“SAREI FELICE DI ANDARE IN PENSIONE IN ITALIA” – IL GRANDE REGISTA ANTOINE FUQUA, IN ATTESA DI FIRMARE IL BIOPIC SU MICHAEL JACKSON, HA GIRATO IN COSTIERA AMALFITANA “THE EQUALIZER 3”: “L’ITALIA È UN LUOGO PERFETTO PER RITROVARE UNA NUOVA UMANITÀ. QUESTO FILM È LA MIA LETTERA D’AMORE AL VOSTRO PAESE E AL VOSTRO CINEMA” – IL RAPPORTO CON DENZEL WASHINGTON, IL SUO ATTORE-FETICCIO: “CI FIDIAMO L’UNO DELL’ALTRO, CI RISPETTIAMO” – IL PROGETTO SU "JACKO": “RACCONTERÒ GLI ASPETTI MENO CONOSCIUTI, POI SARANNO GLI SPETTATORI A DECIDERE…” - VIDEO

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Estratto dell’articolo di Arianna Finos per “la Repubblica”

 

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[…] Denzel Washington torna con The equalizer 3 – Senza tregua , (dal 30 agosto con Eagle) che chiude la trilogia sull’ex agente governativo che si è fatto giustiziere degli oppressi. Firma ancora Antoine Fuqua, regista afroamericano che si divide tra impegno e grande incasso, e che ora prepara il biopic su Michael Jackson. [….]

 

Perché il ritorno di “Equalizer” e perché in Italia?

«Adoro il personaggio e la sua storia, McCall che cerca il suo scopo per l’ultima parte della vita, un posto che sente come se fosse casa sua. L’Italia è un luogo perfetto per ritrovare se stessi e incontrare una nuova umanità. E poi questo film è la mia lettera d’amore al vostro Paese, quel modo di fare cinema che ha cambiato la mia vita. È stato speciale essere accolto qui».

 

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Anche lei ha trovato se stesso? E come ha cercato di evitare gli stereotipi?

«Di me stesso ho capito che posso andare in pensione in Italia. Non sono mai stato così felice. Amo le persone, stare nelle piccole città quando la stagione turistica è finita, parlare con le persone di questo villaggio di pescatori, ti cambiano le priorità, l’approccio col tempo. Vivere il momento, assaporare la vita in semplicità».

 

Com’è stato affrontare la mafia, anche se in un film d’azione?

«Ciò che trovo spaventoso è che il mondo della mafia e della camorra ha complicato la sua portata ed è più pericoloso perché coinvolge sempre più giovani, sia come spacciatori che come vittime. Tutto è più pericoloso e più doloroso».

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Problemi durante le riprese?

«Solo la barriera linguistica che ancora esiste, comunicare con la troupe con il traduttore, molto si perde, e si rallenta»,

 

Al fianco di Denzel Washington, oltre a Dakota Fanning, c’è la coprotagonista Gaia Scodellaro.

«È napoletana. Non pensavo che trovare la coprotagonista bilingue sarebbe stato così difficile. Molti attori dicono di saperlo fare, ma non è proprio così. Trovare Gaia è stato un po’ un miracolo, è un meraviglioso misto: figlia di un ex modello napoletano e di una ballerina nera, la sua è una bellissima storia».

 

Con Denzel avete fatto cinque film, il poliziotto corrotto di “Training day” gli è valso l’Oscar.

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«Siamo amici da molto tempo e ci fidiamo l’uno dell’altro. E poi ci rispettiamo a vicenda. Ricordo lo stress del primo giorno di Training Day, e il fatto che a farci approfondire il rapporto sia stata l’amicizia tra le nostre mogli. Questo capitolo a Positano, le cene con gli amici comuni ci ha fatto sentire una grande famiglia in una seconda casa».

 

[…] il biopic su Michael Jackson, un personaggio amato e controverso, interpretato dal nipote Jaafar.

«[…] Ho letto la sceneggiatura e l’ho adorata. Mostra in modo approfondito molti aspetti della vita di Michael che la gente forse non conosce, oltre a raccontare anche la parte più famosa. Il film è la storia di un artista straordinario ma affronta tutti gli aspetti: il mio obiettivo è raccontare i fatti, la verità così come la conosciamo. Ed è per questo che io e Graham ne parliamo costantemente, poi lasceremo che il pubblico prenda la propria decisione. Ma sono molto entusiasta di raccontare la vicenda umana e artistica di Michael Jackson».

 

Il 28 agosto di sessant’anni fa Martin Luther King pronunciava il discorso “I have a dream”. Perché ancora è importante oggi?

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«Perché parla di un sogno che non abbiamo ancora realizzato, anche se ci stiamo arrivando. C’è speranza e ispirazione in quel discorso sul sogno. E non si applica più solo agli Stati Uniti, si applica al mondo.

 

Vediamo succedere cose orribili nel nostro pianeta. E la cosa più importante è ricordare che c’è speranza solo se collettivamente ci uniamo per le giuste ragioni, per il bene comune. Ma il cambiamento non sarà dall’oggi al domani e forse io non lo vedrò completamente realizzato, anche se ne sono un esempio vivente».

 

Perché?

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«Sono stato un ragazzo afroamericano che veniva da una delle zone più povere degli Stati Uniti. E oggi sono al telefono a parlare con lei di un film, il quinto, fatto con Denzel Washington in uno dei luoghi più belli del mondo. Da bambino, a otto, nove anni, non avrei mai potuto neanche lontanamente immaginare che la mia vita sarebbe andata così. E tutte le cose che ho visto, le opportunità che ho avuto di realizzare il mio sogno lo devo alle persone che allora hanno lottato, hanno perso la vita e il sangue. Sono qui grazie a loro.

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Ma la lotta non è finita e non parlo solo di afroamericani, parlo di uguaglianza. Quando è stato assassinato George Floyd ho visto le proteste di tutto il mondo, che ci guardava. Possiamo essere divisi da bandiere, nazioni, idee, ma ciò che ci unisce è la condizione umana. E la storia ci insegna che i grandi cambiamenti sono possibili se siamo capaci di unirci e lottare insieme».

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