Andrea Laffranchi per il “Corriere della Sera”
Luciano Ligabue ha un giardino di 150 ettari. Ormai Campovolo, piena campagna reggiana, è come se fosse casa sua. Per la terza volta (e mezza visto che partì da lui il benefico Italia Loves Emilia) il rocker occuperà l’aeroporto per un concerto. L’occasione questa volta è la festa per i 25 anni, che lui definisce «avventurosi, inaspettati e appaganti», dalla pubblicazione del suo primo album. E, per amore di ricorrenza, anche 20 da «Buon Compleanno Elvis» e 10 dal primo Campovolo, quello del record europeo con 165 mila paganti.
Quello del 19 settembre (biglietti in vendita da ieri, allegato al ticket un libretto e un dvd da collezione) segnerà un altro record: sarà il concerto più lungo della carriera di Luciano. Rifarà interamente il disco di debutto «Ligabue» con i Clandestino, la band di allora. Quindi tutto «Buon compleanno Elvis» con la Banda. Infine una raccolta di successi con il Gruppo, i musicisti che lo seguono adesso. L’altra sera sulla pista di atterraggio un assaggio. Pannelli led con le copertine di ciascuno degli album di Luciano per tracciare nel buio una suggestiva strada verso un palco su cui la rockstar, solo voce e chitarra, canta tre pezzi.
«Sogni di rock and roll»: «È la canzone da cui è partito tutto: per la prima volta mi attenevo al racconto di un mondo piccolo senza avere altre velleità. In precedenza, da amante del prog e dei cantautori, univo musiche inutilmente complesse a testi pretenziosi», ricorda. Quindi si lancia in «Certe notti».
«E il perché di questa scelta non lo devo nemmeno spiegare». Con questa hit Luciano arrivò negli stadi. Per chiudere sceglie «C’è sempre una canzone», il suo ultimo singolo. «Il titolo spiega tutto. Questo è quello che mi piace comunicare».
È il momento di guardarsi indietro. E di giudicarsi. Se fosse il giudice di un talent oggi che direbbe al Liga di allora? «Gli direi “guarda come ti muovi e come ti vesti”. Mi faccio tenerezza se mi rivedo. Però per fortuna non c’erano talent e l’ho scampata. Sarei stato bocciato immediatamente». Ligabue chiacchiera in libertà, sembra meno trattenuto del solito. E, caso raro nel mondo della musica, riconosce anche i passi falsi.
«Si sono visti tutti. E credo che mi stiano anche bene addosso. Il più clamoroso fu “Sopravvissuti e sopravviventi”, il terzo album: sembrava che la mia carriera fosse finita. E forse anche “Miss Mondo” che fu uno scivolone intenzionale: soffrivo di una crisi di identità dovuta al successo e raccontare che non è tutto oro quel che luccica fu una scelta impopolare».
Sulla popolarità ha le idee chiare. «Con le canzoni, che sono il melodramma del nostro tempo, cerco la gente, il mainstream. Con il resto, siano film, romanzi o poesie, non mi pongo quel problema». Quel resto però deve attendere. Non ci sono progetti. «Per un film dovrei rinunciare per due anni alla musica. Se avessi 10-15 anni in meno ci penserei, ma non ho così tanto tempo davanti».
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