. Scrisse il Corriere : «Lo aspettava il carcere. Ha preferito la morte».
Tre giorni prima si era ammazzato il presidente dell’Eni Gabriele Cagliari. Una settimana prima, come ricordò nel suo editoriale Paolo Mieli, si era costituito dopo sei mesi di latitanza l’ex presidente della Montedison Giuseppe Garofano, «raccontando ai magistrati i segreti dell’avventura chimica del gruppo Ferruzzi, con tutti i dettagli sui passi più spericolati e gli illeciti più incredibili per accantonare fondi da far affluire in parte nelle proprie casse segrete e in parte in quelle dei partiti di governo». Partiti che Gardini pagava e disprezzava.
«Io ho questa mentalità: quando sono in Brasile mi sento brasiliano, in Argentina argentino, negli Usa americano ed europeo in Europa», confidò a Enzo Biagi poche settimane prima di andarsene. Ultimo sospiro: «Non ci sono innocenti. I peccati sono collettivi». «Come uomo aveva sei marce. Il guaio è che troppo spesso teneva la sesta in curva», spiegò a l’Unità il celebre fiscalista e consigliere Montedison Victor Uckmar. E aggiunse: «Non vorrei che qualcuno ora se la pigliasse coi giudici, dimenticando chi è il responsabile primo di queste cose. Alludo ad una classe politica...»
Trent’anni dopo, sul «Contadino» ribattezzato con quel nomignolo per l’appartenenza «alla razza terragna» da cui veniva anche se aveva passato la giovinezza «fra le pinete e le spiagge romagnole», esce un libro che ripercorre tutta l’irruenta avventura umana, economica, finanziaria, politica e marinara dell’imprenditore che alla morte del suocero
Serafino Ferruzzi, il re delle granaglie di cui aveva sposato la primogenita cattolicissima e riservatissima Idina, si ritrovò a 46 anni in pugno un’immensa ricchezza e in tre lustri scarsi, scommettendo spericolatamente su se stesso, le sue intuizioni, le sue ambizioni, riuscì a bruciare tutto. Compreso se stesso.
Si intitola Di vento e di terra. Raul Gardini, il romanzo vero di una vita di sfide , è firmato dal nostro Andrea Pasqualetto e Lucio Trevisan, è edito da Solferino e in 320 pagine racconta due storie parallele che si incrociano e confondono l’una nell’altra.
Quella dell’imprenditore di enorme successo iniziale che a un certo punto «addenta un’azienda dopo l’altra (agroalimentare, agrochimica, energia, costruzioni e impiantistica, farmaceutica, grande distribuzione, editoria…)
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E quella del velista appassionato che si fissa su barche sempre più belle create da designer sempre più famosi con marinai sempre più competitivi rastrellati in giro per il pianeta senza rinunciare mai, però, ai consigli di un vecchio uomo di mare di Pellestrina, Angelo Vianello. «L’amico del silenzio, con il quale Raul sta bene anche tacendo». Quello cui chiede consiglio anche su cose che non hanno a che fare con la nautica, come l’improvvisa difficoltà del figlioletto Ivan colpito da un’inspiegabile difficoltà a camminare e in poche settimane rimesso in piedi. Quello che, «fiol de pescadori de laguna», si ritrovò una mattina presto davanti il re di Spagna Juan Carlos, curioso di salire a bordo per vedere il «Moro» e lo accolse così: «Siòr Re, ghe fasso un cafetin?»
(...)
Ma tutto intorno meritano d’esser raccontate tante storie che ricostruiscono un’epoca.
L’acquisto a Venezia del «maledetto» Palazzo Dario per sfidare le leggende della bellissima dimora marcata nei secoli da suicidi, omicidi, sventure, morti violente... Lo sfizio di impossessarsi dell’arte del vetro comprando larga parte delle vetrerie di Murano. L’audizione alla Camera nel 1986 in cui avvertì il Parlamento: «L’Italia deve diventare autonoma sul piano energetico, altrimenti rimarremo sempre un Paese dipendente da altri.
(...) Ci vuole il coinvolgimento diretto dello Stato. Quello di cui sto parlando è un sogno, ma è un sogno realizzabile: vedere l’Italia produttrice di energia verde, grazie all’etanolo. Inquina meno ed è altamente redditizio a livello di rendimento...» Parlava (anche) pro domo sua, dato che aveva enormi quantità di cereali giacenti? Sicuro. C’era però, oltre agli interessi aziendali, qualcosa di più. Che merita forse, tanti anni dopo, qualche riflessione.
Così come meriterebbe un romanzo a parte il carteggio, lettera dopo lettera, ora note, che ricostruisce lo sfascio della Famiglia. Con Alessandra, la più giovane dei figli del vecchio Serafino, che inizia con parole apparentemente amichevoli a contestare la leadership del cognato Raul. E lui che, dopo un crescendo di reciproche tensioni, passa affiancato da Idina alle minacce a tutti i cognati: «Se abbraccerete definitivamente le teorie di Alessandra contro di me ed Idina sarà una rottura definitiva che vi costerà molto, molto cara». Come sia finita si sa. Trent’anni dopo, in famiglia, non si parlano ancora.
RAUL GARDINI1 GARDINI MORO PAUL CAYARD GARDINI gardini gardini agnelli sama sama e garofano GABRIELE CAGLIARI RAUL GARDINI