Marco Giusti per Dagospia
“Ho visto cose che voi umani…”. La morte di Rutger Hauer non ci voleva. E’ stato un grande attore, nel senso più antico del termime, una specie di ultimo eroe del cinema d’avventura di ogni tipo. Non importava se avesse ruoli da buono o da cattivo. Rutger Hauer lasciava sempre il segno. Esattamente come nel ruolo del replicante Roy Batty in Blade Runner di Ridley Scott, un ruolo che nessun altro avrebbe potuto fare così bene e con così tanta umanità. E’ lui che stiamo ascoltando, non Harrison Ford.
Tutto il pubblico lo sapeva. Lo abbiamo visto con Sylvester Stallone ne I falchi della notte, 1981, il suo primo film americano, in Osterman Weeekend di Sam Peckinpah, nel geniale Ladyhawke di Richard Donner come il condottiero Etienne Navarre, ma anche come autostoppista pericoloso in The Hitcher e guerriero cieco alla Zatoichi in Furia cieca. Poteva fare qualsiasi parte, ovvio, perfino i film di Ermanno Olmi e di Lina Wertmuller, o il vampiro per Dario Argento in Dracula 3D, per non parlare del terribile Barbarossa leghista di Renzo Martinelli.
Ma, certo, dava il meglio con il suo regista preferito, Paul Verhoven, olandese come lui, che lo aveva diretto in capolavori come Fiore di carne, Kitty Tippel, Il soldato d’Orange, L’amore e il sangue e per il quale avrebbe dovuto essere il Robocop ideale. Lì l’intesa era perfetta, Rutger Hauer sembrava nato per essere l’eroe dei film di Verhoeven. E il successo di quel cinema lo avevano costruito assieme.
Figlio di attori, poco adatto agli studi, Rutger Hauer, che era nato nel 1944 a Breukelen, vicino Utrecht, inizia presto a interessarsi di poesia e di recitazione. Alla fine degli anni ’60 lo troviamo nei film dei giovani regista olandesi, come Harry Kumel e come Paul Verhoeven, che lo lancia in Fiore di carne assieme a Monique van de Ven. In Germania, con Adrian Hoven, gira La donna che violentò se stessa con la divina Dagmar Lassander e si ritrova in un film girato in Sudafrica da Ralph Nelson, Il seme dell’odio, con Sidney Poitier e Michael Caine.
Lo vediamo anche in un porno di Jean-Marie Pallardy, Sweet Love, con la bellissima Willeke van Ammelroy, quando ancora il porno era un genere estremo che si poteva bazzicare. Ma sarà Verhoven a tirarlo fuori da tutto con Il soldato d’Orange e Spetters, con Renée Soutendjik. E’ grazie a questi titoli che viene chiamato a Hollywood per i Falchi della notte con Sylvester Stallone nel 1981 e finisce in Francia in Chanel Solitaire a fianco di Marie-France Pisier.
Dovendo scegliere tra U-Boot e Blade Runner sceglie il secondo film. E la scelta non poteva essere più che giusta. Con Blade Runner diventa una star internazionale e domina tutti gli anni ’80. Lo troviamo in Eureka di Nicolas Roeg a fianco di Gene Hackman, in Osterman Weekend di Peckinpah, in Il nido delle aquile di Philippe Mora e in Ladyhawke di Richard Donner a fianco di Michelle Pfeiffer.
Il cinema degli anni ’90 lo troverà un po’ inflazionato. Gira davvero di tutto, anche troppo, compresi i troppi film italiani. E non sempre sono firmati da Ermanno Olmi e da Dario Argento. Il film sull’aids di Lina Wertmuller a fianco di Nastassja Kinski era ridicolo, anche se lo porta a Venezia. Seguiterà a girar di tutto. Da Sin City a Batman Begins, da Le lettere di Madre Teresa al recente I fratelli Sisters. Sempre simpatico e disponibile con tutti. Uomo di grande intelligenza e umanità.
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