Ottavio Fabbri per “Libero Quotidiano”
ottavio fabbri e marisela federici
Londra, fine anni '60. Ero a Londra per uno stage presso la Fabbri and Partners (Casa di Edizioni di proprietà della mia famiglia e della famiglia Rothschild). Mio padre si era intanto fissato di voler acquistare una proprietà nella campagna anglosassone.
Fissazione persistente in ogni città del mondo dove aveva occasione di fermarsi anche meno di una settimana, (e in generale una casa la comperava, per andarci poi anche meno di una settimana all' anno).
Un giorno mi telefona da Milano per dirmi che aveva trovato su di un giornale inglese una inserzione per la vendita di una proprietà nella campagna non lontana da Londra, esattamente nel Surrey. «Ottavio vai a vederla, magari è interessante... C' è l' indirizzo. Ho parlato con una signora gentile dallo strano accento che ti aspetta».
«Papà, un' altra casa... ma chi ci va nel Surrey!?». Questa mia frequente e ormai rituale domanda alla vigilia di ogni nuovo acquisto, rimaneva sempre senza risposta, e dunque prendo un taxi e mi avvio nel Surrey con la pazienza del caso, ma anche curioso di vedere l' ultima così interessante novità.
Non c' è un nome neanche sul campanello. Suono e mi apre la porta una signora molto piccola e molto sorridente. «Are you mister Fabri' s son?». «Yes madame». «My name is Yoko». Non ci posso credere: Yoko Ono la moglie di John Lennon. Lei nota la mia sorpresa e con un inchino di cortesia orientale mi fa entrare.
Noto subito una quantità impressionante e distribuita per terra di registratori Revox, evidentemente del marito in via di trasloco "musicale", insieme ad altre strane masserizie fra cui padelle, chissà per quale cottura, più grandi della padrona di casa. Sento anche un odor di pipì di gatto che sarà il leit motif olfattivo per tutta la durata infinita della visita. Gatti dappertutto, di ogni razza e anche esemplari bellissimi.
Comunque il sopralluogo continua con una anche superflua descrizione di Yoko, ormai amica da una vita. Non ho mai visto un tale insieme di oggetti, manichini, strane statue variopinte, e soprattutto di un centinaio di vestiti nell' armadio più grande e lungo certamente del Surrey, illustrato con minuta precisione per date di concerti e relativo abbigliamento di John durante le sue memorabili tournée con i Beatles. Ma è uno dei tanti bagni difficile da dimenticare.
Grande come una appartamento ha al centro una vasca da bagno di dimensioni da imperatore romano. Delle piastrelle a scacchi bianchi e neri che ricordano delle gigantesche parole crociate da settimana enigmistica e che confondono la vista che offre comunque una visione di una doccia così grande che forse Lennon usava cantando in doccia insieme a tutti i Beatles.
Non so come dire a questa gentilissima signora che la casa, anche con giardino, è bellissima ma non penso che sia il genere che cerca mio padre. Neanche troppo delusa Yoko Ono mi accompagna alla porta sempre con solerte cortesia orientale e mi consegna un biglietto del prossimo concerto dei Beatles a New York, città dove John Lennon verrà ucciso nel 1980 da un mitomane davanti ad un portone di Centrai Park West all' ingresso del Dakota Building, sua fatale ultima dimora a Manhattan.
Ho incontrato poi negli anni successivi Julian Lennon, figlio di Cynthia, sua prima moglie, a Roma, ospite della mia amica Claudia Ruspoli che ha organizzato per lui un aperitivo tra amici in una delle piu belle mansarde di rama, appunto a Palazzo Ruspoli.
yoko ono, john e julian lennon
Claudia aveva messo decine di candele sui davanzali e sui bordi delle grandi quattro vetrate della mansarda a forma di torretta, svettante sugli altri Palazzi Romani, in ogni caso sottostanti, per un forse non casuale posizionamento competitivo fra le più illustri e nobili dimore della aristocrazia romana.
Fatto sta che questa fila di candele riflettono sulle vetrate dei bagliori di fuochi lampeggianti a sembianza di un incendio. Dopo poco vedo spuntare al di là di una delle vetrate un elmetto. È un pompiere che in cima ad una scala si affaccia all' innocuo party immaginando già di dovere salvare qualche sbadato che aveva dato fuoco alla torretta Ruspali.
Claudia è più sorpresa di me e con principesca gentilezza fa entrare il pompiere seguito sulla lunga scala da altri pompieri che scavalcano il davanzale fra tante innocue fiamme e brindano con i nostri amici allo scampato pericolo. «I love Rome!» è il commento di umorismo very british di Julian Lennon, anche lui musicista nella memoria di tanto leggendario padre.
claudia ruspoli con marisela federici