IL BACIO TRA FEDEZ E ROSA CHEMICAL
Estratto dell’articolo di Aldo Cazzullo per www.corriere.it
Le cose che canta e fa Rosa Chemical, Renato Zero le cantava – a un livello imparagonabile – e le faceva quarantacinque anni fa: il Triangolo è del 1978, e se davanti alla tv i miei nonni più incuriositi che scandalizzati mi chiesero se Renato Zero fosse un maschio o una femmina (domanda cui neppure lui avrebbe saputo dare una risposta secca: quando si schiantò in Via Veneto con Roberto D’Agostino su una 500 decapottabile, al Policlinico lo portarono nel reparto femminile, con Dago che urlava: c’è un errore!), già allora qualcuno fece notare che prima di Renato Zero c’era stato David Bowie.
Sabato sera all’Ariston la quota tradizione, già magistralmente interpretata dal trio Morandi-Ranieri-Al Bano, era affidata a Gino Paoli e a Ornella Vanoni. Gino Paoli ha un proiettile conficcato nel cuore: si sparò quando scoprì che l’amata Stefania Sandrelli aveva una storia anche con il suo amico Luigi Tenco, cui purtroppo il suicidio – per altri motivi – riuscì; altro che prendere a calci i vasi di fiori, come ha fatto Blanco replicando casualmente il proprio videclip. Ornella Vanoni ai tempi dell’amore tormentato con Giorgio Strelher ha combinato – e poi raccontato – cose al cui confronto il bacio Rosa Chemical-Fedez è una canzone da oratorio […]
Quanto a Fedez, non ci viene in mente una famiglia più tradizionale della sua con la Ferragni: matrimonio in bianco, subito i bambini, iniziative economiche in comune, e ora mano nella mano tra i fiori di Sanremo. Facciamocene tutti una ragione, anziani e giovani, maggioranza e opposizione: il mondo dell’arte e dello spettacolo è da sempre promiscuo, fluido, peccaminoso, poco edificante.
E’ dall’amore e dalle sofferenze dell’amore che nasce l’arte: anche per questo le canzoni e le storie di Paoli e della Vanoni fanno impallidire quelle dei presunti trasgressivi apparsi al festival, che alla fine hanno fatto la figura di quelli che sono: bravi ragazzi, forse soltanto un po’ tutti uguali come testi, musiche, vestiti. Il pubblico sceglierà.
[…] Marco Mengoni, nella cui vita e nella cui musica si intravede anche il dolore; ma nulla in confronto alle figure gigantesche e a lungo incomprese cui sono dedicati oggi la sala stampa e il premio della critica, Lucio Dalla e Mia Martini. Nell’Italia del 1958, uscita dalla ricostruzione e dall’epoca dei papaveri e delle papere, il grido di Modugno apparve trasgressivo. Così come suonò rassicurante che nel 1964, quando l’Italia del boom si preparava a cedere il passo a quella della contestazione, Gigliola Cinquetti cantasse di non avere l’età, e riceveva lettere di ringraziamento per la sua resistenza alla “degenerazione dell’arte musicale e canora imperante in questo avvilente dopoguerra” e alle “molteplici aberrazioni dell’odierna squinternata gioventù”.
Era il tempo in cui Gianni Morandi cantava “C’era un ragazzo che come me”, contro la guerra in Vietnam. […] negli anni 70 Morandi era considerato un vecchio reazionario, anche se Sgarbi oggi gli rinfaccia di aver sempre votato comunista […]
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