Estratto dell'articolo di Fulvia Caprara per lastampa.it
luc merenda la citta gioca d’azzardo
L’accento francese, ancora spiccato, colorisce termini di puro romanesco, la parolaccia è facile e il pelo sulla lingua inesistente. Ora che ha i capelli bianchi e il fisico asciutto da ragazzo, Luc Merenda, nato a Nogent-le -Roy nel ’43, si sente ancora più libero di quanto sia sempre stato: spara a zero su chi non gli va a genio, descrive battibecchi cruciali che hanno segnato la sua carriera, parla, con un sorriso, di quel suo amore per l’Italia, il Paese dove, tra mille avventure, ha scelto di vivere: «Sono arrivato a Roma su una barca di 14 metri, navigando sul Tevere, nel ’65, con mio padre. Ho visto le Terme di Caracalla, e poi Castel Sant’Angelo, mi sono detto “questo è il mio Paese”, è stato amore a prima vista».
(...)«Anche se a dirigerti ci sono registi bravissimi – racconta durante le riprese di Pretendo l’inferno, il documentario ideato con Steve Della Casa, diretto da Eugenio Ercolani -, non puoi fare più di cinquanta film dello stesso tipo. Ho smesso prima del tempo, è vero, avrei potuto continuare per un bel po’, il mio produttore mi ripeteva “ma dai, girane un altro, ti fai la casa in campagna, gli ho risposto che piuttosto mi sarei suicidato, avevo deciso, ed ero pronto a morire di fame pur di non tornare sui miei passi».
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zeudi araya luc merenda la ragazza fuoristrada
A Roma, nei turbolenti Anni 70, Merenda viveva alla sua maniera, evitando i locali alla moda - «non sono mai andato a ballare al Jackie’O» -, incrociando altre star come Alain Delon e pronunciando altri no: «I miei film cominciavano ad avere successo, mi dissero che avrei dovuto cambiare cognome. Avevano mandato le mie foto a una famosa press agent, bravissima, Carol Levi, e lei aveva detto “la faccia è interessante, ma il nome non va”. Per me, dopo una frase del genere, la collaborazione era chiusa». Su Delon stessa fermezza: «È l’antitesi di tutto quello che amo. Adesso va ripetendo che vuole suicidarsi, farebbe bene, visto il male che ha provocato a tante persone. Non mi è mai piaciuto, era uno che andava dai critici a chiedere se avevano gradito il suo film. Bravo, sicuramente, ma con i colleghi si comportava malissimo».
Mediare non è mai stata la specialità di Luc Merenda, figuriamoci in quell’epoca, dove i contrasti esplodevano ogni giorno, in ogni forma: «Il nostro cinema era imbevuto di attualità, vivevo sospeso tra la realtà quotidiana e quella dei set dove recitavo. Volevamo essere testimoni del tempo, trasferire la cronaca nelle nostre storie, con la speranza che tutto sarebbe cambiato in meglio. Oggi mi viene il dubbio che non sia cambiato proprio niente». Il ricordo più vivido riguarda Italia.
Ultimo atto?, regia di Massimo Pirri, storia di un gruppo terroristico che si prepara a compiere un pericoloso atto militare a Roma: «L’avevamo girato un anno prima del rapimento Moro. Ricordo di aver provato, allora, una grande tristezza, per Moro, che di lì a poco avrebbe scoperto la qualità dei suoi amici politici, e per la sua famiglia che si è comportata in maniera divina».
Nel documentario girato lo scorso novembre, Merenda fa autocoscienza alla sua maniera, tra una risata e un colpo basso: «L’incontro fondamentale della mia vita? Mia madre, la prima che ho incontrato, quando mi ha partorito».
luc merenda il poliziotto e' marcio luc merenda foto di bacco luc merenda edwige fenech luc merenda in cattivi pensieri 1 luc merenda 5 luc merenda 7 luc merenda 2 luc merenda 6 luc merenda
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