Fabio Isman per ''Il Messaggero''
LA STORIA
Alberto Moravia ha sempre parlato malvolentieri della famiglia originaria: da piccolo, evidentemente, non c' era troppa sintonia. Ma una volta, ad esempio, ha detto: «Il ramo paterno era per tradizione letterariamente e politicamente impegnato a sinistra. E il ramo materno a destra». La madre era la marchigiana Gina De Marsanich: tra i fratelli, anche Augusto, deputato fascista al governo con Mussolini e fondatore del Msi.
Il padre, Carlo Pincherle, era architetto fecondo, a 22 anni trapiantato da Venezia a Roma, appena laureato, famiglia ebraica; Nello e Carlo Rosselli (uccisi dall' Ovra in Francia nel 1937) erano suoi cugini. Lo scrittore ha spiegato che era pittore dilettante, autore «di 140 immobili e ville per la borghesia romana, confortevoli ma completamente sprovviste di originalità: era un Liberty assai addomesticato, borghese e convenzionale»; era «più creativo negli interni che nelle facciate».
LUDOVISI
Una palestra dell' architetto, è stata l' ex Villa Ludovisi, tra le più belle e grandi della città, oltre 30 ettari: piena di centinaia di statue, 80 soltanto in un viale (lo Stato ne ha comprate appena 150: sono a Palazzo Altemps); vi si addestrava il giovane Canova. Il principe di Piombino, il più ricco del Paese, tramite la Generale Immobiliare sorta a Torino nel 1862 e trasferitasi a Roma quando diventa Capitale, dal 1885 la trasforma in un intero quartiere. A un ricevimento, mostra il progetto al grande studioso Theodor Mommsen che, a voce alta per farsi udire, dice: «Non sapevo che a Roma i nobili mostrassero in pubblico le loro pudenda»; e poi, gli volta le spalle.
È l' era dei «villini», tipologia prettamente romana; Pincherle ne progetta ed esegue parecchi.
I COMMITTENTI
Si rivolgevano a lui le ricche famiglie ebree dell' Urbe; ma anche personaggi assai noti non solo a Roma. Ad esempio, a via Piemonte suo è il villino per Dionigi Spierer, nato a Trieste, pure lui piombato nella nuova capitale, fondatore delle Ferriere italiane, e quindi vicedirettore della Banca Generale, nel primo gruppo dei creatori della Commerciale italiana. È tra le residenze più eleganti; notevole il suo ingresso: un' arcata che termina in una conchiglia con due colonne laterali, e, sovrapposta, una multicolore veranda liberty; pregevole lo scalone interno.
Divenuto, dopo vari passaggi, dell' Unicredit, nel 2012 l' ha venduto con altri dieci edifici simili nella zona. Ma il papà di Moravia costruisce anche, sempre in via Piemonte, una delle case più alla moda all' inizio del secolo scorso: quella della marchesa Luisa Amman Casati Stampa, che a Venezia possedeva Ca' Venier dei leoni (fino al 1924), poi dimora di Peggy Guggenheim. Girava con un giaguaro al guinzaglio; tra il «dandy» e la «dark lady» ante litteram, era legata a D' Annunzio, e il suo salotto frequentato da Marinetti; la immortalano Erté e Boldini. Vita internazionale e «smart», che finirà con 25 milioni di dollari di debiti; morrà nel 1957.
ALTRI EDIFICI
Ancora in via Piemonte, al 62, di Pincherle è il villino del 1901 per il marchese Luigi Almerici, dotato di avancorpo con serra, nel 1925 comprato dall' industriale russo Leone Wainstein: la figlia Lia, morta nel 2001, vi ha tenuto un salotto frequentato anche da Calvino, Arrigo Levi, Giulio Einaudi, Vittorio Strada e Ronchey. Non troppo lontano, a via Boncompagni, l' architetto ingrandisce poi il villino, sorto nel 1890, per il barone Giorgio Levi delle Trezze; anzi, l' ampliamento crea dei problemi con i vicini. Levi, e la moglie russa Xenia Poliakoff, morranno ad Auschwitz.
villino spierer ne il conformista di bernardo bertolucci
Tra le vie Abruzzi e Sardegna, Pincherle costruisce, progetto di Ernesto Basile, un edificio per l' erede della famosa famiglia palermitana dei Florio, Ignazio junior, che ha un' altana nella torretta; evidente nei decori l' influenza dell' Art nouveau. Altri edifici ancora, e, infine, tre per sé ed i suoi: vendendo nel 1946 quello di via Sgambati in cui era vissuto, Moravia ricava 21 milioni, con cui compra casa a se stesso ed Elsa Morante, sposata da poco. Con cinquemila lire del padre, a proposito, aveva anche pubblicato, nel 1929, Gli indifferenti: edito dapprima dal fratello del duce.
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