Estratto da “Digital Journalism” – la newsletter di Francesco Oggiano
Per capire come è morto Buzzfeed News raccontiamo com’è nato Buzzfeed. Come racconto in Sociability, nasce tutto da Jonah Peretti, e da una mail che cambia il giornalismo online. Dislessico, smanettone a metà tra Foucault e il linguaggio Java, tra Marx e l’html, Peretti non è un giornalista né vuole esserlo.
È più ossessionato dalla creatività digitale. Vuole capire come e perché ci interessiamo a qualcosa. Nel 2001, in piena bolla internettiana, sta scrivendo la tesi al prestigiosissimo Mit Media Lab. Ma non ne ha minimamente voglia e cerca ogni scusa per rimandare.
Così scrive una mail alla Nike. L’azienda Usa ha creato un sito in cui i clienti possono personalizzare le scarpe da acquistare, scegliendo colore e scritta. Peretti sottopone la sua scritta: «Sweatshop», ovvero luogo di lavoro che impone condizioni inaccettabili ai propri dipendenti.
Un attacco frontale all’azienda che negli anni 90 è stata pesantemente contestata per le condizioni di lavoro in paesi asiatici e del Terzo Mondo. Il risultato è un lungo scambio di mail capolavoro di ironia e aggressività passiva, capace di far indignare qualunque lettore (indignazione, ricordate questa parola). Nel giro di poche settimane, il thread diventa forse il più grande contenuto virale della storia di internet.
Peretti ci prende gusto. Riprova a creare un contenuto virale a tavolino. La prima volta con The rejection line. La seconda con BlackPeopleLoveUs.com (geniali entrambi, andateveli a vedere che sono ancora online).
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Capisce che, complice l’esplosione del lavoro in ufficio con connessione internet aziendale, sta nascendo un nuovo pubblico: noi. I bored at work. Gli impiegati annoiati al lavoro, vogliosi di contenuti sparsi e non necessariamente imprescindibili. È il cambiamento più forte portato dai social nell’informazione, passata dalla seo news, la notizia creata per apparire primi su Google, alla social news, la notizia fatta per essere condivisa sui social network.
Gli ingredienti della viralità, quelli che ancora oggi inconsciamente valutiamo quando decidiamo di condividere un contenuto, sono già tutti negli esperimenti di Peretti:
- Indignazione (vedi le mail con la Nike),
- Immedesimazione (vedi il numero per gli spasimanti indesiderati),
- Divertimento (vedi il sito satirico sul razzismo).
Sulla base della sua teoria, Peretti fonda BuzzFeed, sito che diventerà tra i più visitati al mondo (di sicuro tra i più condivisi). Ogni mese gli autori ricevono ricchi bonus in base agli accessi raggiunti con i loro pezzi. La notizia viene ingegnerizzata con test A/B sempre più raffinati. Un contenuto può uscire contemporaneamente in decine di versioni diverse per vedere quali funzionano meglio: le immagini blu ottengono più like di quelle rosse; «questo» o «questa» (madre, padre, scoiattolo, ecc.) all’inizio di un titolo garantiscono più condivisioni.
Il contenuto non viene più diviso per le classiche sezioni giornalistiche (Esteri, Interni, Sport, ecc.) ma in base alle emozioni che vuole generare nel lettore: «Lol», «Omg», «What the fuck», «Fail» e così via.
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«Content is about identity» dice Peretti. Il contenuto diventa un carburante per le nostre conversazioni. Le nostre conversazioni, a loro volta, diventano sempre di più propellente per una qualche emozione. E l’emozione, a sua volta, rischia di prevalere sul contenuto, diventando la nostra identità. Un contenuto che crea conversazioni, emozioni e disvelamento di identità è un contenuto destinato a diventare virale.
Per la cronaca, uno dei pezzi più virali della storia di BuzzFeed, e molto probabilmente della storia del giornalismo, è «The Dress». +40% di traffico in un giorno, sondaggio da 3 milioni di voti e un eco mondiale.
