Aldo Cazzullo per corriere.it - Estratti
Fa una certa impressione arrivare alla periferia di Philadelphia, imboccare una stradina di villette a due piani, suonare, e trovarsi di fronte Margherita Sarfatti. L’omonima. Margherita Sarfatti, la donna che inventò Mussolini, era sua nonna. La mamma di suo papà. Lei indossa una maglietta della campagna di Kamala Harris.
Signora Margherita, lei è di sinistra?
«In famiglia mi chiamano Magalì. Sì, sono di sinistra fin da quando ero ragazza».
E sua nonna cosa le diceva?
«“Magalì, ti raccomando solo una cosa: non mi diventare comunista. Non fare lo sbaglio che ho fatto io. Ha ragione Churchill: la democrazia parlamentare è il peggior sistema, tranne tutti gli altri. Non abbiamo altro che la democrazia. Perché non basta voler aiutare la gente. Bisogna anche starla a sentire”».
Sua nonna è stata fascista. Ha insegnato a Mussolini molte cose, l’ha reso noto nel mondo con il libro Dux.
«Ma ha anche scritto un libro intitolato “My fault”. E il suo errore era stato appunto Mussolini. Mussolini era il suo grande rimorso».
Cosa diceva del Duce?
«Era un argomento tabù. Non ne parlavamo mai. Una volta mi disse: “In tutta la mia vita ho amato solo due uomini; entrambi erano uomini eccezionali”. Uno era il Duce. L’altro era suo marito: Cesare Sarfatti, avvocato. Aveva difeso pure Mussolini, sa?».
Quando?
«Dopo i fatti di Verbicaro, in Calabria. Era il 1911, scoppiò il colera ma si ammalavano solo i poveri, ci fu una rivolta popolare contro i notabili, tre furono linciati. Mussolini si schierò con gli insorti, fu accusato di apologia di reato, e Sarfatti lo difese».
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Margherita Sarfatti scrisse a Mussolini molte lettere.
«Sì, ma lui bruciò gli originali: il Duce del fascismo non poteva custodire le lettere dell’ebrea. Ci sono ancora invece le lettere che Mussolini scrisse alla nonna. Ho potuto leggerne qualcuna, ma non le ho trovate di grande interesse. Lui le esprime molta riconoscenza, scrive: “Sei l’unica che è sempre stata dalla mia parte”. Anche nell’orribile delitto Matteotti».
Che cosa disse sua nonna a Mussolini a proposito del delitto Matteotti?
«Gli consigliò di non indietreggiare, anzi, di assumersi tutta la responsabilità politica dell’accaduto. Lui lo fece. E approfittò di quell’assassinio per instaurare una dittatura».
La Sarfatti l’aveva incoraggiato anche a marciare su Roma.
«La notte prima lui la passò al Soldo, nella villa di famiglia non lontana dal confine svizzero. Però anni dopo la nonna fece di tutto per impedire l’alleanza con Hitler».
Riferì al Duce un messaggio di Roosevelt: l’America non è nemica dell’Italia, purché non si schieri con i nazisti.
«La nonna scriveva benissimo l’inglese, era corrispondente dall’Europa per i giornali del gruppo Hearst, Time e Life. Anche per questo Roosevelt la ricevette alla Casa Bianca. Tornata a Roma, andò da Mussolini e gli riferì il messaggio del presidente. E lui rispose: “L’America non conta”. Non aveva capito nulla».
Lei è nata a Roma nel 1936. Due anni dopo, il Duce impose le leggi razziali.
«La prima a fuggire fu la nonna. Aveva capito come sarebbe finita. Il regime tentò di farla tornare, perché sapeva troppo, ma lei se ne guardò bene: l’avrebbero eliminata. Così rimase lontano, in esilio; e rimase in silenzio. Sua sorella maggiore, Nella, fu uccisa ad Auschwitz. Lei avrebbe voluto riparare negli Stati Uniti, ma il governo democratico non voleva i fascisti; così andò in Argentina, che pur simpatizzando per l’Asse evitò di entrare in guerra, e di perseguitare gli ebrei».
luigi siciliani tra benito mussolini e margherita sarfatti
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Come la ricorda?
«Un po’ buffa, in costume da bagno, con la pancia, sulla spiaggia dell’hotel Carrasco. Era fissata con la ginnastica. Nuotava moltissimo, anche al largo: era la disperazione dei bagnini, che rimproveravano papà: “Su madre esta loca!”, sua madre è pazza, poi noi dobbiamo andare a salvarla. Ma lei non aveva bisogno di essere salvata. Teneva moltissimo alla sua persona. Era sempre molto truccata, quasi dipinta».
Era affettuosa?
