Marco Molendini per “il Messaggero”
paul mccartney torna al cavern 5
Essere Paul McCartney e, soprattutto, non poterne fare a meno. Significa fare i conti con un passato breve, lontano, celebrato e ingombrante. Significa non poterlo rimuovere e, ogni volta, farci i conti. Succede così anche con Egypt station, il nuovo album di Macca, a cinque anni dal precedente e trascurabile New (di cui si sono perse del tutto le tracce): ultimo tentativo di esorcizzare il tempo e la memoria.
A 76 anni l' ex Beatles si comporta con la musica come fa con i propri capelli, usando la tintura. Ma con la musica è più difficile, come raccontano inesorabilmente i sedici pezzi (perché sedici, quando si poteva sicuramente essere meno prolissi?) che Paul ha messo insieme con la collaborazione di Greg Kurstin (uno che ha lavorato con Adele, Pink, Foo Fighters) e di Ryan Tedder (ex-One Direction) e Zach Skelton in un unico pezzo, Fuh you (Shawn Mendes, One Republic).
LA LINEA
Il risultato è un album pastiche che non ha una linea musicale, se non quella legata alla levigatezza, alla pulizia della scrittura, ma dove tutto risulta forzato nel tentativo di emanciparsi da se stesso, di essere contemporaneo facendo vedere cosa vuol dire fare un buon disco con il risultato di mettere insieme una serie di pezzi pallidi e incongruenti, dove serve a ben poco essere tornato a Abbey Road, (dove sono state effettuate le sovraincisioni).
Dell' autore di Yesterday e Eleonor Rigby resta ben poco, qualche piccolo scampolo di melodia ben disegnata in Hand in hand (che ha il grande pregio di durare solo 2 minuti e 35), nel singolo I don' t know (forse il pezzo migliore), o quella di Despite repeated warnings (una sorta di morbido anatema antitrumpiano).
Ancora: la piacevolezza ritmica di Back in Brazil, con un samba dal leggero ritocco funky, la passione per i bei suoni acustici di Happy with you e Dominoes, la scossa elettrica di Who cares.
paul mccartney abbey road 49 anni dopo 3
Ma il disco mostra, oltre alla simpatica copertina (disegnata da sir Paul in persona), una buona dose di velleitarismo (curioso usarlo per un artista che ha la storia di McCartney) che viene fuori nella suite finale Hunt you down/Naked/C-Link (pur con la coda blues strumentale) e in People want peace (inutile fare paragoni con gli inni pacifisti di Lennon) che comincia in un modo che più tronfio non si può: «Signore e signori sono qui davanti a voi perché ho una cosa importante da dire» e, dopo qualche altra frase di circostanza, ecco la rivelazione importante: «La gente vuole la pace».
Grazie Paul. E all' impegno sui testi corrisponde quello sulla musica: inesistente. Quanto al resto da segnalare la ingenua pruderie di Fuh you (invece che Fuck you). Infine, una curiosità: McCartney suona chitarre, basso, pianoforte, clavicembalo, harmonium, percussioni, batteria e conga. Il disco in America è finito subito al primo posto delle chart di Billboard spodestando Eminem: un buon avvio, frutto della curiosità nostalgica degli aficionados beatlesiani di Paul, visto che le copie vendute sono quasi tutte fisiche.
paul mccartney 1 paul mccartney con la moglie nancy shevell 3 stella mccartney orgogliosa del padre su instagram