Le cose vanno di bene in meglio. E a fine 2011 Jonah Peretti annuncia di aver assunto Ben Smith […]. Nasce Buzzfeed News, divisione di Buzzfeed dedicata alle hard news. 15 milioni $ raccolti e un obiettivo: fare uno scoop al giorno. Peretti ruba alcuni dei migliori talenti in circolazione dal Washington Post, NyTimes e Cnn. Stringe collaborazioni con la Bbc e il Nyt, e soprattutto sforna una serie di scoop formidabili.
Le cose però iniziano a crollare pian piano all’inizio del 2016. Chi lavora da tempo nel digitale lo sa. È l’anno in cui Facebook cambia il suo algoritmo. Le news iniziano a perdere di importanza nel feed. Gli accessi dei siti, fondati sui lanci social delle url, iniziano a crollare. Il declino di Facebook è lento ma inesorabile.
Jonah Peretti continua a investire sulle news, forse più per orgoglio che per convinzione, ma la strada è segnata. Nel 2019 lascia a casa il 15% dello staff. Nel 2020 vede andarsene Ben Smith. Nel 2022 inizia a offrire incentivi all’uscita al 50% dei giornalisti.
Il 20 aprile 2023 Buzzfeed chiude definitivamente News e taglia nuovamente il 15% della forza lavoro: 60 giornalisti di Buzzfeed News e 120 di Buzzfeed, prevalentemente occupati nelle sezioni business, tech e nel reparto amministrativo.
La diagnosi pare facile: il calo del traffico portato dai social ha reso definitivamente insostenibile economicamente la costola News, il cui costo del personale è molto più alto.
Ma su un piano più generale, la crisi di Buzzfeed si pone all’interno di un piano di disinvestimenti di giganti come Vox Media e Vice. «Il Digita advertising», scrive il New York Times, «sta sempre più inseguendo i giovani consumatori direttamente su piattaforme tech come Instagram e TikTok».
Rafat Ali, founder della digital media company Skift, ha detto spietato le parole più sagge su questa storia:
«Siamo nell’era dei media usa e getta.
Quando costruisci un business su un trend - in questo caso, la condivisione social - e quel trend si esaurisce, così si esaurirà il tuo business.
La fine di BuzzFeed News è un reminder: le società editoriali rischiano di diventare obsolete se non si sforzano di sviluppare diverse fonti di monetizzazione».
Semafor parla di Ritorno al futuro.
Peretti ha detto in un memo che si concentrerà di più sulla homepage di Huffington Post, un media meno dipendente dai social;
The Drudge Report è il più seguito sito politico d’America
Un manipolo di giornalisti indipendenti si sta sempre più concentrando nella condivisione di contenuti quotidiani a tema politica, media e tech;
nuove startup media stanno trovando nuovi lettori direttamente nelle loro caselle mail, con scoop e analisi.
vecchi giganti dei media, NyTimes primo su tutti, stanno monetizzando direttamente con bundle fatti di contenuti esclusivi, hard news e prodotti collaterali come parole crociate.
Che cosa vi sembra? Yep, siamo tornati a prima degli anni 10. È come se con la morte di Buzzfeed News finisse un’epoca, una parentesi, quella del giornalismo degli anni 10 fondato sui social. E stiamo entrando in quello che Ben Smith ha definito «il giornalismo post-social».
Un giornalismo in cui semplicemente «i “giornali” dovranno creare vie più dirette per generare e mantenere il contatto col proprio pubblico», fornendo loro sempre più qualità, cura, contenuti esclusivi, buone user experience e metodi di delivery dei contenuti puliti e non condizionati da algoritmi di sorta. Back to the future.
LETTERE DI LICENZIAMENTO BUZZFEED BuzzFeed BuzzFeed BuzzFeed buzzfeed cocomero buzzfeed intervista obama