«Tanto. Papà diceva di lei che era nel contempo imperiosa e lassista. Al giardino d’infanzia avevo preparato un regalino, un vasetto con un fiore di carta che cadde e si ruppe. Io ero disperata e lei si prese cura di me, “è il pensiero che conta” diceva. Una volta però le chiesi in dono un anellino e lei mi rispose di no. Perché chiesi? Perché è mio».
la biografia sul duce della sarfatti
Mangiavate insieme?
«Era sempre a dieta, si divertiva a dare il cibo agli uccellini, ma non resisteva al carrello dei dolci. Dopo la guerra tornammo in Italia. Alla fine dell’estate andavamo a trovarla al Soldo. C’erano i giornalisti appostati fuori per carpirle rivelazioni sul Duce, e noi con la malvagità dei bambini ci divertivamo a depistarli, a portarli in giro nella campagna… Nonna diceva che non avrebbe pranzato, poi si sdegnava quando non le portavano la pastasciutta come a me e a mio fratello più piccolo, e dovevamo dividerla con lei».
Era un po’ capricciosa?
«Aveva tratti infantili, da bambina. Accendeva e spegneva la luce elettrica in salotto o in camera sua, e diceva: questo per me è ancora un miracolo!».
Dell’amore parlavate?
«Una volta le raccontai di un ragazzo che voleva venire a letto con me, e lei disse: “Non lo devi fare. Gli uomini si tirano su i pantaloni, ed è finita”. Ricordo un giudizio che trovai un po’ fuori posto, per una donna che come lei aveva avuto una vita assai libera. In una conversazione con degli amici, a Parigi, parlando di Madame Curie, disse: “Elle couchait avec tout le monde, n’est-ce-pas?”».
una giornata particolare aldo cazzullo 2
Andava a letto con tutti, vero?
«Questo non mi piacque allora, né mi piace adesso. Avevo letto la biografia scritta dalla figlia Eve, e ammiravo moltissimo Marie Curie. Ma ero una ragazzina, e non potevo contraddire la nonna davanti agli altri».
Dove vivevate a Parigi?
«In periferia, a Saint-Germain-en-Laye, dove facevo il liceo. A Natale andavamo a trovare la nonna a Roma, e lei veniva da noi a maggio. Una domenica la stavo riaccompagnando al treno di banlieue, attraverso il grande prato davanti a casa. L
a gente ci faceva il picnic, e lasciava carte e immondizie. Mi sono lagnata, e la nonna ha detto: “Dovresti vergognarti. Sei molto snob. Loro si divertono, sono contenti, e si vede che tu no. Dovresti essere felice di vedere che stanno passando una bella domenica”. Era rimasta un po’ socialista, in modo romantico, come da ragazza».
Sua nonna è stata anche la più importante critica d’arte del secolo scorso.
margherita fiammetta sarfatti ph ghitta carrell coll gaetani
«Alle mostre parlava con i quadri: Modigliani, Sironi, e Umberto Boccioni, con cui forse ebbe una storia d’amore. Ricordo una mostra di Gino Severini. Davanti a un’opera che le pareva infelice mormorava: “Gino, ma quanto è brutta, ti è venuta proprio male”. Poi però arrivò Gina, la figlia, e lei cambiò rapidamente versione: “Ah, tuo padre, che capolavori…”. Nel 1961 presi la tubercolosi, e finii in sanatorio. La nonna mi scrisse che sarebbe venuta a trovarmi. Ma il 30 ottobre è morta».
margherita sarfatti e la figlia fiammetta
Fu la Sarfatti a trasmettere al Duce la passione per la classicità. A Roma come la ricorda?
«Un giorno, all’inizio degli anni 50, mi portò a visitare le terme di Caracalla. Era già anziana, camminava male, e non si trovavano i taxi. Così disse: “Che problema c’è? Prendiamo il tram”. Scese per andare all’opera, e mi lasciò lì: dovevo imparare a cavarmela da sola».
Lei qui in America ha vissuto una vita lunga. Ha un marito di origine svedese, Charlie Larson, un figlio, Toni. E ha fatto la campagna per Kamala Harris. Una sconfitta storica.
«Kamala ha perso non solo perché donna. Noi democratici in Pennsylvania abbiamo fatto una campagna vecchia, porta a porta. I repubblicani hanno puntato sui social».
Anche lei ha fatto il porta a porta?
«Certo, sono andata nei quartieri poveri. Ma non serve. O sono già convinti, o non ti votano comunque. L’unica cosa che sta loro a cuore è il prezzo della benzina. I latinos maschi sono tutti con Trump. A un portoricano ho dato un volantino per Kamala, e me l’ha strappato in faccia…».
Lei crede in Dio?
«No. Ma la nonna ci credeva».
Si dice che prevedesse il futuro.
«Lo cercava nella Divina Commedia. La apriva a caso: “Vediamo cosa ci dice il nostro Dante…”.
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